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Le nuove valutazioni dei Lea. I nodi della prevenzione e dell’assistenza distrettuale

di Tiziana Frittelli

Senza nuovi investimenti è difficile ipotizzare il miglioramento dell’assistenza distrettuale e della prevenzione, veri snodi di un reale progressivo sistema di miglioramento e sostenibilità. Emerge anche l’inadeguatezza della normativa sui piani di rientro

03 MAR - I nuovi criteri sulla misurazione dei Lea ci dicono quello che già sappiamo sul nostro sistema sanitario: necessità di investire nella prevenzione, nel potenziamento del territorio, a partire dal rapporto con i MMG, riduzione delle inappropriatezze nel ricorso ad un sistema ancora troppo ospedalocentrico per mancanza di presa in carico del paziente lungo tutta la filiera assistenziale, forte potenziamento delle strutture intermedie e socioassistenziali rispetto a quelle per acuti e ulteriore sviluppo dell’ADI.
 
Ma alcune riflessioni sui nuovi indicatori e sulle prime risultanze si impongono.
 
Partiamo dagli indicatori sulla prevenzione.Tre su sei (controllo sugli animali da reddito, controlli sugli alimenti, indicatore composito sugli stili di vita) ci dicono che il diritto alla salute va necessariamente visto in un percorso integrato di salubrità dell’ambiente, puntando su corretti stili di vita.
 
Bisogna, in primis, superare la logica della governance  della sanità a favore di una logica di governance della salute, coinvolgendo nei percorsi di prevenzione tutti gli enti istituzionali e il mondo della società civile interessato, le scuole, gli enti locali, le organizzazioni no profit con mission finalizzate al miglioramento della qualità di vita.
 
Senza una vera sinergia di tutte le istituzioni e della società civile, il SSN, al di là di ogni monitoraggio su indicatori predeterminati, non ce la può fare. Su questo fronte Federsanità Anci sta intensificando la propria sinergia con gli enti locali, i Comuni in particolare, per favorire una vera cultura della salute e della qualità di vita in maniera capillare, partendo dai bisogni, dalle abitudini e dallo stato di salute della popolazione, per aiutare a diffondere sani stili di vita nei luoghi prossimi alla gente, anticipando il più possibile l’età della consapevolezza e dell’educazione ad abitudini corrette e al rispetto dell’ambiente e del proprio corpo.
 
Continua a mancare un indicatore diretto di una prevenzione specifica rispetto alle malattie croniche più diffuse, la cui mancata presa in carico emergerebbe da uno degli indicatori dell’assistenza distrettuale, relativo al tasso standardizzato di ospedalizzazione per complicanze per diabete, BPCO e scompenso cardiaco. Uno sforzo in questo senso sarebbe opportuno, anche per delineare una bussola che orienti il lavoro di prevenzione sul territorio dei MMG.
 
Molto centrati gli indicatori dell’assistenza distrettuale.La priorità ormai è il ridisegno dei servizi. Regioni come Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli hanno tassi di copertura della filiera dei servizi per anziani non autosufficienti tramite RSA anche 27 volte superiori a quello di molte regioni del sud.
 
Idem per i posti letto a disposizione per i setting assistenziali riabilitativi e post-acuti. In queste condizioni la domanda socio-sanitaria non soddisfatta si riversa sulla rete ospedaliera, rendendo inadeguati gli standard di posti letto disponibili per acuti.
 
Questa prima sperimentazione, riferita al 2016 (alcune regioni nel frattempo hanno maturato miglioramenti nella tradizionale griglia Lea e probabilmente i risultati del 2017 sarebbero migliori per alcune regioni) promuove  a pieno titolo solo una parte delle regioni italiane.
 
Tra le regioni con qualche carenza anche alcune promosse dai precedenti indicatori della griglia Lea e che non sono mai entrate in piano di rientro. Le carenze più diffuse si trovano nell’area distrettuale. La foto che emerge conferma quanto va delineandosi nel dibattito sanitario in questo momento: la necessità di una riforma che imponga un diverso modello nell’assistenza territoriale.
 
Emerge anche l’inadeguatezza della normativa sui piani di rientro. La legge de quo, risalente al 2004, rivisitata ampiamente nel 2010, con successive modificazioni, l’ultima delle quali quella relativa ai commissari, prevede in primis il blocco automatico del turn over.
L’esperienza ha dimostrato che il miglioramento dell’assetto economico delle regioni in piano di rientro, contestualmente a quello sul versante assistenziale, si è realizzato solo con il progressivo sblocco del turn over, finanziato con meccanismi di disinvestimento dagli sprechi e di investimento in nuove risorse.
 
Senza nuovi investimenti è difficile ipotizzare il miglioramento dell’assistenza distrettuale e della prevenzione, veri snodi di un reale progressivo sistema di miglioramento e sostenibilità.
 
Tiziana Frittelli
Presidente Federsanità Anci

03 marzo 2019
© Riproduzione riservata


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