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Salute digitale. Il 90% degli italiani continua a preferire soluzioni “tradizionali”

di Michela Perrone

Durante il II congresso annuale “Innovation by Ania” dal titolo “Innovazione e welfare: salute e benessere nell’era digitale” si è discusso di welfare e innovazione e del ruolo delle compagnie assicurative. Le aziende hanno ragionato su come intercettare la domanda sempre maggiore di salute e prevenzione utilizzando strumenti tecnologici che non convincono fino in fondo i cittadini

16 FEB - La tecnologia è sempre più presente nelle nostre vite e l’ambito salute-benessere non fa eccezione. Tuttavia, sebbene l’offerta sia ampia e diversificata (si parla di oltre 400.000 applicazioni), la domanda, almeno in Italia, è ancora timida.  Di fronte a un problema di salute, infatti, 9 connazionali su 10 preferiscono una soluzione “old-digit”, cioè tradizionale: il medico di medicina generale oppure il negozio fisico. 
 
È quanto emerso da uno studio Deloitte realizzato in collaborazione con Swg e presentato venerdì scorso a Milano, nell'ambito del II congresso annuale “Innovation by Ania” dal titolo “Innovazione e welfare: salute e benessere nell’era digitale”.
 
“Per il 60% degli italiani salute e benessere sono tra i bisogni primari più importanti e 2 intervistati su 3 affermano di effettuare almeno un check-up completo all’anno. La metà di loro spende una media di 300 euro l’anno in prevenzione”, ha affermato Luigi Onorato, Senior Partner Monitor Deloitte.
 
Dai dati su attività fisica e regime alimentare emerge come gli italiani abbiano ben chiaro il concetto di prevenzione, tuttavia stentano a fidarsi della tecnologia. Del resto, 9 su 10 dichiarano di non essere in grado di identificare una fake news sui social network. A partire da questi dati, si è ragionato su che cosa sia l’innovazione, su quali strumenti mettere in campo per aumentare la qualità di vita dei pazienti grazie al digitale e sul ruolo delle compagnie assicurative in questo processo.
 
Innovazione e benessere
“Il nostro obiettivo è sempre stato analizzare e sperimentare soluzioni innovative per l’industria assicurativa – ha ricordato in apertura Maria Bianca Farina, presidente Ania – Nel contesto di cambiamento in cui ci troviamo, l’industria assicurativa deve accompagnare e stimolare i processi di innovazione, anche finanziando importanti investimenti. Il mondo assicurativo può diventare sempre più un attore centrale dell’ecosistema, perché dispone di un variegato bagaglio di esperienze e competenze nella gestione della persona in ambito salute e benessere. L’innovazione, inoltre, garantisce nuove modalità di erogazione a costi sempre più accessibili, riducendo le disuguaglianze sociali. Una democrazia moderna deve sapere coniugare al meglio le risorse pubbliche con tutte quelle disponibili. Auspichiamo un nuovo modello di salute che, mantenendo al centro il sistema pubblico, ottimizzi l’imprescindibile rapporto pubblico-privato. Le compagnie di assicurazione ci sono e sono disponibili al confronto e alla collaborazione”.
 
Ospite d’onore sul palco Sophia, il robot umanoide della Hanson Robotics che ha dialogato con Farina sottolineando come “noi robot siamo stati creati per aiutare gli esseri umani, per occuparci della routine come la misura del battito cardiaco o della pressione, affinché loro possano dedicarsi a operazioni più complesse e creative”.
 
Il ruolo della sanità integrativa
Nel 2018 sono state 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani (+55% rispetto al 2017), per una spesa complessiva di 39,7 miliardi di euro. La sanità integrativa nell’anno appena concluso ha garantito in media un livello di rimborso delle cure pagate di tasca propria del 66,14%.
 
“Prima ci preoccupavamo di rimborsare le spese di un ricovero spesso derivante da una patologia grave, oggi finanziamo le cure dei nostri assicurati per rilevare anticipatamente, curare o prevenire la patologia che potrebbe dar luogo a quel ricovero – ha dichiara Marco Vecchietti, amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute – Grazie alla sempre maggiore diffusione di patch (cerotti digitali) e wearables (indossabili) è possibile acquisire informazioni genomiche e parametri vitali per conoscere anticipatamente la mappa dei rischi dell’assicurato, attivando polizze sanitarie che investono le risorse su percorsi di cura mirati e a maggior valore aggiunto. La digitalizzazione in Sanità può offrire una grande opportunità per la ricongiunzione dei percorsi di cura dei cittadini, favorendo una reale integrazione tra pubblico e privato, rendendo più efficiente l’accesso alle cure e ottimizzando le risorse, fornendo supporto anche alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale”.
 
“La prevenzione e lo stimolo a tenere comportamenti virtuosi per la salute diventano elementi centrali e le assicurazioni devono essere in grado di mettere a disposizione meccanismi e strumenti sofisticati di monitoraggio e alert che sfruttino al massimo la tecnologia oggi disponibile – ha ribadito Alessandro Castellano, Ceo del Gruppo Zurich Italia – Mi riferisco ad esempio alla possibilità, per i clienti, di controllare in ogni momento la propria salute e il proprio stile di vita con sensori e app digitali. In questa direzione, la collaborazione tra compagnie assicurative e le aziende di nuova generazione nel campo del welfare sarà sempre più centrale”.
 
Albero Minali, amministratore delegato Cattolica Assicurazioni, ha notato: “Il nostro tasso di innovazione potrebbe creare le premesse per minor bisogno assicurativo”. Essere in grado di calcolare, grazie ai dati disponibili, il rischio dei problemi di salute delle persone, un giorno queste potrebbero non aver più bisogno delle assicurazioni. Per questo, secondo l’Ad Cattolica, “la tecnologia va governata. La priorità è riorganizzare le reti distributive perché riescano a innescare un rapporto di fiducia con il cliente. Nel business della malattia è infatti sempre premiata la relazione personale”.
 
Per Luca Filippone, direttore generale Reale Mutua la soluzione potrebbe essere quella di “assicurarsi prima. Programmare e pensare a una polizza che copra l’intera vita, da iniziare a 35 anni e non a 65. Da parte nostra è importante riuscire a offrire servizi che possano migliorare la qualità di vita delle persone o permettere una riduzione dei costi”.
 
“Un ruolo importante lo giocherà chi saprà costituire ecosistemi rispettando due regole – ha evidenziato Alessandro Scarfò, amministratore delegato di Intesa San Paolo –: fornire un servizio di advisorship (fisico o digitale) cioè una persona che ascolta e consiglia nel momento del bisogno e rendere la customer experience del cliente unica. Come settore assicurativo abbiamo dimostrato di saper gestire dati sensibili. Mi auguro che sapremo cogliere con successo la sfida del digitale”.
 
“Assodato che viviamo di più, dobbiamo chiederci come vivere meglio”. È stato questo il punto di partenza di Patrick Cohen, Ceo del Gruppo Axa Italia. “I giovani sono più sensibili alla prevenzione, ma proprio questa domanda di servizi contribuisce all’aumento delle liste d’attesa per i servizi di diagnostica – ha osservato – Noi vogliamo diventare partner dei nostri clienti, passando da un’assicurazione che fa promesse sul futuro a una che fornisce un servizio nell’immediato”.
 
“In Italia solo il 15% della spesa sanitaria è intermediata, una quota piuttosto bassa rispetto al resto d’Europa – ha notato Marco Sesana, Country Manager e Ceo Generali Italia e Global Business Lines – Negli ultimi anni abbiamo fatto tanti investimenti, sia in ambiti più tradizionali sia in start up. Credo che oggi ci sia bisogno di più leggerezza sul tema, per avvicinare i clienti a una tecnologia che risponda davvero ai loro bisogni”.

Michela Perrone 

16 febbraio 2019
© Riproduzione riservata


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