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L’oro sporco dei falsi invalidi

di Fabrizio Gianfrate

La questione dei falsi invalidi riciccia mediaticamente con regolarità.  In questi giorni l’ha riportata in cronaca la condivisibile lettera di Boeri sulla valutazione della performance con obiettivi incentivati, dei medici dell’Inps sulle revoche di disabilità. Il tutto passa da attestazioni sanitarie in commissioni locali. Se e quando non veritiere, per colpa o dolo, bisognerebbe disarmare chi dice i falsi sì e probabilmente aiutare chi è obbligato a dirli, o decide di girarsi dall’altra parte

25 OTT - “Andavo a cento all’ora per veder la bimba mia, ye-ye-ye-ye…”. La festosa canzonetta di un Morandi ancora imberbe era canticchiata anche da quell’autista di pullman che sì per mestiere correva a cento all’ora, ma la bimba sua, almeno per l’INPS, non l’avrebbe potuta vedere, prendendo da vent’anni una pensione di invalidità come cieco totale.
 
La questione dei falsi invalidi riciccia mediaticamente con regolarità come un herpes, altrettanto gradevole. L’ha riportata in cronaca la condivisibile lettera di Boeri sulla valutazione della performance con obiettivi incentivati, dei medici dell’INPS sulle revoche di disabilità.
 
Sono circa 4 milioni le pensioni d’invalidità, spesso con aggiunta indennità di accompagnamento, il 7% circa della popolazione neonati inclusi. Numeri da economia di guerra. Abbiamo il record OCSE di spesa, 16 miliardi (più del doppio di quel prossimo “reddito di cittadinanza” che “sconfigge la povertà”). Sia chiaro, un primato positivo: provvedere a chi è più sfortunato, fragile, è principio assoluto di civiltà. Purché vadano davvero a chi ne ha bisogno.
 
Il numero degli invalidi è difforme tra le Regioni: per esempio, in rapporto al numero di abitanti, in Calabria sono il doppio che in Emilia. E con trend in crescita. Del resto in certe aree economicamente più critiche, le invalidità taroccate hanno storicamente svolto una keynesiana funzione di calmiere sociale, di sussistenza, appunto un “reddito di cittadinanza” per i bisogni primari. Analogamente ad altre voci di spesa, vedi i proverbiali forestali, in Sicilia 30.000 per 3.000 Kmq di foreste, 1 ogni 10 (in Canada, 4 milioni Kmq di foreste, sono 4.000, 1 ogni 1000). Per campare.
 
Economia dell’invalidità, quindi. Ma quanti sono i falsi invalidi che sottraggono il pane a chi ne ha davvero diritto e bisogno? La stessa INPS dichiara di faticare a farsi mandare i dati dalle ASL, che spesso neanche rispondono. Eppure le indagini e i controlli riportano irregolarità in percentuali basse, a malapena a due cifre. Resta quindi il dubbio se le truffe siano un fenomeno sommerso oppure molto limitato ma evidenziato dal colore dell’aneddotica.
 
Con storie, come per il suddetto autista canterino, a volte grottesche. Sembra tratta dall’”Oro di Napoli” di Marotta quella famiglia partenopea nella quale beneficiavano di quelle prebende in ventuno: papà, mammà, tre figli, nonna, due nuore, un genero, zia e zio, la cognata, due consuoceri, quattro cugini di primo grado, la cognata della figlia e due cognate del figlio. Molto truffatori o molto bisognosi di un pellegrinaggio collettivo al vicino santuario di Monte Vergine. In pullman, dato il cospicuo numero. Magari guidato dall’autista “cieco” di prima. 
 
Da pochade di Scarpetta quel tipo, per l’INPS gravemente “zoppo” e per questo pensionato d’invalidità da un decennio, classificatosi tra i primi alla maratona di Napoli. O’ miracolo. Agli allibiti inquirenti il singolare vincitore si è giustificato dicendo che “tèngo ‘o veramente ‘a coscia secca”, ma non era mica colpa sua se tutti gli altri corridori erano più scarsi di lui e perciò ha vinto. Oltre la patafisica di Kaiser Soze.
 
O quel “cieco” arrestato mentre oziosamente seduto al bar sotto a Mergellina leggeva attentamente “Il Mattino” commentando di “chillo sfaccimm ‘e Sarri”, giustificandosi all’arrivo dei graduati adducendo l’uso di un prodigioso collirio “americano” che solo lui conosceva grazie a un pro zio emigrato là tanti anni fa. Puro Bellavista di De Crescenzo. O quell’altro “cieco” andato a discutere la causa per truffa all’INPS in tribunale in moto (guidava lui).
 
Freaks non solo al Sud, sia chiaro. I “malati psichiatrici” inappuntabili manager di floride aziende milionarie. O quei 400 “pazzi” tutti nello stesso quartiere (povero il postino) Non ultimo il caso della “non vedente” moglie dell’Ammiraglio, condannata, ad indicare la finalmente realizzata democraticità interclassista del fenomeno truffaldino.
 
False invalidità pure per vincere concorsi o per scorrazzare nelle ZTL. Vedi i contrassegni nelle lussuose vie del centro su Cayenne e SUV, modelli preferiti dai nostri più sfortunati concittadini. Vedi anche la loro occupazione degli appositi parcheggi gialli ai piedi delle piste di Cortina. La terribile “nera” del “Drusciè” su cui, sistemato il SUV di fianco allo skilift, poi sfrecciano su carving e snowboard torme di non vedenti e grandi disabili.
 
Colorita aneddotica o fenomeno sommerso? Magari in certi far west dove sopravvive chi è più svelto a estrarre il parente influente, la conoscenza illustre o la bustarella? Attenzione, bisogna essere prudenti ed evitare i facili populismi forcaioli oggi assai di moda.
 
Il tutto passa da attestazioni sanitarie in commissioni locali. Se e quando non veritiere, per colpa o dolo, bisognerebbe disarmare chi dice i falsi sì e probabilmente aiutare chi è obbligato a dirli, o decide di girarsi dall’altra parte.
 
Ci piace pensare che in quelle sedi ufficiali, a quelli che, magari dopo avere parcheggiato il SUV, con l’imbroglio vogliono prendersi quello che spetta invece a chi davvero ne ha bisogno si possa un giorno serenamente rispondere così come istruisce meticolosamente l’Eduardo “Sindaco del Rione Sanità”, appunto, nel suddetto capolavoro di Marotta: con un roboante e prolungato pernacchio
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 


25 ottobre 2018
© Riproduzione riservata


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