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Uno degli sport nazionali? Parlare male della sanità. Eppure il nostro Ssn è tra i migliori al mondo. Ecco il nuovo Rapporto Eurispes


All'estero ce lo invidianmo ma a noi viene molto facile, quasi di default, parlarne male. E' una delle tante osservazioni offerte dal nuovo Rapporto Italia di Eurispes presentato oggi alla stampa. Sulla sanità molte chiavi di lettura che offrono uno spaccato a volte inedito della nostra sanità. Ecco i fenomeni principali osservati dall'istituto diretto da Gian Maria Fara.

30 GEN - Ma quanto è bello parlare male della sanità! E sì, agli italiani, nonostante il nostro sistema sanitario sia in ogni caso tra i migliori e più performanti del mondo, piace molto parlarne male. E farlo è diventato ormai uno sport nazionale.
 
La diagnosi, comprese le parole di lode al Ssn, è di Eurispes ed è contenuta nel suo nuovo Rapporto Italia presentato oggi alla stampa.

Ma Eurispes non manca comunque di rilevare, “la grande difformità nell’erogazione del bene salute tra le diverse aree regionali”. Un gap che chiama in causa “non i suoi princìpi ispiratori, ma i clamorosi dislivelli nella capacità di gestione”.

Secondo il Rapporto, nella sanità la regionalizzazione del sistema produce risultati agli antipodi e difficili da omogeneizzare sulla scorta delle buone pratiche e delle tante eccellenze esistenti. La manutenzione del sistema latita in periferia, ma anche al centro.

Ad esempio, si riscontra l’assenza di una vera programmazione dei fabbisogni di personale medico.I medici di medicina generale sono in “esaurimento anagrafico”, in quanto nella maggior parte dei casi ultra 55enni, e i corsi di specializzazione ne preparano un numero assolutamente insufficiente.

Si assiste ad una emorragia di figure professionali “create” dal sistema universitario italiano che “emigrano” in altri paesi, soprattutto europei, che in tal modo si avvalgono di medici ben preparati su quali non hanno dovuto investire.

Dal 2005 al 2015 più di 10.000 medici italiani sono andati a lavorare all’estero, e questa “transumanza” riguarda massimamente proprio il nostro Paese, in quanto i professionisti che emigrano rappresentano il 52% dell’intera mobilità dei medici europei.

Se si considera che la costruzione di una professionalità medica costa al Paese almeno 500.000 euro, si può valutare l’impatto, anche economico, di questo spreco.
 
Se si passa poi ai livelli di soddisfazione che i cittadini esprimono in relazione al Sistema sanitario nazionale,il fenomeno delle lunghe liste di attesa è certamente l’aspetto più problematico.

Eppure, sottolinea il Rapporto, anche in questo caso si deve constatare come in alcune Regioni si stia operando per risolvere sostanzialmente il problema, mentre in altre il diritto alla salute sancito dai Lea, rimane spesso solo sulla carta.

Ciò, afferma Eurispes, “inevitabilmente chiama in causa la preparazione e la responsabilità di chi è messo a capo di questi complessi sistemi”.
 
Fin qui per i rilievi e le osservazioni di carattere generale, ma com'è nello stile del Rapporto annuale, Eurispes offre anche una molteplicità di angolature di osservazione sulla salute e sulla sanità. Da quelle più seria (spesa, perosnale, ecc.) a quelle più legegre, come i consumi alimentari e il wellness. Eccone una ampia sintesi.
 
Il Sistema sanitario nazionale e la società italiana che cambia
La sanità, nel 2017, costa alle casse dello stato circa 112 miliardi di euro (+1,42% rispetto al 2016) e ha un rapporto con il Pil stabile al 6,6%, con un disavanzo di 700 milioni nel 2016.

Spesa che per il 36% è impiegata per le retribuzioni del personale.

Nel 2014, rispetto a un’aspettativa di vita di 83,2 anni, il progressivo invecchiamento degli abitanti sta innalzando la soglia degli anni vissuti con problemi di salute: dai quasi 14 anni del 2005 ai quasi 21 del 2014, con una percentuale di over 65 che, attualmente, si attesta al 21,7% e che, secondo le previsioni dell’Istat, nel 2050 sarà dell’oltre 33 per cento.

Sui 645mila decessi registrati nel 2015, il 36,8% sono causati da malattie cardio-circolatorie, il 29,9% dai tumori e il 15% da malattie respiratorie, endocrine, nutrizionali e metaboliche. Al 6° posto come causa di morte vi è il morbo di Alzheimer.

Nel 2015, erano, invece, 3 milioni le persone affette da diabete, a cui si deve aggiungere un altro milione di casi non ancora diagnosticati. Permangono ancora delle forti disuguaglianze tra le diverse regioni, tra le quali la spesa sanitaria privata pro capite: dal 26,9% del Centro-Nord al 18,9% del Sud.

La stabilità finanziaria degli ultimi anni, però, ha permesso di inaugurare un nuovo paradigma nella sanità italiana per garantire un servizio sempre migliore al cittadino: un paradigma che non ha più il suo focus sui singoli fattori, ma su una visione d’insieme per “problemi”.

Per questa ragione è stato messo in campo un profondo monitoraggio del sistema: questo ha permesso, dopo 16 anni, di aggiornare in modo razionale e migliorativo l’elenco dei lea e delle prestazioni laboratoriali, ha permesso di introdurre prestazioni più innovative e di investire più risorse per visite e terapie; di pianificare un piano di edilizia ospedaliera di 32 miliardi di euro, di cui 12 nelle zone terremotate o a rischio sismico; di costruire un “piano nazionale della cronicità” e, infine, di guidare in modo più efficace ed efficiente le regioni nella riorganizzazione della rete ospedaliera e nei piani di rientro.

Il rapporto medico-paziente nell’era digitale
In Italia, l’informazione medica su internet ancora non ha sostituito del tutto il rapporto medico-paziente: secondo l’indagine condotta dall’Eurispes (2017) il 52,3% degli intervistati, infatti, non ha mai consultato la rete riguardo i propri disturbi, il 41,6% lo ha fatto e in seguito si è recato dal medico, solo il 6,1% ha consultato solo internet.

Sono i giovanissimi, tra i 18 e i 24 anni, i maggiori consultatori del web (40,7%), seguiti dalla fascia tra i 35 e i 44 anni (37,1%). La fascia tra i 45 anni e gli oltre 65, invece, hanno il tasso di ricerca più alto con cadenza saltuaria (“qualche volta”): 63,9% tra i 45 e i 64 anni e il 67,9% oltre i 65 anni.

Tra coloro che cercano spesso informazioni quasi la totalità (91,5%) lo fa per capire i propri sintomi e quasi l’80% per sapere quali sono le buone abitudini per la salute. Più elevato il titolo di studio, inoltre, più è diffusa l’abitudine di cercare informazioni mediche sul web: 87,5% tra i laureati e l’80,2% dei diplomati.

Le cure all’estero e l’assistenza sanitaria transfrontaliera
Le normative che disciplinano l’assistenza sanitaria transfrontaliera mirano a stimolare un processo di integrazione dei sistemi sanitari nazionali, affermando il diritto dei pazienti a recarsi per libera scelta in un altro paese Ue diverso dal proprio, favorendo implicitamente la competizione tra i diversi sistemi.

Tuttavia, a oggi l’informazione ai cittadini è insufficiente, tanto da determinare un flusso di pazienti che si sono avvalsi di questo strumento piuttosto limitato. Basti pensare che solo 9 italiani su 100 sono a conoscenza di questa possibilità di cura e che le richieste di autorizzazione sono state 177 (103 approvate).

Proprio per informare maggiormente i cittadini su questa opportunità di cura, la normativa prevede l’istituzione da parte di ogni stato membro di uno o più punti di contatto nazionale. Le richieste di informazioni ricevute dai punti di contatto nazionale da parte dei cittadini sono state solo 109.223 nel 2014 e più del 70% delle richieste è stata ricevuta da soli tre stati.

Da ospedale a residenza sociale (dagli Opg alle Rems)
Oggi l'Italia è un paese senza manicomi. La cessazione degli ospedali psichiatrici giudiziari è stata infatti fissata per legge al 31 marzo 2015.
Gli Opg oggi sono sostituti dalle Rems, residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Tra il 2016 e il 2017, quasi tutte le regioni italiane contano un numero di ospiti al di sotto della capienza.

Le persone collocate in Rems fuori dalla regione di residenza erano 51 su 541 nel 2016, nel settembre 2017 sono diventate 15 su 604. Ad agosto 2016, 506 persone sono state dimesse.

Il benessere. I nuovi indicatori Bes nel ciclo di bilancio in Italia

La riforma della legge di bilancio pone l'Italia all'avanguardia nell'introduzione degli aspetti del benessere dei cittadini che vanno oltre il Pil, grazie all'inserimento degli indicatori di benessere equo e sostenibile nel ciclo di bilancio e nelle valutazioni previsionali delle azioni programmatiche del governo.

Nel Def 2017 gli indici sono 4 (reddito medio disponibile, indice di diseguaglianza, tasso di mancata partecipazione al lavoro, percentuale di emissioni di co2 e di altri gas alteranti il clima.), ma saliranno in futuro a 12 con l’aggiunta di ulteriori 8 indicatori (l’indice di povertà assoluta; la speranza di vita in buona salute alla nascita; l’eccesso di peso; l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione; il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli; l’indice di criminalità predatoria; l’efficienza della giustizia civile; l’abusivismo edilizio).

Gli italiani non rinunciano a bellezza e benessere: cosmesi e wellness sfidano la crisi
Il comparto “bellezza e benessere” ha registrato una tendenza anelastica e anticiclica, a fronte di una crisi che ha pervaso l’intera economia mondiale. Il settore del benessere è in crescita e genera un fatturato di 10 miliardi all’anno e attira oltre 18 milioni di clienti, anche quello della cosmetica, nel 2016, ha toccato valori superiori ai 10,5 miliardi di euro, con un aumento del 5% rispetto al 2015 e un +12,7% per le esportazioni.

Le imprese, negli ultimi 5 anni, sono cresciute del 4% su tutto il territorio nazionale. Tra 2013 e 2016, secondo il coni, gli italiani sono diventati più attivi rispetto al passato: più di 2,5 milioni di persone si sono avvicinati alla pratica sportiva.

Dal punto di vista della cosmetica, i prodotti preferiti dagli italiani sono stati principalmente quelli per il corpo (16,6%), per il viso (15,8%), per l’igiene del corpo (13,2%).un vero boom del settore è stato rappresentato dalla vendita online (+21%).

A questi dati, l’Eurispes ha voluto aggiungere un quadro complessivo che riguarda l’ambito della bellezza e del rapporto con il proprio corpo:dall’indagine del 2018 emerge che il 12,2% degli italiani ha fatto ricorso, almeno una volta, alla chirurgia estetica: l’11% una volta sola e l’1,2% più di una volta.

Circa il 18% di quanti sono ricorsi alla chirurgia estetica lo hanno fatto prima dei 18 anni, quasi il 60% tra i 18 e i 39 anni, più del 22% infine dai 40 in su. Nel 70% dei casi l’intervento è servito per migliorare il proprio aspetto, ridurre i segni dell’età o correggere un difetto e nel 26%, invece, la decisione di ricorrervi è stata maturata dopo un incidente o una malattia.

Sempre secondo i dati dell’Eurispes, in molti hanno deciso di farsi un tatuaggio: il 23,8%. Alcuni hanno sperimentato invece un trattamento estetico come il peeling, filler, botulino, ecc.(17,5%) e il 16,6% ha un piercing. Oltre il 40% di chi si è fatto un piercing oppure ha un tatuaggio ha tra i 18 e i 24 anni.

Le scelte alimentari degli italiani tra salute, benessere e i consigli dei web influencer
La sensibilità degli italiani per la sicurezza e la salubrità del cibo è cresciuta in modo esponenziale: uno dei sintomi di questa rivoluzione è il boom del biologico che nel 2017 è arrivato a pesare il 3,4% delle vendite totali dell'alimentare.

Il consumatore è sempre meglio informato e chiede maggiore trasparenza da parte delle aziende alimentari. Nello stesso tempo, si fida sempre meno dei consigli della pubblicità e si affida sempre più spesso alle opinioni dei web influencer.

Nel carrello della spesa finiscono sempre più spesso prodotti “gluten free” e i cosiddetti “superfood” terapeutici.

Integratori alimentari in ottima salute. In Italia è boom di vendite
Tra il 2015 e il 2016, il mercato degli integratori alimentari ha fatto registrare un +6% (più di 3 miliardi di euro).

Secondo Federsalus, negli ultimi mesi del 2017 vi è stato un incremento del fatturato del 7,3% (più di 2,9 miliardi di euro) e dei volumi di vendita del 5,6% (quasi 212 milioni di confezioni vendite). Il tasso di crescita maggiore si è registrato nei supermercati (+13,4% - da 93 milioni a 106 milioni di euro).

Su un totale di più di 230 milioni di confezioni vendute e 3 miliardi di fatturato, al primo posto vi sono le vitamine e i minerali (22,9% del mercato), al secondo posto gli integratori per l’apparato digerente e intestinale (22,6%) e al terzo posto gli integratori legati alla funzionalità dell’apparato circolatorio: il segmento ha un market share del 9% nel 2016, con un tasso di crescita del 10,5% rispetto al 2015.

I consumatori sono soprattutto donne tra 55 e 74 anni con un livello di istruzione medio-alto, scelgono gli integratori per migliorare il benessere psico-fisico (46,1%) e li acquistano soprattutto in farmacia (62%). Il 52% dei medici di medicina generale e il 33% dei medici specialisti consigliano abitualmente integratori alimentari ai pazienti.

Determinante anche il farmacista: il consumatore lo consulta per disturbi da raffreddamento (38%), per i capelli (32%), sonno (30%), tono ed energia (28%), vitamine e sali minerali (25%).

30 gennaio 2018
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