Se la spending review si fa a spese delle imprese. Il caso del taglio dei contratti e del pay back per la fornitura dei dispositivi medici. Per il Bruno Leoni “Stato dispotico e poco illuminato”
Analizzate in uno studio, che presentiamo in anteprima, le misure del Dl Enti locali del 2015. “L’amministrazione si avvale del suo potere coercitivo per far ricadere sui soggetti con cui ha stipulato un contratto i costi dei necessari tagli di spesa”. Ma una strada alternativa c’è e passa attraverso il contributo del privato. “Sperimentato in altri paesi (vedi Olanda), senza che per questo si sia rinunciato all’universalità del servizio”. IL FOCUS
04 APR - “Volendo tagliare il prezzo o la quantità delle forniture precedentemente stabiliti, il Governo sta tentando un modo ulteriore di controllare la spesa, continuando a scegliere, anziché la strada della riorganizzazione responsabile della propria gestione, quella di trasferire il costo sulle aziende che forniscono beni e servizi al sistema sanitario”. Una bocciatura senz’appello quella che arriva dall’Istituto Bruno Leoni in uno studio sulla Rinegoziazione dei contratti nel comparto sanitario dal titolo ‘
Il dispotismo poco illuminato della spending review’.
Il focus, che qui presentiamo in anteprima per gentile concessione dell'IBL, analizza nello specifico le misure previste dal Dl Enti locali (Legge n. 125/2015) in merito alle misure introdotte sugli acquisti di beni e servizi (dove si ricorda anche che Liguria e Veneto hanno fatto ricorso per illegittimità costituzionale), con particolare riferimento alla rinegoziazione dei contratti con un taglio del 5% annuo e l’introduzione del meccanismo del payback sui dispositivi in caso di sfondamento del tetto del 4,4% (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017 a carico delle aziende, anche se il decreto attuativo ancora non è stato emanato).
Lo studio evidenzia come “la spesa per beni e servizi sanitari incide intorno al 57% sul totale della spesa sanitaria pubblica italiana, ed è pari a circa 63 miliardi. Un taglio del 5% determinato dalla rinegoziazione dei contratti si tradurrebbe in un risparmio di circa 3,2 miliardi, ovvero gran parte delle risorse che il Ministero della Salute andava cercando al fine di evitare un aumento del fondo sanitario nel 2016”.
“Questo primo dato – prosegue l’IBL - ci indica che il risparmio delle risorse viene ricercato in tutta quella parte di spese che non riguarda il personale. Escludere le spese per i dipendenti dalla revisione, parrebbe segnalare, in prima battuta, che il calcolo del consenso politico tende a prevalere sulla volontà di gestire davvero in maniera efficiente le strutture sanitarie”.
Ma il punto nodale per l'IBL è un altro. “Il provvedimento – si legge - (e per IBL lo stesso discorso può essere fatto anche per la farmaceutica) è l’ennesima manifestazione di un modo di operare ormai conforme al nostro sistema sanitario: non essendo capace di gestire le proprie organizzazioni in maniera tale da risparmiare risorse o renderle aderenti al principio di economicità, l’amministrazione si avvale del suo potere coercitivo per far ricadere sui soggetti con cui ha stipulato un contratto i costi dei necessari tagli di spesa, rinegoziando coattivamente i termini degli accordi. Si tratta di un’operazione molto grave dal punto di vista dell’affidamento delle controparti e, in generale, della certezza dei rapporti giuridici e delle regole che li disciplinano”.
Un’operazione che “appare profondamente in contrasto con uno Stato di diritto. Come ci ha insegnato Bruno Leoni, una caratteristica che rende preferibile il governo delle leggi rispetto a quello degli uomini è la prevedibilità delle conseguenze, condizione indispensabile nelle decisioni umane. Quanto più le regole rendono prevedibili le conseguenze delle azioni, tanto più esse possono definirsi ‘libere’ dalle interferenze di altre persone, comprese le autorità”.
Nel concreto “i fornitori, legittimamente, si aspettano che i contratti, una volta sottoscritti, vengano rispettati, anche (e soprattutto) quando il cliente è l’amministrazione. Siamo tutti d’accordo nell’affermare che alla base del corretto funzionamento di ogni mercato debbano esserci regole certe. In questo caso, l’amministrazione adotta un provvedimento legislativo che stravolge una miriade di contratti in essere, e lo fa in quanto, in qualità di cliente, ha la necessità di migliorare la sua particolare posizione nei confronti dei fornitori. Inoltre, con riferimento alle normativa sulle modalità di pagamento del pay-back sui dispositivi medici, l’amministrazione tarda a chiarire la situazione, aspettandosi evidentemente che i fornitori stiano ai suoi comodi. Questi ultimi attendono e navigano a vista. Siamo insomma all’arbitrio assoluto”.
Ma come se ne esce? L’IBL ricorda come “l’idea che il settore privato possa avere un ruolo fondamentale nel settore della sanità viene difficilmente accettata, pur essendo per fortuna in parte e in alcune regioni (vedi Lombardia) già così. A livello nazionale tuttavia, continua a resistere un’idea centralistica e statalista della sanità. Il privato serve solo nei momenti in cui è necessario che qualcuno paghi la cattiva gestione di gran parte delle strutture pubbliche nazionali, sul pregiudizio implicito di una sorta di ‘speculazione’ privata sulle malattie e la salute delle persone. Curiosamente invece il monopsonio di Stato (ovvero di una condizione, speculare al monopolio, in cui la domanda è concentrata in un unico acquirente (nel nostro caso il Ssn) e al contrario l’offerta risulta frammentata (nel nostro caso i fornitori di beni e servizi), non spaventa nessuno”.
Per IBL “l’idea che anche nel finanziamento delle cure possano introdursi altri soggetti è già stata sperimentata in altri paesi, senza che per questo abbiano rinunciato all’universalità del servizio”. E in questo senso l’esempio da seguire è l’Olanda “La riforma del 2006 attuata in Olanda, con la quale si è introdotto l’obbligo per tutti i cittadini olandesi di assicurarsi su un pacchetto standard di prestazioni sanitarie prestabilito, rappresenta un esempio eccellente. Un sistema di questo tipo, che andrebbe a sostituire il monopsonio oggi vigente, avrebbe quindi diversi vantaggi (e.g. mantenere il servizio universale, dare più peso alle preferenze dei pazienti, introdurre meccanismi concorrenziali dal lato del finanziamento, garantire più sostenibilità) e sicuramente impedirebbe che si verifichi di nuovo quanto descritto in questo documento, ovvero l’imposizione coercitiva a ritrattare i termini contrattuali delle forniture”.
04 aprile 2016
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