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Epatite C. Solo un paziente su tre ha accesso a triplice terapia con nuovi inibitori proteasi


E' quanto emerge dall'indagine sull'accesso nelle Regioni alle nuove terapie farmacologiche condotto da Cittadinanzattiva ed EpaC onlus. Ottima invece la conoscenza dei nuovi trattamenti: solo il 2% dichiara di non conoscerli. IL DOSSIER COMPLETO

18 NOV - Solo un paziente su tre, tra quelli ritenuti ideonei, ha un accesso immediato alla triplice terapia con i nuovi inibitori della proteasi. E' quanto emerge dall'Indagine civica sull'accesso nelle Regioni alle nuove terapie farmacologiche per il trattamento dell'epatite C che Cittadinanzattiva ed EpaC onlus stanno conducendo sin dai primi mesi del 2013, a fronte delle numerose segnalazioni di pazienti circa le difficoltà di accesso ai farmaci innovativi.

I primi risultati derivano dalla rilevazione condotta da EpaC onlus tra i propri iscritti nei mesi tra giugno e settembre del 2013 ed ha coinvolto circa 300 pazienti HCV positivi con genotipo 1, afferenti a tutte e 20 le Regioni. Sono pazienti ben consapevoli delle nuove terapie per l'epatite C: solo il 2% dichiara di non conoscerle, grazie soprattutto ad informazioni ricavate dalla consultazione del sito EpaC (73%) e dal dialogo col proprio specialista (48%). Al termine della rilevazione risulta che tra i pazienti ritenuti idonei all'accesso alla Triplice terapia, solo uno su tre (33%) ha effettivamente iniziato la cura.

"Come spesso accade ci troviamo di fronte ad un Livello Essenziale di Assistenza farmaceutica garantito sulla carta. Un LEA introdotto dall'Aifa, ma che nella realtà trova un riscontro non uniforme nelle Regioni, mettendo in crisi il principio dell'equità di accesso alle prestazioni previsto dal nostro SSN e ostacolando la friubilità da parte dei cittadini dell'innovazione terapeutica approvata e rimborsata". Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale Tribunale per i diritti del malato e del Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva che aggiunge: "È necessario quindi mettere in campo al più presto un sistema che monitori il rispetto delle decisioni AIFA sui territori regionali prevedendo, nei casi di inadempimento, il ricorso anche al potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni. Il commissariamento delle Regioni non può essere fatto solo per motivi economici, ma anche e soprattutto nei casi in cui i LEA non siano rispettati sui territori. Occorre inoltre prevedere, anche in Italia, un meccanismo di partecipazione delle organizzazioni civiche e delle associazioni di pazienti nei processi decisionali nazionali e regionali inerenti le politiche del farmaco".

Tra le difficoltà di accesso immediato si rilevano lunghe liste di attesa (42%) o visita rimandata senza essere messi in lista di attesa (25%). Un 19% di pazienti è ancora indeciso o dubbioso per paura degli effetti collaterali difficili da sopportare e per la mancanza di informazioni per giungere ad una decisione definitiva (12%). Sembra inoltre che sia stata applicata una rigida selezione dei pazienti da curare con Triplice terapia, poiché solo 4 pazienti su 10 sono ritenuti idonei all'utilizzo dei nuovi farmaci innovativi. Alla base ci sono perlopiù valutazioni di tipo clinico (trattamento rischioso per malattia troppo avanzata 18,6%, o malattia troppo lieve 12,2%) a cui va aggiunto un 15% al quale è stato consigliato dallo specialista di aspettare farmaci con meno effetti collaterali.

Il presidente di EpaC onlus, Ivan Gardini osserva "appare evidente che esiste una carenza strutturale e di capacity da parte dei centri autorizzati alla prescrizione dei nuovi farmaci inibitori della proteasi che incide profondamente sulla possibilità di accesso immediato alla terapia. Non essendoci stata una rivalutazione del personale in forza alle struttura autorizzate, questo obbliga i centri autorizzati a contingentare l'accesso al trattamento, per garantire la sicurezza necessaria su cure efficaci ma ad alto tasso di complicanze. Ne consegue che molti pazienti - già impegnati nella dura lotta contro la malattia - devono attendere la cura a causa di ostacoli di natura burocratica e organizzativa. E questo è inaccettabile, sotto tutti i punti di vista. Ci aspettiamo che le Regioni si accorgano di quanto sta accadendo e offrano sostegno necessario ai centri autorizzati per smaltire le liste di attesa".

Nel campione, non statisticamente rappresentativo, di pazienti intervistati prevalgono coloro che presentano un grado di fibrosi lieve (32%) o media (27%). Nel 17% dei casi il grado di fibrosi è grave (cirrosi) nel 18% assente e nel 5% rimanente gli intervistati non hanno saputo darne il grado di avanzamento della patologia. Sono pazienti ben consapevoli delle nuove terapie per l'epatite C: solo il 2% dichiara di non conoscerle, grazie soprattutto ad informazioni ricavate dalla consultazione del sito EPAC (73%) e dal dialogo col proprio specialista (48%).

I pazienti ben informati devono le loro conoscenze principalmente alla propria volontà di volersi informare: il 73% dichiara di aver consultato il sito Epac, il 7% di aver reperito informazioni più in generale da internet, un ulteriore 1% da altri media (tv e giornali). Meno della metà (48%) ha ricevuto informazioni dal proprio specialista, praticamente nessuno (0,8%) dal medico di medicina generale. A fronte di un 38% di pazienti intervistati che ha ricevuto conferme dallo specialista riguardo alla propria idoneità alla triplice terapia, troviamo un 17% di pazienti che a riguardo non ha ancora ricevuto alcun riscontro dal proprio medico curante. Viceversa, è significativo sia il numero di pazienti ai quali tale idoneità è stata rifiutata, perché troppo presto (12% presenta uno stadio lieve della malattia) o troppo tardi (per il 19% la triplice terapia risulterebbe troppo rischiosa).

A questi ultimi, infine, andrebbero in qualche modo affiancati coloro ai quali è stato consigliato dallo specialista di aspettare farmaci con meno effetti collaterali (15%). Da notare che nessuno dei pazienti intervistati è stato inserito in una sperimentazione clinica. Tra le difficoltà di accesso troviamo lunghe liste di attesa (42%), visita rimandata (25%), effetti collaterali difficili da sopportare (19%), mancanza di informazioni (12%).
Difficoltà di accesso si riscontrano anche per quanto riguarda la disponibilità di nuovi farmaci: se per un 59% dei casi, i farmaci sono stati erogati subito, per un 14% non sono stati erogati: per una metà dei casi non è stata data alcuna spiegazione, per la seconda metà dei casi invece è stata addotta come causa la mancanza di fondi.

Tra coloro (pari al 28%) che invece hanno dovuto attendere prima di poter usufruire dei farmaci, nella maggior parte dei casi (59%) l'attesa è stata contenuta tra 1 e 4 settimane, ma numerosi sono state anche le attese superiori a due mesi (10%), 3 mesi (10%), addirittura 4 mesi (17%). In particolare, attese superiori le 16 settimane si sono riscontrate in Lombardia, Puglia e Sicilia.

Nella stragrande maggioranza dei casi (91%) i pazienti sono in cura presso il medesimo centro che li segue da tempo, meno del 10% risulta in cura presso un centro diverso da quello presso il quale si è rivolto la prima volta, il che comporta in diversi casi difficoltà nel raggiungerlo perché lontano dal proprio domicilio, anche se nessuno è in cura fuori dalla regione.
 

18 novembre 2013
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