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Spesa farmaceutica territoriale. Salerno: "Un gap di 2,5-3 mld tra fabbisogno e spesa"

di Nicola C. Salerno

Queste risorse mancanti sono parte integrante della sottostima del fabbisogno sanitario elaborata nello studio presentato poche settimane fa. Se é una prova che non si può tagliare la sanitá, la soluzione non puó neppure risiedere nella sola richiesta di piú risorse, bensì in riforme strutturali per ammodernare e riequilibrare il sistema. Il nuovo studio

24 OTT - Questa analisi ripete, per la spesa farmaceutica territoriale pubblica, l’esercizio già svolto per la spesa sanitaria pubblica nel suo complesso nel lavoro “Un test sulle ipotesi delle proiezioni a medio-lungo termine della spesa sanitaria”. Si applica al medio-lungo periodo passato (1988-2012) la metodologia che Ecofin-Ocse utilizzano per le proiezioni nel medio-lungo periodo futuro (sino al 2050-2060) al fine di confrontare la serie storica della spesa farmaceutica territoriale pubblica lorda con la ricostruzione della stessa serie. Come già per la spesa sanitaria complessiva, la ricostruzione permette di isolare la serie sia dall’influenza della politica di bilancio sia dalle riforme strutturali avvenute nell’ultimo ventennio.

Le domande che ci si pone sono le stesse: In quale misura la metodologia Ecofin/Ocse riesce a riprodurre la dinamica passata? E quale interpretazione/spiegazione fornire per le discrepanze fra l’andamento storico e quello ricostruito?

La politica di bilancio ha svolto principalmente la funzione di contenimento della spesa, tentando di stabilizzare l’incidenza sulla spesa sanitaria corrente e, attraverso questa, anche l’incidenza sul Pil. Le riforme settoriali hanno, dal canto loro, fatto compiere significativi progressi a un settore che alla fine degli anni ’80 era di fatto “a digiuno” di moderni strumenti di regolazione sia lato offerta che lato domanda. Molto resta da fare, ma dietro una parte della decrescente incidenza sul Pil tra gli anni ’80 ed oggi si trova anche questa spiegazione.

Ed è questo il motivo per cui la calibrazione del profilo di spesa pro-capite nel 1988 avviene con riferimento non alla spesa storica (che allora incideva per quasi il 20% sulla spesa sanitaria corrente, un livello alto), ma alla spesa storica ricondotta al 13,1% della spesa sanitaria di quell’anno. Si ipotizza, in altri termini, che questa proporzione “ideale” che oggi si tenta di mantenere fosse già stata raggiunta (o ricercata) dalle scelte di policy di allora. Se non si procedesse in questo modo, il valore storico del 1988 non sarebbe confrontabile con la maggior parte dei dati di spesa successivi. A fine anni ’80 la regolazione di settore era ancora rudimentale (non esisteva il reference pricing per esempio); gli equivalenti economici dei prodotti off-patent erano quasi del tutto assenti; l’Agenzia di settore (l’Aifa) era di là da venire così come l’Antitrust (l’Agcm); il dibattito sull’ammodernamento della distribuzione non era ancora stato aperto.

Ricostruita (calibrata) la spesa per fasce di età nel 1988, si possono ipotizzare tre scenari, a seconda che essa si evolva (a) allo stesso tasso del Pil pro-capite, (b) con un mark-up di 0,5 p.p., (c) con un mark-up di 1 p.p.. Queste tre ipotesi riassumono la vasta casistica che Ecofin-Ocse sviluppano come analisi di sensitività.

Per costruzione, solo nel 1988 il tetto del 13,1% è rispettato; nel corso del tempo, l’aggancio della spesa pro-capite al Pil pro-capite imprime una evoluzione indipendente, che permette di misurare quanta parte del fabbisogno rischia di non esser compreso nel tetto.

Nel primo scenario, al 2012 la spesa ricostruita è molto vicina a quella effettiva. La dinamica complessiva tra il 1998 e il 2012 viene colta in maniera sufficientemente precisa. Questo risultato può esser interpretato come una evidenza che, negli ultimi anni, la policy ha avuto come obiettivo allineare la dinamica della spesa a quella del Pil. Ma, come già fatto nel precedente lavoro sulla sanità, la domanda diviene: quanta parte del fabbisogno farmaceutico finisce troncata dalle scelte di stabilizzazione della spesa?

Gli altri due scenari possono fornire ordini di grandezza di questo troncamento, ipotizzando tassi di crescita della spesa pro-capite superiori ai tassi di crescita del Pil pro-capite, per applicare una dinamica capace di cogliere il fabbisogno. Nel secondo scenario, al 2012 la spesa ricostruita è superiore di quasi 1,9 miliardi di Euro a quella effettiva. Nel terzo scenario è superiore di oltre 3,9 miliardi di Euro.

Qual è il tasso di crescita che meglio coglie la dinamica del fabbisogno? Per la spesa sanitaria pubblica nel suo complesso, le serie storiche dei principali Partner Ue raccontano per gli ultimi 20-30 di una elasticità al Pil significativamente superiore all’unità, con mark-up sui tassi di crescita del Pil pro-capite di 1 p.p. o addirittura di più.

Può la stessa evidenza valere per la farmaceutica territoriale pubblica? La comparabilità internazionale di sottocomparti di spesa è più complicata di quella sugli aggregati, se si considera che il fabbisogno sanitario può essere fronteggiato con combinazioni diverse di prestazioni e che queste hanno gradi variabili sia di complementarità che di sostituibilità.

Fatta questa precisazione, se anche il mark-up si collocasse ad un valore intermedio tra il secondo (+0,5 p.p.) e il terzo scenario (+1 p.p.), nel 2012 mancherebbero all’appello tra i 2,5 e i 3 miliardi di Euro, parte integrante di quella sottostima del fabbisogno sanitario di cui si è discusso in “Un test sulle ipotesi delle proiezioni a medio-lungo termine della spesa sanitaria”.

Cha fare? Questo dato non può esser utilizzato solo per chiedere che si dedichino maggiori risorse, soprattutto in un frangente macroeconomico e macrofinanziario come quello che si sta vivendo, con il bilancio pubblico sotto pressione su tutti i fronti, a cominciare da tutti i capitoli di spesa per welfare, non solo la farmaceutica, non solo la sanità. Il dato deve soprattutto fungere da sprono per le riforme, farne comprendere l’urgenza, sottolineare i pericoli per l’assistenza farmaceutica se quel divario, tra fabbisogno e spesa effettiva, non viene governato e ricomposto e continua a crescere “sommerso”.

Non si dimentichi che dietro le serie della spesa, sia quelle storiche che quelle ricostruite, e dietro i valori al 2012, c’è l’assetto normativo e regolatorio della filiera del farmaco, che nonostante i progressi fatti non si è ancora affrancata dai suoi snodi più critici. Una seria e completa riforma della distribuzione al dettaglio libererebbe sicuramente risorse che possono concorrere a soddisfare la quota di fabbisogno farmaceutico oggi troncata. La modernizzazione e l’apertura della distribuzione al dettaglio sono anche tasselli essenziali per il miglior funzionamento del reference pricing in fascia “A” (e delle liste di trasparenza in fascia “C-Op”), e per favorire la diffusione degli equivalenti più economici tra i farmaci off-patent, altra leva importante per combinare gli obiettivi dell’adeguatezza (al fabbisogno) e della sostenibilità (della spesa).

L’adozione, su scala sistemica, dell’universalismo selettivo è l’altra riforma di struttura su cui fondare la capacità di governare nel tempo, in maniera trasparente e programmatica, il divario tra risorse teoricamente necessarie e risorse disponibili. Selezionare l’accesso sulla base delle caratteristiche sanitarie e economiche del singolo e/o della famiglia è un cambiamento importante per evitare che la limitatezza delle risorse produca effetti non controllabili e non gestibili, con possibili ripercussioni proprio sulle fasce più deboli e senza sufficienti mezzi per provvedere autonomamente. Selettività significa applicazione di compartecipazioni ai costi graduate per caratteristiche sanitarie e economiche, all’interno di un quadro regolatorio ben strutturato a livello nazionale (senza le immotivate frammentazioni regionali che oggi purtroppo si osservano).

E un altro grande tema da affrontare è quello della diversificazione delle fonti di finanziamento, con affiancamento al pilastro pay-as-you-go pubblico di un pilastro complementare basato su investimenti sui mercati e accumulazione reale delle risorse. Di fronte alle sfide dei prossimi decenni, la diversificazione delle fonti di finanziamento, che evidentemente vale per tutta la sanità e non solo per la farmaceutica, è di certo il cambiamento di struttura più profondo e impegnativo, da mettere in diretto collegamento con l’universalismo selettivo (per preparare per tempo le risorse per il pagamento dei copayment).

Non è questo il momento per entrare nei dettagli delle varie riforme sinteticamente richiamate. Ad ognuna sarà dedicato un prossimo contributo di Welfare-Reforming. Il messaggio conclusivo che si vuol trasmettere è che, di fronte a quei dati sullo scostamento tra fabbisogno e spesa effettiva, la prima reazione deve essere di sprono delle riforme:

- ammodernare e aprire a concorrenza la distribuzione al dettaglio (le farmacie);

- promuovere la diffusione degli equivalenti economici dei farmaci off-patent (le best practice internazionali sono ancora lontane);

- far diventare l’universalismo selettivo una componente strutturale di funzionamento del sistema (con una cornice regolatoria nazionale al posto della frammentazione che oggi si incontra sul territorio);

- costruire l’impianto di finanziamento multipilastro.

Nicola C. Salerno

Independent Economist

24 ottobre 2013
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