Il più bello è il suo riferimento sociale, quello che gli dà la società del quotidiano nel pretenderla per soddisfare la pretesa - da conseguire per l’appunto secondo giustizia (ahinoi spesso senza risultato) – afferente ai diritti elementari che spettano alla persona in quanto tale.
Fondamentale è la Giustizia regolata dal potere legislativo e amministrata da quello giudiziario, esercitati soventemente senza attenersi a “De L’Esprit des lois” di Carlo Secondat barone de Montesquieu, offeso anche da quello Esecutivo che oramai legifera a valanga. Uno scritto che tengo sul mio comodino di studio in una stupenda edizione del 1821, con le annotazioni di Antonio Genovesi, che i miei tesisti hanno adorato in quanto appassionati alla scienza della legislazione, ignota però nella pratica odierna.
Nondimeno, è la Giustizia - che l’ONU si augura diffusa nella pratica e che il Papa predica e auspica nelle sue preghiere - pretesa dall’UE. Una esigenza imposta quale strumento erogativo garante dell’eguaglianza, della repressione dei reati e comunque della malefatte, della obiettiva tutela delle regole. Una Giustizia, questa della Unione Europea, cui la Commissione UE condiziona il godimento delle risorse del Recovery Fund. Quel PNRR che per trasformarsi in opere godibili da parte della società civile è sottoposto alla approvazione di diverse riforme strutturali. In primis, della Giustizia e della Pubblica Amministrazione.
La riforma pretesa non è quella avviata
Ebbene, a fronte di questo elemento condizionante per accedere alle fortune europee, il Paese delle Istituzioni non riesce a darsi il migliore abecedario della giustizia.
Al riguardo, i soggetti deputati si azzuffano. Quanto alla riforma la scrivono, litigano, l’approvano, la criticano, la riscrivono e ricominciano tutto da capo.
Il motivo di tutto questo è complesso. Su tutto c’è una sorta di diffusa idiosincrasia verso la magistratura. Un sentimento lento ma feroce che esce dai pori della epidermide di tutta la società civile, da quella che diffida per cultura acquisita, per un verso o per l’altro, delle toghe. Troppi gli esempi di provata compromissione, che tuttavia fanno male alla moltitudine dei togati ampiamente meritevoli. Una abitudine sociale che porta - d’altro canto - la gente comune a tifare da stadio, per esempio, per i Nicola Gratteri e i Nino Di Matteo e tanti loro simili.
I fastidi che altrove tali non sono, tutt’altro
Un astio poi individuale (che poi diventa dei partiti e delle coalizioni) generato e alimentato: dalla politica che ci incappa; da quella parte che maltratta gli esiti della Corte dei conti che ovunque sarebbe applaudita per il suo lavoro certosino di rispetto delle regole della spesa pubblica (vedi le recenti notitiae damni e criminis scoperte nel bilancio consolidato 2022 della Regione Lazio); da quella brutta abitudine di vedere tanti magistrati (troppi) senza toga comodamente accomodati a capo della burocrazia che conta.
Un labirinto di idee e di fini reconditi
Risultato, occorre scrivere e riscrivere di Giustizia ad libitum. Ciò perché, piuttosto che aggiustare quanto serve davvero al funzionamento e rispetto della Giustizia, si privilegia il bonismo in favore dei decisori locali, senza comprendere il male che si fa agli stessi e alle loro comunità, visti i risultati di bilancio che la PA locale rendiconta nelle aree più disastrate del Paese, molte delle quali in rovina perché irrispettosi della programmazione e abituati a governare a mano (troppo) libera. Non solo. Si favoriscono maggiori e impunite complicità tra il ceto politico territoriale e la dirigenza. Un modo per dare un coraggio da leoni ai tanti sciacalli che hanno fatto diventare le PA gironi del debito pubblico e terreno delle compiacenze.
Gli inquirenti che si lamentano a ragione delle ipotesi del ministro
Hanno ragione quei magistrati con la toga impressa sulla pelle a sostenere che la cancellazione del reato di abuso d’ufficio (e già perché di abrogazione si tratta e non già di revisione) sottrae la campanella che suona a fine della ricreazione. La si fa durare oltre ogni limite.
Con essa viene negata la percezione di quel reato spia che, come le intercettazioni temute da chi ha “ragione” di farlo), ha dato prova nella storia della Repubblica a scoprire tantissimi reati contra la PA, che hanno spolpato il Paese e indebitato la Nazione dei nipoti e oltre.
Mettere in gioco tutto questo è davvero folle. E ancora. Si fa il contrario di quanto l’UE pretende.
Il rebus da risolvere e le ricadute
L’abrogazione dell’abuso di ufficio sarà funzionale a “perdoni” di massa nella gestione della salute. Un tale cammino di messa da parte tout court di un così importante reato premonitore dimostra due cose: una sfiducia nei confronti della magistratura, che sembra (secondo taluni) si diverta a contestare reati di abuso d’ufficio, tanto da farla diventare parte di una contesa politica; una lenta demolizione delle garanzie a che la PA sia l’espressione della legalità reale.
Con la scelta fatta dal ministro Nordio e passata al Senato non si trovano d’accordo anche importanti esponenti europei (Christian Wingerad, portavoce della Commissione UE per la giustizia) che sottolineano che “la lotta alla corruzione è una priorità assoluta”, disattesa con l’abrogazione di un così importante reato.
Quanto alla sanità, tante, anzi, tantissime saranno le ricadute negative. Ivi gli abusi, e non solo d’ufficio, sono di casa indisturbati, con bilanci colabrodo e interventi giudiziari frequenti. A cominciare dalle ovvie conseguenze delle scoperte di notitia criminis - alle quali la magistratura inquirente dovrebbe dare obbligatoriamente seguito - evidenziate unitamente al danno erariale dalla Corte dei conti più ossequiosa e attenta alle regole contabili, frequentemente disattese nei bilanci delle sanità regionali, della GSA e di quelli delle aziende della salute.
Senza un così importante reato spia diventerà, per intanto, comodo sbarazzarsi di processi per abuso d’ufficio che non ci saranno per l’intervenuta sua abrogazione, anche se questo non sottrarrà i PM dall’obbligo di interessamento dagli eventi accertativi intervenuti e a venire da parte del Magistrato contabile da valutare sotto altre fattispecie di reato molto più gravi, del tipo i falsi in bilancio, i falsi ideologici e i peculati.
Una Giustizia ecologica
Insomma, dalle nostre parti, piuttosto che fare politica su un giustizia da attaccare e mettere all’angolo, necessita disegnare una Giustizia Ecologica, solo che si voglia rintracciare il rispetto dovuto ad uno Stato che ha voglia di rimanere una componente principale dell’Unione Europea.
Sarà anche il modo per evitare di fare pagare le spese di una cattiva gestione della sanità pubblica ai tanti soliti poveracci e rilanciare il rispetto delle regole, quello che l’UE pretende, cui peraltro condiziona l’esito del PNRR, al lordo di case e ospedali di comunità e della telemedicina.
Ettore Jorio