A distanza di 30 anni circa, una giovane collega di medicina generale, alla cui formazione ho contribuito essendo stato uno dei docenti del corso che la ha abilitata, sta svolgendo la sua professione nello stesso quartiere dove ho esercitato per sei anni la stessa attività.
Parlando con lei ho potuto rendermi conto delle differenze e delle similitudini esistenti tra queste due esperienze maturate nello stesso contesto, ma molto lontane nel tempo. Provo a riassumerle per arrivare ad alcune considerazioni su ruolo e funzioni del MMG
La diversità più eclatante: l'acquisizione di pazienti
Alla fine della mia attività, durata 6 anni circa, avevo cumulato circa 450 scelte, contando anche sul fatto che in quella stessa strada risiedevo.
La mia collega, capitata in quel quartiere per caso, in due anni è a quota 1200 e ben presto diventerà massimalista. Ricordo ancora la pletora di medici dei miei anni e le difficoltà di incrementare il numero di assistiti; impresa ardua perché, come ripeteva l’allora presidente della FNOMCEO Parodi, gli MMG erano diventati "medici di condominio" tanti ce ne erano. Oggi la medicina generale è una landa disabitata e gli MMG sono sopraffatti da un numero esorbitante di pazienti che per inesperienza non sanno gestire e che non riescono a seguire.
Patologie impegnative che riconobbi e affrontai con quello che avevo, non senza timore, ma potendo contare sulla mia esperienza di medico ospedaliero. Ovviamente a questo si aggiungevano patologie meno impegnative come infezioni respiratorie, urinarie e sintomatologie dolorose di tipo somatico o viscerale
La clinica difettiva
La mia collega tratta solo questo secondo tipo di patologie e non affronta le altre più impegnative per diversi motivi: lo scarso tempo residuo per effettuare visite a domicilio; la mancanza di un riscontro ospedaliero quotidiano, il possibile contenzioso medico legale sempre in agguato in caso di errore e soprattutto la condizione di solitudine in cui si trova. Unica soluzione rimastale per questi casi rinviare il paziente in PS o chiamare il 118
Integrazione con altri professionisti
Trenta anni fa non esisteva alcuna integrazione con altri professionisti e il mio lavoro era in solitudine. La mia collega è nell’identica condizione e la sua partecipazione alla UCP di cui è membro è solo una perdita di tempo perché una volta a settimana deve spostarsi nella sede per fare le identiche cose che farebbe nel suo studio. Senza contare che i pazienti non sono neanche adeguatamente informati su tale servizio.
Carico burocratico.
Quasi assente ai miei tempi, oggi assorbe grandissime energie in termini di tempo necessario e difficoltà realizzative per la complessità delle procedure informatiche. La digitalizzazione invece di diventare un supporto e uno strumento di semplificazione è diventata una complicazione che sottrae tempo al lavoro clinico.
Attività di medicina dell'iniziativa.
Il termine ai miei tempi non era stato ancora coniato, oggi è una espressione verbale come tante altre. Il massimo che la mia collega riesce a fare per i suoi pazienti è la vaccinazione anti influenzale e niente altro. Non molto di più di quanto si faceva trenta anni fa.
Un fallimento storico a causa di una visione miope.
Trenta anni di medicina di base, in molte realtà del paese compreso il quartiere dove ho vissuto per decenni, sono purtroppo passati inutilmente.
Anzi il minor carico burocratico di quei tempi rendeva possibile svolgere un'attività clinica di tutto rispetto che oggi è quasi impossibile.
Oggi il MMG svolge, e non per sua colpa, una medicina di carta in cui l'urgenza clinica diventa un problema insormontabile dal punto di vista assistenziale e un consumo di tempo per la presenza di un'attività amministrativa ormai totalizzante.
Esistono per questo stato di cose precise responsabilità. E queste sono addebitabili in parti eguali alla miopia del decisore politico e al corporativismo delle rappresentanze sindacali dei MMG. Alle prime per la mancanza di determinazione, alle seconde per non volere abbandonare posizioni di ruolo e di potere. E per tale motivo queste ultime non hanno esitato a scegliere la via dell'isolamento e dell'autosufficienza condannando i più volenterosi all'esercizio di una medicina povera di clinica.
La clinica moderna, infatti, ha un senso solo nell'integrazione tra professionisti perché la gestione delle patologie è ormai talmente complessa da diventare impossibile senza un lavoro inter-professionale che i MMG, anche se aggregati, da soli non possono svolgere.
Certo il supporto della telemedicina con la refertazione da remoto di indagini strumentali come ECG o spirometria e domani ecografia potrebbe fare la differenza.
Anche questo tuttavia non sarebbe sufficiente. Nulla infatti può sostituire quel lavoro collettivo che i medici ospedalieri svolgono ogni giorno attraverso le loro reti relazionali formali e informali con gli altri specialisti.
Si supera l’isolamento tragico dei MMG, caratteristica immutata nel tempo, solo se si entra a pieno titolo in un contesto multiprofessionale fatto di personale infermieristico, personale di segreteria e specialisti; un lavoro in team che solo le case della salute o della comunità possono garantire
Le carenze del percorso formativo.
Un problema altrettanto evidente è quello del corso di formazione per la medicina generale di cui ho sufficiente esperienza essendone stato per anni un docente. La sua attuale organizzazione infatti è fortemente rivolta a dare un ruolo da protagonisti ai sindacati della medicina generale che di fatto ne sono i gestori e i formatori esclusivi.
Il MMG in formazione riceve una preparazione orientata a problemi di relazione, sicuramente importanti, ma questa e’ totalmente carente della parte clinica. Ho potuto notare, ospitando i MMG in formazione per due settimane presso il mio ambulatorio pubblico di allergologia, che molti di loro non erano in grado di svolgere un accurato esame obbiettivo e che erano altrettanto carenti nel percorso clinico-diagnostico.
Per superare questo stato di fatto, allora, bisogna partire da un assunto diverso: i futuri MMG devono frequentare le corsie ospedaliere per tutto il corso di formazione in modo organico e non come avviene adesso da semplici frequentatori. Solo in corsia infatti si osservano i veri casi clinici e si affinano le capacità diagnostiche apprendendo il ragionamento clinico e scontrandosi con la complessità della diagnosi differenziale. Insieme ovviamene alla parte, altrettanto importante e oggi, altrettanto carente, della medicina di comunità nelle sue diverse competenze e problematiche
Una nuova organizzazione del lavoro.
Il MMG è ormai di fronte a una scelta da cui non può sottrarsi, se non vuole rassegnarsi a trattare le malattie banali e a sbrigare pratiche di ufficio; un lavoro che è comunque parte del tutto, che potrebbe e dovrebbe essere svolto da infermieri specializzati nella cura delle patologie minori o da personale amministrativo e che però dovrebbe avvenire in un contesto necessariamente diverso dallo studio privato in cui il MMG si è inutilmente arroccato.
Se questo fosse, la presenza di un team di varie figure il MMG darebbe le indicazioni generali per l’implementazione della medicina dell’iniziativa, i cui referenti sarebbero gli infermieri e altre figure professionali del distretto e potrebbe concentrare la sua attenzione sui casi difficili, mantenendo un contatto formalizzato con l’ospedale di riferimento
Per ottenere questo ovviamente no solo il percorso formativo del MMG dovrebbe essere totalmente diverso ma anche l’aggiornamento delle competenze cliniche che dovrebbe necessariamente avvenire nelle corsie ospedaliere. Gran parte di crediti ECM dunque dovrebbero essere vincolati alla partecipazione alle attività cliniche ospedaliere e non a fantomatici corsi dei quali spesso si conoscono i quiz.
Un processo lungo, probabilmente irrealizzabile perché troppo forti sono gli interessi in gioco ma che è l’unico per dare un senso compiuto alla medicina generale
Roberto Polillo