Premessa
Con questo articolo vorrei soffermarmi sulle tesi sviluppate in alcuni articoli recentemente apparsi su QS: Polillo (QS 20 marzo 2023); Polillo e Tognetti (QS 6 marzo 2023); Palumbo (15 marzo 2023); Polillo e Tognetti (QS 24 marzo 2023); Zuccatelli e Maffei (QS 4 aprile 2023)
Tutti questi articoli rappresentano un “insieme” di argomenti con una cosa in comune: considerando le complessità in gioco, il quadro politico, la situazione di crisi, le loro proposte risultano a mio avviso del tutto inadeguate a rimuovere le contraddizioni che stanno minando la sanità pubblica.
La morte dell’albatros
I marinai di un tempo credevano che l’uccisione di un albatros attirasse la malasorte sulla nave che ricordiamo per un marinaio resta a priori la peggiore nemica, molto più delle tempeste.
Per la sinistra aver ucciso il diritto fondamentale alla salute, l’albatros, non ha portato fortuna come dimostra chiaramente la sua crisi sia politica che di consenso che gli è costata la perdita del governo.
Per la sanità che la sinistra abbia ucciso l’albatros ha significato la sua fine come dimostrano ormai le tante inchieste, le tante denunce, che raccontano in tempo reale la sua dissoluzione irreversibile.
Oggi la sventura, prima della sinistra, poi della sanità pubblica, si abbatte sul paese e sui cittadini, anche grazie ad una super crisi.
Questa super crisi coincide con la conquista del governo da parte delle destre.
Il futuro di non avere un futur
Questa crisi ha indotto il governo di destra semplicemente a mutuare le politiche sanitarie neoliberali fatte in questi anni dalla sinistra quelle, tanto per capirci, che a partire dall’uccisione dell’albatros hanno dato inizio al percorso contro-riformatore del nostro servizio pubblico.
Il governo di destra applica alla sanità le politiche di sinistra perché queste politiche una volta a regime sostituiranno la sanità pubblica con la sanità privata.
Nonostante si sia sotto pasqua, non credo che la resurrezione dell’albatros sia nell’agenda di questo governo.
La contraddizione tra privato e pubblico
Proprio in questa super crisi, non c’è dubbio che anche in Italia come nel resto dell’Europa sia esplosa la contraddizione tra pubblico e privato cioè sia esplosa in realtà la questione della “sostenibilità”.
La privatocrazia sanitaria può essere certamente più “sostenibile” per il bilancio dello Stato ma solo se scarica le spese sanitarie interamente sui redditi privati.
Di sicuro diventa un grande problema di bilancio se i suoi costi fossero fiscalmente sostenuti dallo Stato. Con il privato a carico dello Stato la spesa sanitaria è molto più alta. Due bocche da sfamare costano più di una sola bocca. Il problema della “grande marchetta” è tutto qui.
Oggi lo Stato se volesse garantire la sostenibilità al servizio pubblico non potrebbe più mantenere a proprie spese il privato. Dovrebbe non dico liberarsene ma quanto meno ridimensionarlo. Se non lo facesse sarebbe proprio all’economia che il governo finirebbe per imporre un sovra costo davvero salato.
A questo punto la contraddizione tra salute ed economia esploderebbe del tutto con pesantissime conseguenze sociali.
Del resto che razza di sviluppo sarebbe quello nel quale una parte del pil fosse speso per finanziare non la sanità pubblica ma quella privata ma a spese dello Stato?
Perché mai l’economia dovrebbe accettare un privato privilegiato rispetto a un privato non privilegiato? Perché mai l’industria manifatturiera non dovrebbe avere gli stessi diritti agli sgravi fiscali che ha la sanità privata e quella speculativa?
La sinistra nei gua
In una situazione del genere per la prima volta sono i costi della commistione pubblico privato a costituirsi come un problema di sostenibilità. Fino ad ora questi costi sono stati tollerati dal bilancio pubblico ma nella super crisi questo diventa in tutta Europa sempre più difficile.
In teoria basterebbe che il governo decidesse di riformare la spesa storica cioè di disinvestire sul privato e di investire nel pubblico, ma nella pratica ciò è più difficile di quello che si crede.
Non va mai dimenticato che è la sinistra che ha ammazzato l’albatros e che grazie alla sua bravata tutti noi abbiamo sul groppone ben due controriforme fatte e pensate per privatizzare il pubblico non per rafforzarlo.
Per cosa dovremmo andare in piazza?
Questa sinistra come dimostra anche l’appello “salviamo la sanità pubblica” (siamo in attesa di conoscere il programma del nuovo PD) sembra non avere nessuna voglia di rinnegare le sue controriforme al contrario il suo vero sogno è di convincere la Meloni a rifinanziare la morte dell’albatros cioè il suo neoliberismo.
E’ evidente che la sinistra nel caso volesse resuscitare l’albatros dovrebbe prima di tutto rinunciare alle sue controriforme e definire una grande riforma salva albatros e sulla base di questo progetto chiamare in piazza il popolo e proporgli ciò che fino ad ora per prima lei non è mai stata capace di proporre.
E’ evidente che sarebbe ridicolo andare in piazza per ribadire la 502 e la 229 o la riforma del titolo V o il diritto potestativo alla salute.
In piazza se si va si va per salvare la sanità pubblica dalla privatizzazione e per proporre alla gente una nuova e più moderna idea di salute.
La partita vera è l’albatros
Se il popolo vuole un nuovo albatros il governo di destra anche se di destra non può far finta di niente. Quanto meno si aprirebbe uno scontro politico. Ma ribadisco il problema vero è che la sinistra almeno fino a prova contraria per prima sembra non volere un nuovo albatros. A noi per risuscitare l’albatros in cambio di una sanità controriformata servirebbe una sanità davvero riformata.
Oggi quindi la sinistra deve decidere, o sta con l’albatros o sta contro l’albatros:
I limiti limitano
Tornando agli autori citati all’inizio, a ben vedere sono le stesse personalità di sinistra che in una precisa fase della storia della sanità, con i loro limiti con le loro incapacità e anche perché no in buona fede, hanno dato una mano a uccidere l’albatros.
Sicuramente costoro non si sono opposti alle controriforme o non hanno sbattuto la porta mandando a quel paese la sinistra di governo alla quale si riferivano.
Se i limiti culturali di allora non sono stati mai rimossi (e purtroppo non sono stati mai rimossi) come si può pensare di aver oggi anche se c’è un diritto importante da resuscitare, gente di sinistra pronta a rimettersi in discussione? Pronta a cambiare?
Coloro che oggi rischiano di uccidere l’albatros per la seconda volta sono anche coloro che storicamente hanno dato una mano ad ucciderlo la prima volta. Basta controllare i loro incarichi ai tempi delle controriforme.
La mia vera critica nei loro confronti non è politica perché credo che costoro abbiano collaborato in tutta buona fede come dei bravi militanti, ma è morale e riguarda non il passato ma il presente: costoro per un bene superiore oggi non sono per niente disposti a fare autocritica.
Piuttosto preferiscono far crollare tutto. Per loro per fare autocritica non basta avere un governo di destra e una crisi globale sul collo e l’art. 32 in fin di vita.
Per me è semplicemente diverso. La mia scelta morale che pretendo categoricamente che sia rispettata come tale mi impone di fare di tutto per salvare l’albatros.
A questo punto vorrei aggiungere due annotazioni questa volta politiche che riguardano due limiti molto pericolosi che nessuno, se fosse veramente di sinistra, potrebbe accettare.
Il problema rimosso della sostenibilità
La prima annotazione riguarda la questione della “sostenibilità”. I miei autori di riferimento avanzano proposte di vario tipo alcune plausibili, alcune meno, ma senza mai fare i conti con i problemi dell’economia quindi con i problemi di sostenibilità.
Dimenticando che è l’economia alla fine che decide marxisticamente le sorti dei sistemi di welfare. E’ stata l’economia per prima che ha deciso nel 78 che era conveniente nazionalizzare la sanità e sostituire il sistema mutualistico. Se oggi abbiamo una speranza di salvare l’albatros è solo in funzione di un nuovo possibile accordo con l’economia
Oggi nessuna proposta sulla sanità comprese quelle degli autori che sto confutando può permettersi il lusso di trascendere la questione della sostenibilità.
Oggi fare una proposta sulla sanità significa sostanzialmente fare una proposta sulla sostenibilità ma fare una proposta sulla sostenibilità equivale a fare una proposta sul genere di sanità che si vuole.
Il cuore politico della mia proposta di “quarta riforma” non a caso riguarda proprio la sostenibilità cioè per me si tratta di proporre alla economia un accordo che scambi una idea non neoliberale di sostenibilità con l’albatros. (La proposta di “quarta riforma” è stata pubblicata nel novembre del 2016 da QS quindi è scaricabile gratuitamente).
E’ inutile ripitturare la casa se poi la casa è destinata a crollare.
Contraddizioni
La seconda riguarda le contraddizioni che mettono a rischio la possibilità di resuscitare l’albatros. I miei autori di riferimento sono convinti che sia possibile mediare con le contraddizioni anzi per riprendere l’espressione di Gimbe che sia possibile “disciplinarle”.
Se fosse come loro dicono per la sanità sarebbe davvero una tragedia.
Di contraddizioni ce ne sono tante di tutti i tipi ma quelle più importanti per salvare l’albatros per me sono sei (il resto è minutaglia):
Queste sei contraddizioni non sono né facilmente mediabili e né facilmente disciplinabili. Esse prima di tutte vanno rimosse inevitabilmente con una vigorosa riforma garantita da una soddisfacente soluzione sulla sostenibilità.
Ma negarle o ignorarle è proprio un errore mortale. Sono le contraddizioni che fanno crollare la casa.
Le contraddizioni non sono negoziabili
Quando leggo che alla “riforma” si preferiscono gli “aggiustamenti” dico auguri e tocco ferro. Coloro che si definiscono “concreti” considerando i riformatori come me dei visionari e dei parolai ci spieghino per favore, ovviamente in modo concreto, come si fa ad “aggiustare” le sei principali contraddizioni che vi ho elencato?
Quando in questa super crisi si dice no alla strada della riforma sarebbe gradito anche che ci si spiegassero le ragioni di questo rifiuto, così tanto per confutarle e fare un bel confronto tra di noi. Un confronto che però non si fa mai e al quale tutti si sottraggono.
Capisco le ragioni “dell’umarell” metafora azzeccata per definire gli incompetenti, ma soprattutto gli incompetenti non sono esentati dal dimostrare a noi poveri “riformatori” le tesi che sostengono.
Altrimenti si scadrebbe nell’assiomatica e le opinioni dell’umarell finirebbero per essere considerate verità scolpite nel bronzo.
Quando non lo sono e non lo saranno mai. Ma chi cavolo si crede di essere questo umarell?
L’errore davvero grave è quello di ridurre proprio come farebbe qualsiasi incompetente, le contraddizioni della sanità a problem solving. Cioè le contraddizioni per l’umarell sono negate a priori perché considerate risolvibili in quanto problemi. Questo sì che per l’albatros sarebbe una bella fregatura. Ma del resto solo un matto affiderebbe all’umarell il compito di risollevare le sorti della nostra sanità pubblica.
Conclusioni
Mi sono convinto che la sinistra per ammazzare l’albatros abbia dovuto fare prima una controriforma della propria weltanschauung accettando di passare praticamente da Gramsci a von Hayek.
Solo dopo questo passaggio lungo e tormentato che ha visto la Dc entrare nel PD è stato possibile far fuori l’albatros cioè di rinunciare agli ideali del diritto a quelli della giustizia dell’eguaglianza quindi accettando come sinistra di diventare cinica.
Questa controriforma morale nel tempo non ha solo cambiato la sanità ma ha cambiato i suoi uomini dentro, ha rotto i legami di amicizia tra di loro, di complicità ideale, ha disperso i vincoli della lotta comune, rendendo questi uomini davanti ai problemi della sanità, semplicemente cinici.
Se oggi l’albatros rischia di essere ucciso per la seconda volta è perché la sinistra non ha risolto la sua ennesima contraddizione: quella del suo cinismo.
Le controriforme fatte in sanità contro la 833 contro l’art. 32 cosa sono sul piano morale se non la rappresentazione di una weltanschauung deturpata dal cinismo?
Oggi sappiamo però che non è possibile restare cinici e salvare l’albatros. L’albatros e il cinismo sono del tutto incompatibili.
Almeno questo l’umarell e i suoi amici me lo devono concedere.
Ivan Cavicchi