Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Venerdì 22 NOVEMBRE 2024
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

I Forum di QS. Sanità pubblica addio? Morsiani: “Il ‘non sapere di non sapere’ nella complessità”

di Giuliana Morsiani

Perdere la bussola è mancanza di vision e di pensiero prospettico. In questa incapacità, ci si ripiega su se stessi andando a creare e ad alimentare quel vuoto già descritto da Mintzberg tra i ruoli di guida e i professionisti, dove il primo discute di astrazione perdendosi nelle nebbie delle stanze dei bottoni, mandando in tilt proprio quella parte del sistema che è il cuore produttivo

22 MAR -

Mi sono avvicinata incuriosita dal titolo catastrofico all’ultimo libro del Prof Cavicchi “Sanità pubblica addio. Il cinismo delle incapacità”, (Castelvecchi editore 2023) e mi sono trovata di fronte ad uno scenario che non immaginavo, uno stato di agonia avanzata.

Praticamente una diagnosi che decreta la morte del SSN. Una sorta di spoiler di un film che non ha per niente un lieto fine.

Con un’analisi lucida il prof. Cavicchi prefigura lo scenario futuro di una “sanità prossima ad un punto di non ritorno”. Un grido d’allarme suffragato da un’analisi accurata e molto meditata che con sapienza politica e culturale argomenta le cause dell’essere prossimi alla fine.

Un libro che mi ha permesso di capire cosa c’è in ballo, creando un ordine storico, culturale e di senso sulle dinamiche che hanno interessato il SSN.

Una riflessione critica nell’attribuire ai tanti sforzi normativi, organizzativi e documentali una valutazione di sistema, alla ricerca di quell’ordine che si riconosce nella corrispondenza con il senso d’impresa, quello primo e fondamentale riconosciuto nel diritto alla salute (art. 32).

Una sorta di filo rosso che legge i tanti interventi con la chiave di lettura di difesa del diritto della salute quale diritto fondamentale, assoluto e non condizionabile, ma nello stesso tempo sotto attacco, per l’inconciliabilità nel porre in ambivalenza il diritto alla salute con le risorse economiche.

Non c’è dubbio che nel porre in dicotomia questi due grandi interessi il problema è impostato male. Se di contrapposizione si tratta, è ovvio che il controllo dei costi in condizioni di risorse limitate prende il sopravvento, legittimando tutta una serie di azioni (le varie leggi di riforma) il cui progress esponenziale nell’unica direzione economicista, mette in secondo piano l’attenzione ai contenuti professionali, la discrezionalità del professionista, la personalizzazione dell’assistenza, de-naturalizzando il sistema, creando disallineamento valoriale tra i presupposti deontologici professionali e quanto l’azienda chiede.

Una schizofrenia nel singolo professionista, nell’intera comunità professionale e nelle professioni sanitarie quale contraddizione profonda che si manifesta con il contenzioso legale, la poca attrattività delle professioni, la violenza contro gli operatori solo per citare le problematiche che occupano gran parte del tempo del management sanitario.

Come abbiamo ben appreso problemi e contraddizioni accedono a livelli di complessità diversi e per poter riprendere il cammino sono le contraddizioni che svolgono un ruolo decisivo. Pena l’instaurarsi di uno stato regressivo e l’idea di regressione espressa nel libro è chiara: se il diritto alla salute (art. 32) smette di essere un diritto fondamentale e diventa un diritto potestativo è come regredire dalla storia alla preistoria. Se le ragioni per cambiare non ci sono più si torna in dietro. Tornare indietro sia per noi operatori che per i malati vale come rimangiarci 50 anni di storia.

Se è questa la condizione data, diventa illuminante il sottotitolo: “il cinismo delle incapacità” ovvero l’incapacità della politica a concepire un pensiero più avanzato la cui degenerazione porta al paradosso che questo titolo nasconde, ovvero “l’incapacità di capire le incapacità”.

Una consapevolezza che pesa come un macigno e che razionalizza diversi aspetti che in genere nessuno si pone:

Se questa analisi è valida a livello nazionale, interessando il mondo della politica come quello scientifico, anche il mondo delle professioni, quella medica, come quella infermieristica o altre non sono esenti da responsabilità.

A questo punto sorge spontanea una domanda: se nel percorso evolutivo la professione infermieristica si trova in mezzo al guado, in uno stato di non applicazione delle normative (profilo professionale, legge 42 e legge 251) qual è la ragione vera? Perché il nostro cammino è bloccato? È un problema fuori dalla professione o insita nella professione? O entrambe?

Ma soprattutto se è legata alla professione, quali sono quelle incapacità da andare a colmare per poter riprendere il cammino? Fondamentalmente si presenta l’occasione per una sana autocritica, con la migliore intenzione per scavare in profondità alla ricerca di cause e non di colpevoli.

Nella consensus conference che ho richiamato emerge la consapevolezza della necessità di definire una evoluzione della professione infermieristica e di raggiungere un accordo per ridefinire il nostro ruolo, fino a parlare di un nuovo paradigma organizzativo.

Si percepisce l’intento programmatorio per sbloccare lo stallo evolutivo, ma per fare questo servono nuove capacità, nuove idee e strategie senza le quali non riusciremo mai a trovare la leva giusta per imprimere quella forza che superi l’inerzia e che ci aiuti a superare il vecchio paradigma e definire un ruolo nuovo.

Quali capacità ci servono?

Il suggerimento insito nella profonda differenza tra “Caring”, (prendersi cura di una persona) e “curing” (curare la malattia) ci può venire in aiuto.

Rispetto ai discorsi già fatti mi limito ad aggiungere che per il curing vale il discorso tradizionale delle competenze professionali, quelle prestazionali su impostazione biomedica.

A tale riguardo, l’esercizio delle competenze avanzate non deve limitarsi al solo perfezionamento degli interventi. Parlare di interventi avulso dal processo di ragionamento complessivo, si ripropone la versione moderna della logica mansionariale. Gli interventi sono sicuramente da includere, ma con finalità di produrre migliori risultati, ovvero i risultati di salute. La settorialità e specificità delle competenze avanzate ben venga, ma a partire dalla definizione di ambiti diagnostici che enucleano necessità esistenziali, entro cui il ventaglio specializzato degli interventi si colloca per migliorare gli stati di salute.

In questa cornice trova espressione il Caring come discorso più articolato: cresce il grado di variabilità, e, direbbe il prof Cavicchi, di complessità. La pianificazione assistenziale se vuole essere personalizzata si arricchisce di indicatori e interventi biomedici, educativi, di funzionalità, di adattamento, di autogestione, di coping, di resilienza, ma anche legati al caregiver, alla casa, all’ambiente e alla comunità e ancora organizzativi, economici, tecnologici, ambientali… insomma ha bisogno di un “quid” nuovo la cui unione forma delle metacompetenze.

Oggi la sociologia ci dice che in questa società l’idea tradizionale di abilità professionale descritta per competenze è destinata a tramontare e a fare spazio alle metacompetenze, quelle essenzialmente intese sotto il segno della personalizzazione, della multilateralità e della poliedricità, quindi delle capacità.

Infatti, il concetto di metacompetenza è la capacità propria della nostra professione, di adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del suo sistema ambientale e relazionale di riferimento, costruendo e trasformando continuamente i propri modelli di conoscenza e di azione.
Il concetto di metacompetenza, di natura strettamente costruttivista, tende fortemente ad avvicinarsi a quel concetto di competenza strategica che i sociologhi definiscono in termini del saper apprendere lifelong.

Per riprendere il cammino evolutivo della professione infermieristica alla domanda “quali capacità servono”, la risposta non può che essere di ripensare il concetto tradizionale di competenza per un concetto più moderno di metacompetenze.

Il Caring quale dispiegamento delle potenzialità del prendersi cura infermieristico non riesce a trovare nelle “sole” competenze strumenti esaustivi, ma ha bisogno di metacompetenze.

Deve acquisire, metabolizzare e corroborare uno spazio nella mente dedicato a capacità superiori, di riflessività e pensiero critico, dove poter esprimere quell’autonomia e discrezionalità quale unica strategia per dare risposte alla singolarità del malato.

Dal saper, al saper fare, al saper essere, ora la competenza si arricchisce del “saper divenire” come co-evoluzione con il contesto.

Questa consapevolezza è una competenza chiave per lo sviluppo di un sapere professionale dinamico che cresce di pari passo con la co-evoluzione della società e resta allineato alle sue necessità, restituendo la giusta attenzione all’essenza umana come valore ultimo del servizio offerto.

Il libro diventa illuminante non solo per portare all’attenzione le incapacità, il “non sapere di non sapere”, ma anche il “come” ci si posiziona nei suoi confronti.

La negazione e la giustificazione da una parte o il riconoscimento e l’apertura dall’altra, determina la storia evolutiva di un sistema, ma anche di una organizzazione o di una cultura professionale. E la rassegna fatta nel libro, quale elenco delle incapacità della politica nel non concepire un pensiero avanzato, sono ben evidenti.

Facile dirlo col senno di poi, ma tutto insegna. E dagli errori si impara moltissimo e quello più evidente è il chiudersi in un pensiero unico, autoreferenziale, onnicomprensivo, che nello sposare una corrente, quella economicista-gestionale (per citare un esempio a cui se ne possono aggiungere altri) trasponendola da mezzo a fine, ti fa capire come si sia snaturato un intero sistema la cui natura è professionale.

Perdendo la bussola e perseverando nel dirottamento si sono venuti a smorzare gli scambi e la dialettica con il mondo esterno con il quale si sarebbe dovuto mantenere una relazione costruttiva. Esasperando e deteriorando la relazione, il mondo esterno è arrivato ad essere una “controparte”, anziché un “interlocutore” un amico, una risorsa, un valore con cui crescere insieme e agire la funzione di “servant” per il bene della collettività.

Perdere la bussola è mancanza di vision e di pensiero prospettico. In questa incapacità, ci si ripiega su se stessi andando a creare e ad alimentare quel vuoto già descritto da Mintzberg tra i ruoli di guida e i professionisti, dove il primo discute di astrazione perdendosi nelle nebbie delle stanze dei bottoni, mandando in tilt proprio quella parte del sistema che è il cuore produttivo.

Quando il prof Cavicchi, per spiegare il suo “addio” alla sanità non fa altro che redigere un inventario di incapacità di tutti i tipi, mi richiama alla mente la teoria sulle capacità elaborata dall'economista e filosofo indiano Amartya Sen, premio Nobel per l'economia nel 1998, e dalla filosofa americana Martha Nussbaum[1].

Si tratta di una prospettiva, che pone al centro dell'attenzione le capacità degli individui e ciò che essi sono effettivamente in grado di fare, prospettiva che ormai è destinata a ridiscutere le teorie tradizionale sull'utilitarismo, il libertarismo, il neoliberismo.

Non posso che ringraziare il prof Cavicchi di questa straordinaria analisi che, nello spiegare quanto la sanità resta irriformabile senza capacità, ci fa compiere un passo verso una maggiore consapevolezza: ora “sappiamo di non sapere”.

Giuliana Morsiani
Infermiera, PhD- Ausl di Modena

Riferimenti:
[1] Sergio Filippo Magni Etica delle capacità: La filosofia pratica di Sen e Nussbaum. Il mulino 2006.

Leggi gli altri interventi al Forum: Cavicchi, L.Fassari, Palumbo, Turi, Quartini, Pizza.



22 marzo 2023
© Riproduzione riservata


Altri articoli in Studi e Analisi

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale e operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy