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Per la sanità il vero nodo è il personale. Ma il nuovo decreto sui fabbisogni non aiuta

di Ivan Cavicchi

Non voglio annoiarvi con dei tecnicismi inutili quindi mi limito a dire solo una cosa: quando i parametri per definire il fabbisogno di personale sono esclusivamente definiti in modo teorico ai minuti di assistenza che servono non per curare dei malati in organizzazioni complesse e integrate ma per curare le malattie in organizzazioni tayloristiche in questo caso i parametri in questione sono tutti irrimediabilmente farlocchi

16 DIC -

Secondo l’intersindacale medica, (la stessa che ieri ha organizzato la manifestazione a Roma in difesa della sanità pubblica alla quale ho partecipato anche io) esisterebbe “una insuperabile linea di confine” tra le competenze cliniche delle società scientifiche e le competenze sindacali legate “all’organizzazione del lavoro”(QS 13 dicembre 2022).

Pur ammettendo ruoli diversi, cioè distinte funzioni di rappresentanza, tra i sindacati e le società scientifiche e gli ordini, io credo, al contrario dell’intersindacale medica, che :

Una nuova metodologia di calcolo dei fabbisogni di personale

L’argomento che vorrei affrontare è di grande attualità.

Dopo l’incontro tra il forum delle società scientifiche e il ministro Schillaci, il Ministero della Salute ha inviato alle Regioni una proposta di decreto, di concerto con il Mef, per la definizione di una “nuova metodologia di calcolo dei fabbisogni di personale”, recependo, nel decreto stesso, la metodologia a suo tempo messa a punto da Agenas (QS 13 dicembre 2022).

Si tratta di una proposta di decreto importante su una questione, quella dei tetti imposti al fabbisogno di personale, che non esiterei a definire strategica e sulla quale tutti i sindacati, tutti gli ordini professionali e tutte le società scientifiche hanno espresso unanimamente una comune rivendicazione: superare i tetti e riaprire alle assunzioni.

Una questione politica tra scienza e lavoro
Proprio perché quella del fabbisogno di personale è una questione strategica e proprio perché essa è una rivendicazione unanime di tutta la sanità, colpisce, della proposta ministeriale la sua unilateralità come se il problema fosse solo tecnico, solo amministrativo e non politico.

Personalmente ritengo che oggi la questione del fabbisogno di personale in sanità sia la questione politica per antonomasia, sulla quale, se io fossi il ministro Schillaci, aprirei un vero confronto con la sanità tutta a 360 gradi. Ma è lui il ministro non io.

La metodologia Agenas
La metodologia messa a punto da Agenas e recepita dal Dm all'attenzione delle Regioni, nel merito, solleva molte legittime perplessità.

Intanto subordina l’aggiornamento del tetto al fabbisogno di personale alla piena applicazione del dm 70, nel senso che le regioni che non si sono allineate ai suoi standard (che non sono poche) sono escluse dalla possibilità di assumere nuovi operatori.

Se ciò non fa una piega dal punto di vista del diritto, essendo il dm 70 in vigore, resta il fatto che una metodologia basata su un impianto programmatorio che ha dimostrato di non funzionare e che anzi ha contribuito alla crisi del sistema ospedaliero italiano, non può, a sua volta, che far danni.

L’altra questione è che questa metodologia appare ancora una volta subordinata alla logica della riforma del 1999 (Dlg 229 del ministro Bindi), ovvero “viva il territorio e abbasso l’ospedale”, che oggi non ha più nessun motivo di essere riconfermata, perché, con gli ospedali in ginocchio, essere contro l’ospedale e continuare a teorizzare la de-ospedalizzazione è folle.

Dato il mestiere che faccio comprenderete che la metodologia per me ha un qualche interesse (oggi tanto in medicina che in sanità epistemologia e metodologia praticamente si equivalgono).

Una metodologia vecchia quanto il cucco
Ebbene questa supposta “nuova metodologia” dell’Agenas, recepita dal Governo, per calcolare i fabbisogni di personale prima di tutto:

Cioè è roba vecchia trita e ritrita che con la complessità dell’ospedale e con una moderna visione dei servizi integrati non ha nulla a che fare.

Non voglio annoiarvi con dei tecnicismi inutili quindi mi limito a dire solo una cosa: quando i parametri per definire il fabbisogno di personale sono esclusivamente definiti in modo teorico ai minuti di assistenza che servono non per curare dei malati in organizzazioni complesse e integrate ma per curare le malattie in organizzazioni tayloristiche in questo caso i parametri in questione sono tutti irrimediabilmente farlocchi.

Qualche domanda al ministro Schillaci
A questo punto però alcune domande penso sia doveroso porle al ministro Schillaci:

Conclusione
Se per definire i fabbisogni di personale abbiamo parametri farlocchi allora, lo dico a chi come me i tetti alle assunzioni non li vuole, oltre la questione dei tetti e degli standard abbiamo la questione, questa volta culturale, dei criteri cioè della metodologia che servirebbe per rappresentare bene le complessità reali con le quali questa sanità ha a che fare.

I criteri che ci ripropone l’Agenas sono culturalmente regressivi ma del resto, come abbiamo visto, si muovono forzatamente in un quadro normativo regressivo che in qualche modo li vincola.
ma ciò non toglie che ci portano indietro e ci impediscono di andare avanti.

La metodologia di cui si parla per essere davvero scientifica dovrebbe emanciparsi dalle ideologie contro l’ospedale che l’hanno asservita e diventare per davvero finalmente scienza.

Ivan Cavicchi



16 dicembre 2022
© Riproduzione riservata


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