L’impatto della pandemia da Covid ha travolto i sistemi sanitari europei. Dal calo della speranza di vita passando per l’aumento del disagio tra i giovani fino all’esplosione delle liste d’attesa per visite, esami ed interventi sono parecchi i problemi che il virus ha fatto emergere nei sistemi sanitari di tutta Europa. A fare i conti è il nuovo rapporto Health at a Glance Europe 2022 curato dall’Ocse che quest’anno analizza le macerie lasciate dal Covid evidenziano però anche alcuni aspetti positivi come lo sviluppo dell’e health, il successo della campagna vaccinale e l’aumento dei finanziamenti per la sanità.
Aumenta la spesa sanitaria ma ltalia sempre sotto la media europea
Nonostante una significativa riduzione del PIL, nel 2020 la spesa sanitaria pubblica e privata pro capite è aumentata in media di oltre il 5% nei paesi dell'UE, con un picco di più del 10% registrato in Bulgaria, Repubblica Ceca e Ungheria. Permangono tuttavia diverse debolezze e vulnerabilità messe in luce dalla pandemia, in particolare la carenza generalizzata di operatori sanitari.
In Italia a fronte di una incidenza della spesa sanitaria pubblica e privata media europea sul Pil del 10,9% siamo al 9,6%. In cifre 550 euro in meno a persona rispetto alla media.
La nostra spesa sanitaria complessiva procapite a parità di potere d'acquisto nel 2020 è stata infatti di 2.609 euro a fronte di 3.159 euro della media UE.
Il confronto è ancora più penalizzante se fatto con i nostri partner più importanti: in Germania la spesa è stata infatti di ben 4.831 euro e in Francia di 3.807 euro.
Secondo recenti stime dell'OCSE, circa la metà di tutti i nuovi investimenti necessari per aumentare la resilienza dei sistemi sanitari dovrebbe essere destinata a migliorare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari per favorire l'assunzione e la fidelizzazione.
Dare priorità alla prevenzione delle malattie infettive non trasmissibili Nonostante si sottolinei spesso il fatto che la spesa sanitaria non costituisca un costo ma bensì un investimento, prima della pandemia non si erano verificati cambiamenti significativi nelle politiche di spesa e investimento in sanità in Europa. La spesa sanitaria era prevalentemente incentrata sull'assistenza terapeutica, mentre in media soltanto il 3 % del totale della spesa era destinato alla prevenzione.
Nel 2020, la maggior parte dei paesi dell'UE ha aumentato la propria spesa per la prevenzione, almeno temporaneamente, per finanziare test, tracciamento, sorveglianza e campagne di sensibilizzazione del pubblico in relazione alla pandemia.
I decessi da Covid
In Europa e nel mondo, la pandemia ha avuto un impatto drammatico sulla vita delle persone, portando nel 2021 a una riduzione di oltre un anno della speranza di vita nell'UE rispetto al livello pre-pandemia, ossia il calo più marcato ad aver interessato la maggior parte dei paesi dell'UE dalla seconda guerra mondiale (Italia -0,7). Alla fine di ottobre 2022 nei 27 paesi dell'UE si erano registrati più di 1,1 milioni di decessi per COVID-19. Tale dato rappresenta tuttavia una sottostima se si considerano le statistiche sull'eccesso di mortalità, le quali si individua 300 000 ulteriori decessi come conseguenza diretta o indiretta della pandemia.
Più del 90 % dei decessi per COVID-19 si è verificato tra persone di età superiore a 60 anni. L'impatto della COVID-19 sulla mortalità è stato più contenuto nei paesi nordici (Islanda, Norvegia, Danimarca e Finlandia) e più marcato nei paesi dell'Europa centrale e orientale (Bulgaria, Ungheria, Croazia, Repubblica ceca, Slovenia, Lettonia e Romania). Le differenze tra paesi nel tasso di mortalità da COVID-19 sono dovute a molti fattori, tra i quali la presenza tra le popolazioni di patologie pregresse e di vulnerabilità risalenti a prima della pandemia, la tempestività e l'efficacia delle strategie di contenimento del virus, la copertura vaccinale contro la COVID-19, nonché le differenti capacità dei sistemi sanitari di rispondere efficacemente alle sfide senza precedenti imposte dalla COVID-19.
I giovani e la salute mentale
La pandemia ha avuto un impatto significativo sulla salute mentale e fisica dei giovani Benché la pandemia abbia avuto un impatto sulla vita di pressoché tutta la popolazione, a destare particolari preoccupazioni è la salute mentale e fisica dei milioni di giovani europei, i cui anni formativi sono stati contrassegnati da interruzioni delle loro attività sociali ed educative. In alcuni paesi europei –quali Belgio, Estonia, Francia, Svezia e Norvegia, la percentuale di giovani che riferiscono di avere sintomi di depressione è più che raddoppiata durante la pandemia, raggiungendo livelli di prevalenza di almeno due volte superiori a quelli delle fasce di età più avanzata.
Molti giovani e bambini hanno inoltre ridotto notevolmente il tempo dedicato all'attività fisica, e hanno mostrato un peggioramento delle loro abitudini alimentari, tanto che in alcuni paesi i dati sembrano indicare un aumento del tasso di sovrappeso e di obesità infantili. La crescente domanda di sostegno alla salute mentale, unita alle interruzioni nella prestazione di assistenza durante la pandemia, ha messo a dura prova i servizi di salute mentale, già precedentemente in difficoltà.
Nella primavera del 2021 e in quella del 2022 circa il 50 % dei giovani europei ha riferito di avere esigenze di assistenza insoddisfatte in materia di salute mentale. Nonostante molti paesi abbiano attuato alcune misure a tutela e a sostegno della salute mentale dei giovani, l'entità dell'impatto richiede ulteriori azioni per garantire che la pandemia non lasci a questa generazione delle cicatrici permanenti.
Per quanto riguarda l’Italia i giovani con disagio mentale nel biennio 2020-2021 sono 1 su 4.
Le lunghe liste d’attesa
Le perturbazioni dei sistemi sanitari durante la pandemia hanno causato un prolungamento delle liste d'attesa per le cure oncologiche e la chirurgia elettiva La pandemia ha anche provocato interruzioni nella prestazione di cure primarie, nei programmi di screening e trattamento dei tumori, nella continuità assistenziale per le persone con patologie croniche e nell'esecuzione di chirurgia elettiva (non urgente),specialmente nel periodo in cui erano in vigore misure di confinamento.
Durante i primi mesi della pandemia nella primavera del 2020 le perturbazioni che hanno interessato i programmi di screening dei tumori e le visite specialistiche hanno portato a ritardi nelle diagnosi del cancro. Molti paesi sono stati in grado di compensare alcune delle carenze iniziali nello screening dei tumori intensificando le loro attività nella seconda metà dell'anno. Ciononostante, nel 2020 i tassi di screening per il carcinoma della mammella e della cervice uterina hanno registrato una riduzione media del 6 % nei paesi dell'UE.
A causa di ritardi nello screening molti pazienti oncologici corrono il rischio di ricevere la diagnosi del cancro in una fase più avanzata della malattia, con conseguenti complicazioni a livello del trattamento e riduzione delle probabilità di sopravvivenza. La sospensione delle procedure di chirurgia elettiva ha al contempo allungato le liste d'attesa dei pazienti che necessitano di tali interventi. Nel 2020 nei paesi dell'UE sono stati eseguiti due milioni di procedure chirurgiche elettive in meno (ad esempio trattamento chirurgico della cataratta e inserimento di protesi dell'anca e del ginocchio) rispetto al 2019, con una diminuzione di un sesto in confronto ai livelli pre-pandemia.
Tali procedure "mancate" hanno determinato un allungamento dei tempi di attesa, e un conseguente aumento dell'insoddisfazione dei pazienti. Molti paesi dell'UE hanno stanziato fondi aggiuntivi per far fronte a questi arretrati, ma il principale ostacolo all'incremento del volume delle procedure è la carenza di operatori sanitari. Il personale ha ricevuto incentivi per lavorare più a lungo, ma simili iniziative hanno chiaramente dei limiti e rischiano di portare al burnout e alle dimissioni. L’Italia è tra i paesi che hanno fatto registrare i dati peggiori.
Più sanità digitale
Un aspetto più positivo è il rapido sviluppo delle teleconsultazioni a inizio 2020, che ha contribuito a mantenere l'accesso alle cure, in particolare per i pazienti affetti da patologie croniche. Sebbene l'elevato livello di soddisfazione espresso dalla maggioranza delle persone che hanno fatto ricorso alla telemedicina sia incoraggiante, restano dubbi riguardo al beneficio apportato da alcune teleconsultazioni, nonché preoccupazioni circa il rischio di aumento delle disuguaglianze a livello sanitario provocato dall'esclusione dei più anziani, dei più poveri e degli abitanti delle zone rurali. In generale i paesi dell'UE hanno riconosciuto la necessità di incrementare le risorse in risposta alla pandemia.
Grazie ai vaccini salvate 250 mila vite
Nel 2021 sono state stanziate ingenti risorse supplementari per la realizzazione di campagne di vaccinazione contro la COVID-19. La rapida diffusione dei vaccini è stato un fattore determinante nella gestione della pandemia: si stima che solo nel 2021 le vaccinazioni abbiano permesso di prevenire più di 250 000 decessi in tutta l'UE, nonostante i tassi di vaccinazione tra i gruppi vulnerabili siano rimasti piuttosto bassi in alcuni paesi.Durante la pandemia molti paesi europei hanno inoltre compiuto notevoli progressi nella vaccinazione dei gruppi vulnerabili contro l'influenza stagionale, tanto che in diversi paesi la percentuale delle persone vaccinate di età superiore a 65 anni è aumentata di oltre 10 punti percentuali.
Nonostante alcune difficoltà temporanee affrontate nel 2021, la maggior parte dei paesi europei è stata anche in grado di garantire la continuità dei programmi di vaccinazione infantile.La pandemia ci ha tra l'altro insegnato che, in ottica di preparazione a possibili crisi sanitarie, è fondamentale massimizzare lo stato di salute delle persone e ridurre la loro esposizione a fattori di rischio.
L'obesità e le patologie croniche come il diabete e i disturbi respiratori sono stati fattori di rischio determinanti alla base di gravi complicazioni e decessi dovuti alla COVID-19. La prevenzione di fattori di rischio comportamentali e ambientali può svolgere un ruolo determinante nel migliorare la salute delle persone e nel ridurre la prevalenza di malattie croniche e decessi.
Alcol e fumo rimangono i principali fattori di rischio
Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni nella lotta al tabagismo, il consumo di tabacco rimane il principale rischio comportamentale per la salute ed è responsabile nell'UE di circa 780 000 decessi ogni anno. Per quanto il consumo di alcol sia diminuito negli ultimi dieci anni, l'abuso di alcol nell'UE continua a causare quasi 300 000 decessi l'anno. Anche i fattori ambientali come l'inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici hanno gravi conseguenze sulla salute delle persone e sulla mortalità.
Si stima che soltanto nel 2019 nell'UE siano stati 300 000 i decessi riconducibili all'inquinamento atmosferico causato dal particolato fine, anche se nella maggior parte dei paesi il loro numero è in diminuzione grazie al calo delle emissioni e al miglioramento della qualità dell'aria. L’Italia è il paese dove ci sono in percentuale più 15 enni che fumano cannabis (il 15%)