Già dal titolo "Oltre la 180" il libro del prof. Cavicchi stimola una mia considerazione da familiare oltre che da presidente di una associazione che quotidianamente riceve contatti telefonici, via mail o attraverso il sito, da parte di familiari disperati ed in cerca di aiuto.
Il titolo dicevo, “Oltre la 180”, appunto oltre , andiamo oltre, cioè proseguiamo lungo un percorso iniziato più di 40 anni fa, un percorso che deve guardare avanti per superare ciò che non ha funzionato.
Si perché evidentemente, se oggi le cose vanno male, come da più parti segnalato dai pazienti e dai familiari, ma anche in questo forum, qualcosa deve essere aggiustato.
Forse sarebbe stato utile che la 180 fosse seguita da un “libretto delle istruzioni” anche se credo che 40 anni fa non esistevano le “Linee guida”. Credo che, come dice il Dr. Angelozzi in un commento su questo forum, si sia trattato di una “norma transitoria” pensata per favorire il passaggio dal sistema manicomiale ad un sistema “altro” non ben definito però nella sua applicazione concreta.
L’aver poi delegato alle Regioni le scelte di politica sanitaria con la legge 833, ha contribuito a creare disparità di trattamento nell’applicazione dei livelli essenziali di assistenza, cosa che non si verifica per le malattie organiche, con l’aggravante che per le malattie mentali, gioco forza, non si può ricorrere a centri o specialisti di Regioni diverse dal proprio contesto di vita diversamente da quanto accade con le altre malattie.
Comunque sia rimane il fatto che da semplici cittadini, da semplici pazienti o familiari, ci si trova in un mondo astratto e avulso dai quotidiani problemi, disperati e confusi nel districarsi tra psichiatria e antipsichiatria, psichiatria democratica e psichiatria (antidemocratica?) tra malattia e fenomeno sociale, quando sostanzialmente ciò che a noi interessa è una sola cosa, avere la certezza che le persone che soffrono di un disturbo mentale vengano curate e accompagnate verso il loro percorso di recovery ed autonomia nel rispetto della loro dignità e secondo le evidenze scientifiche, al di là delle varie ideologie.
Oggi purtroppo non dappertutto è così, le famiglie sono spesso lasciate sole e ancor peggio le persone sofferenti abbandonate al loro destino.
Come dice la dr.ssa Carozza, le persone con malattie mentale devono fare parte a pieno titolo della società; la malattia mentale è una malattia come le altre e, pertanto, passibile di cura e anche di guarigione; l'assistenza, la cura e la riabilitazione devono essere offerte nel luogo di vita delle persone e devono riguardare l’intero arco di vita.
Ma, nelle condizioni odierne, parlare di salute mentale di comunità, intendendo per comunità sia i servizi sanitari che quelli socio-sanitari e la società tutta, a me pare un po' azzardato soprattutto se in questa comunità non sempre esistono le strutture adeguate, non sempre esistono le equipe multidimensionali, non sempre esiste la presa in carico socio-sanitaria, non sempre esiste la psicoterapia adeguata allo specifico disturbo, mentre spesso esistono pregiudizi anche tra gli stessi operatori.
Antonella Algeri
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