Che l’ambiente di vita e di lavoro sia un determinante dello stato di salute è cosa nota. Ma quanto incidono, al contrario, sull’ambiente le attività relative alla salute? In particolare, qual è l’impatto di esami e terapie sul surriscaldamento globale? Se lo sono chiesti diversi ricercatori: i risultati degli studi, presentati a un convegno di Choosing Wisely - il progetto promosso da Slow Medicine con l’obiettivo di favorire il dialogo dei professionisti della salute con i pazienti e i cittadini su esami diagnostici, trattamenti e procedure a rischio di inappropriatezza - sono stati condivisi da Guido Giustetto, componente della Commissione “Salute e ambiente” e del Comitato Centrale della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, in occasione dell’ultimo Consiglio nazionale.
Da qui la nuova iniziativa “Green Choosing Wisely Italy”, promossa in collaborazione con l’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE: le conseguenze che esami, farmaci, altri trattamenti e procedure sanitari determinano sull’ecosistema rappresentano una ulteriore motivazione per la riduzione di quelli che non sono necessari, in linea con l’approccio One Health e Planetary Health. Le società scientifiche e i professionisti sono inoltre incoraggiati a sviluppare raccomandazioni su pratiche che provocano danno all’ambiente e a descrivere le conseguenze ambientali delle pratiche inappropriate.
“L’ambiente è un problema di salute, le modificazioni dell'ambiente incidono sulla salute – spiega Giustetto - ma c'è un altro rapporto molto interessante, che non sempre è noto: è il fatto che il sistema salute, il sistema delle organizzazioni sanitarie contribuisce, in una parte che non è proprio piccola, al riscaldamento globale. Alcuni studi calcolano questo valore intorno al 4 - 4,5 per cento. Quindi l’insieme delle nostre attività genera anch'esso un aumento delle temperature”.
“Facciamo degli esempi concreti – continua Giustetto, che è anche presidente dell’Ordine dei Medici di Torino - per capire di cosa parliamo. Se noi, per esempio, facciamo un esame del sangue, contribuiamo a produrre della anidride carbonica, della CO2, e quindi ad aumentare il calore. Per dare un'idea, per ogni mille test del sangue noi inquiniamo, attraverso la produzione di CO2, come se percorressimo 700 chilometri in automobile. Ma il dato più sconfortante è quello relativo alle tac, alle risonanze magnetiche. Una macchina per la risonanza magnetica che lavori per un anno mediamente produce una quantità di CO2 corrispondente all'inquinamento prodotto da un'auto che viaggi per 500mila chilometri”.
“Cosa possiamo allora fare come medici? – si chiede Giustetto - Noi abbiamo due strade: la prima è quella di cercare di rendere consapevoli le persone, e anche i nostri colleghi di questo fenomeno. La seconda è muoverci in concreto: quando decidiamo di prescrivere una risonanza, un esame del sangue, ricordarci che, se non è essenziale, se non è appropriata, se non è importante oltre a fare una cosa inutile, e quindi sprecare delle risorse, facciamo anche un danno perché aumentiamo il problema delle temperature e quindi la crisi climatica che stiamo vivendo”.