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Forum Aborto. Dopo la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti: cosa cambia per la medicina e la società. Il parere delle Chiese Valdesi, Metodiste e Battiste in Italia: “Il diritto di ogni donna all’assistenza sanitaria”

di Ilenya Goss

Il Parere formulato dalla Commissione per i problemi etici posti dalla scienza istituito dalle tre Chiese cristiane pone due elementi irrinunciabili: da un lato il diritto all’assistenza sanitaria, e dall’altro il riconoscimento della donna come soggetto morale a cui spetta la decisione. IL PARERE.

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La sentenza Dobbs della Corte Suprema degli Stati Uniti ha occupato nelle scorse settimane un certo spazio tra le notizie diffuse anche in Europa, provocando per qualche giorno una ripresa del dibattito intorno alla interruzione volontaria di gravidanza anche in Italia; nonostante le immediate dichiarazioni di alcune agenzie, di alcuni esponenti di forze politiche e di alcune istituzioni religiose, la risonanza ha iniziato ben presto a diminuire, togliendo rilievo a un dibattito che invece merita particolare attenzione.

La discussione etica intorno alle questioni di inizio vita, che comprende la valutazione di tutte le pratiche legate alla procreazione medicalmente assistita, ma anche l’interruzione volontaria di gravidanza, può essere impostata secondo modalità diverse a seconda della prospettiva adottata, dei presupposti ontologici, dei principi morali a partire dai quali si intende argomentare: sul piano giuridico, che in effetti è quello direttamente chiamato in causa dalle notizie giunte dagli Stati Uniti, un diritto garantito costituzionalmente in base al 14° emendamento (il diritto alla privacy come base del diritto della donna di compiere le proprie scelte riproduttive, compreso l’aborto) cessa di essere tale, mentre il compito di regolamentare la pratica viene delegato a ogni singolo Stato.

Le conseguenze di tale sentenza non tarderanno a diventare chiare, configurando uno scenario di disuguaglianza e di discriminazione che imporrà un prezzo gravoso e inaccettabile alle donne negli Stati Uniti. La decisione della Corte Suprema ha anche un significato più ampio se si riconsidera la storia che aveva condotto ad affermare il diritto di abortire nel 1973 (Sentenza Roe) e i suoi effetti di vasta portata sulla cultura e sull’etica medica.

L’interesse della discussione non è sfuggito alla Commissione per i problemi etici posti dalla scienza  (Commissione bioetica) di cui le Chiese Valdesi, Metodiste e Battiste in Italia hanno voluto dotarsi ormai più di trenta anni fa; costituita da un gruppo di esperti con competenze diverse la Commissione lavora nel segno della interdisciplinarità e si esprime attraverso la redazione di Documenti di studio e Pareri, intesi come servizio sia interno alle comunità sia esterno e rivolto a chiunque desideri compiere un approfondimento dei temi etico/bioetici in una prospettiva di pensiero cristiano protestante.

L’attenzione per quest’area di studi si inserisce nella postura propria delle chiese riformate italiane che hanno fatto della difesa della laicità dello Stato un aspetto importante della loro testimonianza pubblica: garantire a tutti la possibilità di esprimersi e di vivere compiendo le proprie scelte nella libertà e nel rispetto della collettività è un impegno connesso alla responsabilità intesa come tratto caratterizzante dell’etica teologica.

Il Parere presentato dalla Commissione sulla scorta delle notizie giunte dagli Stati Uniti si articola in quattro punti che in sintesi esprimono l’orientamento sulla questione della interruzione volontaria di gravidanza maturato negli anni a partire da considerazioni di tipo etico e teologico.

Nessuna messa in discussione della Legge 194

La Commissione si era espressa sul tema della interruzione volontaria di gravidanza già nel 1996, a poco meno di vent’anni dall’entrata in vigore della Legge 194 che regolamenta l’aborto in Italia. In quel testo si evidenziavano le carenze di una corretta campagna informativa rispetto ai diversi metodi contraccettivi e la necessità di un forte impegno in tal senso per poter rendere effettiva una maternità (e più in generale una genitorialità) responsabile; si sottolineava parimenti l’importanza di restituire dignità e autonomia alla donna come soggetto etico culturalmente riconosciuto in modo spesso insufficiente e gravato di aspettative sociali ingiuste e discriminanti; la legge 194 era considerata come una buona regolamentazione della interruzione volontaria di gravidanza proprio nel quadro generale di un provvedimento che mira alla tutela della maternità consapevole e responsabile.

Il Parere redatto in questi giorni dalla Commissione, senza negare la discutibilità morale dell’aborto, pone in primo piano considerazioni oggettive: la scelta di non portare a termine una gravidanza è una decisione non solo possibile, ma messa in atto dalle donne in varie situazioni, in diverse condizioni, e per motivi differenti.

Per questa ragione occorre concentrare l’attenzione sugli effetti deleteri e inaccettabili di un divieto evitando di inasprire la discussione intorno a principi che rischiano di ostacolare nuovamente l’effettiva possibilità per ogni donna che lo desideri di interrompere la gravidanza con una adeguata assistenza sanitaria, riportando la storia indietro di cinquant’anni.

La messa in evidenza di tale fattualità porta a individuare una prospettiva diversa sia da quanto affermano le posizioni che fanno leva esclusivamente sul principio di autonomia e sul diritto all’autodeterminazione della donna, sia dalle posizioni che affermano il diritto alla vita del nascituro negando alla donna il diritto di interrompere la gravidanza.

A monte di ciascuna delle due posizioni qui menzionate vi sono presupposti sui quali sia i bioeticisti sia l’opinione pubblica si dividono in base ai rispettivi quadri di significato, alle posizioni filosofiche, religiose e culturali con cui si identificano.

Il Parere della Commissione ha i suoi presupposti in una prospettiva etico-teologica che esige una presa in carico dei problemi e delle situazioni umane che tenga conto sia della diversità di appartenenza, di convinzioni, di obblighi di coscienza delle persone, sia della accettabilità delle conseguenze di ogni decisione, in un quadro di riferimento che ha cuore la vita, e fa della cura dell’altro e della accoglienza elementi irrinunciabili della relazione umana; per questa ragione si sottolinea che la regolamentazione dell’aborto è fondamentale per garantire alle donne l’assistenza sanitaria adeguata in ogni frangente, compresa una interruzione volontaria di gravidanza. Tale assistenza è il diritto che non può essere negato senza effetti sanitari, personali, sociali eticamente inaccettabili.

La responsabilità come principio-guida
La responsabilità come atteggiamento etico fondamentale ha due aspetti importanti rispetto alla questione della interruzione volontaria di gravidanza: il primo aspetto è la responsabilità collettiva che riguarda l’appoggio a una legge che la regolamenta (oppure al contrario la sua contestazione), mentre il secondo riguarda la considerazione della donna come soggetto etico e quindi responsabile (sempre in un contesto di relazioni di cura) delle proprie scelte.

Il primo aspetto chiama in causa soprattutto l’esigenza di considerare le conseguenze di ogni scelta: il divieto alla interruzione volontaria di gravidanza spinge nella clandestinità le donne che intendono abortire, con tutti i rischi per la loro salute fisica, l’equilibrio psichico e il benessere sociale che ne conseguono.

L’effetto sociale è essenzialmente quello di imporre condizioni punitive, aumentare la disuguaglianza tra cittadine, far risalire la curva dei danni alla salute temporanei o permanenti, nonché dei decessi, connessi a pratiche abortive non controllate medicalmente. Risulta evidente che la regolamentazione e la legalità dell’aborto sono quindi un traguardo raggiunto dopo un lungo percorso culturale, sociale e politico che non può e non deve essere perduto.

Il secondo aspetto mette in evidenza l’inalienabile libertà decisionale della donna come soggetto capace di scelte etiche a cui è affidata la responsabilità primaria rispetto alla sua gravidanza. Ruolo di una legge dello Stato in una democrazia liberale è a questo proposito garantire l’esercizio di tale responsabilità, e assicurare le condizioni sanitarie necessarie a evitare il più possibile conseguenze negative sulla salute e sul benessere, procurando di fornire tutta l’assistenza necessaria sia a evitare l’interruzione della gravidanza, sia a provvedere condizioni di sicurezza laddove sia deciso di compierla.

I due elementi irrinunciabili risultano essere da un lato il diritto all’assistenza sanitaria, e dall’altro il riconoscimento della donna come soggetto morale a cui spetta la decisione.

I quattro punti in cui si articola il Parere della Commissione sottolineano precisamente questi aspetti, senza addentrarsi nella discussione di altri presupposti legati alla definizione di diritti, di statuto ontologico del concepito o di altre questioni legate alla pratica abortiva: l’urgenza di evitare derive che annullino risultati fondamentali raggiunti dal cammino storico dell’Occidente impone infatti di osservare in prima battuta gli effetti delle decisioni di cui siamo responsabili.

Rimane indubbiamente doveroso il richiamo a non accantonare una questione che ha rilevanza da diversi punti di vista, non solo quello sanitario: la messa a rischio di conquiste sociali e culturali ha infatti potenziali ricadute di vasto raggio.

Si aggiunga per quanto riguarda la Commissione, un richiamo alla discussione di temi sensibili non solo nell’ambito laico della società civile nella quale ogni istituzione è posta come voce tra le altre che animano il dibattito e offrono contributi, ma anche in ambito ecumenico: soprattutto in Italia dove spesso il Cristianesimo è identificato con il Cattolicesimo romano è necessario offrire l’informazione adeguata che consenta a tutti di comprendere che esiste un modo altrettanto cristiano, ma molto differente, di affrontare le questioni etiche, sociali e civili.

Il presente Parere è offerto alla discussione, e proposto al Forum promosso da Quotidiano Sanità e Consulta di Bioetica, proprio in vista di una proficua discussione che metta in luce quanto è significativo e fondamentale rispetto a questo delicato tema bioetico.

Ilenya Goss, MD
Coordinatore della Commissione per i problemi etici posti dalla scienza delle Chiese Valdesi, Metodiste e Battiste in Italia

Leggi gli interventi precedenti: Maurizio MoriAnna Pompili, Corrado Melega.



13 luglio 2022
© Riproduzione riservata

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