Guerra, ambiente, sanità: “Nessuno si salva da solo”. Le riflessioni al BalTalk della Biblioteca Liberati
di Tiziano Costantini
Al centro dell’ultimo appuntamento promosso dalla Biblioteca Alessandro Liberati l'emergenza legata alla guerra e al suo impatto sull’ambiente, la sanità, le popolazioni e in generale sugli effetti che sta già avendo ed avrà sulla società europea e mondiale
11 MAR - “Nessuno si salva da solo”. Potremmo utilizzare questa frase per racchiudere il significato emerso dal webinar promosso dalla Biblioteca Alessandro Liberati e svoltosi il 9 marzo, sotto il coordinamento di
Marina Davoli, direttore del DEP Lazio, per dibattere sul tema ad oggi purtroppo più attuale, ovvero quello dell'emergenza legata alla guerra e al suo impatto sull’ambiente, la sanità, le popolazioni e in generale sugli effetti che sta già avendo ed avrà sulla società europea e mondiale.
L'idea è nata dai ricercatori del DEP, accodandosi agli appelli che si stanno via via succedendo, come quelli degli stessi medici russi che hanno pubblicato il 9 marzo una
lettera accorata sul BMJ, chiedendo il cessate il fuoco e dissociandosi dalla guerra in Ucraina. Ma ci sono numerose altre serie di prese di posizione tra scienziati, ricercatori e molti di coloro che lavorano nell'ambito della Sanità, che – come sottolinea
Antonio Addis del DEP, “hanno sentito l'esigenza di fare un po' il contrario di quello che sta succedendo, ovvero provare a ragionare”.
La guerra ci sta riportando in uno scenario che pensavamo di esserci messi alle spalle, quantomeno in Europa, ma che ci pone al cospetto di una moltitudine di situazioni di cui tener conto, come quella – sottolinea sempre Addis - di “una popolazione in fuga, scarsamente vaccinata, ancora afflitta pesantemente dalla pandemia, con ad oggi circa 2 milioni di profughi che si ammassano ai confini dell'Ucraina e degli altri paesi. In Italia, ad esempio, se ne registrano già circa 23mila”.
C'è una reale emergenza sanitaria, e quindi la necessità di parlare di tutte le conseguenze che questo disastro sta già facendo e nel BAL Talk sono stati affrontati proprio questi argomenti. Per farlo sono state invitate persone si occupano quotidianamente di questi temi, ed è stato chiesto loro cosa possano fare operatori sanitari e ricercatori e tutti noi, provando a prendere una posizione.
Tra questi c'era Lucia Bisceglia, presidente dell'Associazione Italiana di Epidemiologia, impegnata con l'Ares Puglia su tutta la parte legata all'emergenza Covid, ma ora anche in questa nuova emergenza. Epidemiologia e guerra, quindi, che vanno di pari passo. Ed è paradossale, ricorda proprio Bisceglia, perché in “questi ultimi due anni abbiamo avuto a che fare con una narrazione infarcita da terminologia bellica in riferimento alle azioni di contrasto alla pandemia, mentre oggi ci ritroviamo sostanzialmente a non aver aggettivi per descrivere la tragedia in corso.
Nell'ultimo periodo abbiamo parlato molto delle politiche dei co-benefici, che sono politiche di investimento e di crescita legate ad uno sviluppo in grado di promuovere il miglioramento della qualità ambientale e la tutela della salute: queste non sono soltanto politiche di sviluppo ma anche di pace, di mitigazione dei contrasti, di prevenzione delle violenze che non possono essere sganciate soprattutto in questa fase emergenziale da iniziative di sostegno ed accoglienza delle popolazioni che soffrono dei danni dei conflitti e dei danni ambientali.”
Popolazioni che devono ricevere il nostro sostegno, perché – come sottolinea, appunto, fermamente l'Assessore alla Sanità e integrazione Socio-Sanitaria della Regione Lazio
Alessio D'Amato, “nessuno si salva da solo. Un concetto amplificato dalla guerra in Ucraina e dai suoi effetti. È importante l'attenzione della comunità scientifica russa, perché dobbiamo favorire una pubblica presa di distanza da parte di coloro che professionalmente sono chiamati a salvare le persone.
Questa situazione putroppo non sarà breve ed arriva in una condizione aggravata dal Covid, che non abbiamo ancora sconfitto”. Un mix che rischia di essere esplosivo e in cui si innesta, come sottolinea sempre D'Amato “anche un elemento di stanchezza dei nostri operatori, che desidero però ringraziare perchè hanno risposto in maniera massiccia in tutta la regione. A partire dal lavoro che sta facendo il SAMIFO, il Centro per la Salute dei Migranti Forzati, grande è l’impegno che la Regione sta mettendo nel garantire l’assistenza a questa popolazione, particolarmente ai bambini, ai quali vengono offerti tutti i necessari interventi di cura e di prevenzione tra cui tutte le vaccinazioni, con un grande contributo anche dei pediatri”.
SAMIFO di cui è il direttore
Giancarlo Santone, anch'egli presente al BAL Talk e che ricorda come, oltre alle conseguenze dirette del conflitto sia importante occuparsi della salute mentale di queste persone che scappano da quelle zone, poiché “anche se non sembra una priorità immediata, sappiamo che una volta in sicurezza questi problemi emergono con forza e vanno affrontati. Diventa quindi importante una comunicazione chiara rivolta ai profughi e come SAMIFO abbiamo messo subito in campo mediatori linguistico-culturali”.
Perché queste persone, soprattutto, non devono assolutamente sentirsi abbandonate al cospetto di questa nuova realtà. Lo sottolinea Raffaela Milano di Save the Children Italia, che ricorda come queste situazioni siano “le più pericolose per i rischi di tratta e traffico di donne e minori ed è fondamentale rafforzare il contatto con le istituzioni e i sistemi di protezione e tutela”. Ma altrettanto importante è assicurare, anche in momenti di crisi, ai bambini la possibilità di essere riconosciuti nella loro infanzia, ed è per questo che Save the Children si è attivata – continua Milano - “con la costituzione di Child friendly spaces, ovvero spazi a misura di bambino, spazi fisici in campi profughi o in aree di confine, dove possono incontrare i loro coetaneni, recuperare il diritto al gioco, e dare al contempo ai genitori il modo di elaborare le emozioni scaturite dal confliltto”.
Ma per tutto questo è fondamentale la cooperazione internazionale, come emerge dalle parole di
Rebecca De Fiore dell'Associazione Alessandro Liberati Affiliate Cochrane Centre, che riparte dal 'nessuno si salva da solo' espresso dall'Assessore D'Amato, per ricordarci che “il problema degli altri è anche nostro, e la cooperazione globale è inevitabile per affrontare molte altre sfide che ci attendono. Basti pensare al cambiamento climatico, tema strettamente connesso alle guerre. La cooperazione internazionale durante la pandemia ha avuto effetti positivi, poiché proprio grazie al lavoro di rete della comunità scientifica è stato possibile realizzare un vaccino in meno di un anno, ma quando questa è mancata abbiamo visto quanto tutto diventi più difficile”. E proprio in riferimento a questo, Rebecca De Fiore rivolge di nuovo un pensiero al fatto che invece molte società scientifiche abbiano di recente sospeso la collaborazione con la Russia, e si chiede: “ma è più importante garantire la cooperazione internazionale all'interno della comunità scientifica o mandare un messaggio forte alla leadership russa in termini politici?
È sicuramente un argomento su cui riflettere, ma agire tutti insieme è fondamentale per tanti fattori correlati alla guerra, ad esempio il già citato cambiamento climatico, come ricorda anche
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia WWF Italia. “Questa guerra potrebbe essere la causa della chiusura della finestra che abbiamo per agire sul cambiamento climatico, che sta correndo veloce, e gli impatti sono peggiori del previsto. È una sfida che andrebbe risolta tutti insieme”. Senza contare che purtroppo stiamo parlando ancora di nuova emergenza, “però – sostiene ancora Midulla - non possiamo continuare ad affrontare le questioni a valle, quando avremmo potuto affrontarle a monte”.
Ma senza dubbio, ciò che va affrontato, oltre alle conseguenze dirette della guerra come le ferite di chi combatte, sono anche quelle legate allo sconvolgimento dei sistemi sanitari, altro tema delicato sui cui pone l'attenzione
Chiara Montaldo, medico dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, tornata proprio una settimana fa dal confine con l’Ucraina. “Chi fa terapie croniche, o ad esempio malati di HIV, si trova costretto ad interrompere trattamenti perché l'accesso alle strutture sanitarie, in paesi in cui già non è eccellente, si riduce ulteriormente, quindi oltre a morire sotto le bombe si muore perché non si ha l'accesso al sistema sanitario di base. E queste sono le conseguenze acute, ma ci sono poi quelle a medio e lungo termine non meno gravi, sia fisiche che psicologiche. Senza contare poi che gli ospedali stanno diventando veri e propri target, come abbiamo già visto in Afghanistan. Un tempo bastava mostrare la Croce rossa per esser protetto, ora non vale più, anzi a volte diventi proprio un bersaglio”.
Lo sa bene Roberto Pergameno, volontario di Emergency, associazione che in Afghanistan ha tre ospedali. Pergameno si sofferma in particolare sulla questione dell'approccio culturare al tema della guerra, ricordando
Gino Strada, “che ci ha lasciato recentemente e Dio solo sa quanto ci manca soprattutto in questi momenti in cui la guerra ci avvicina al punto da farci riflettere sui suoi insegnamenti e messaggi. 'Io non sono un pacifista, sono contro la guerra', amava ripetere Gino. Questo significava non entrare neanche in discussione sul tema, ma sottolineare come la guerra non può essere umanizzata, deve essere soltanto abolita”.
Sulla stessa linea è Gianni Tognoni, del Tribunale diritti dei popoli, che ribadisce che “L'unica risposta alla guerra è la pace. Della pace nessuno parla ma il ruolo più importante dei medici sarebbe quello di ripetere all'infinito di far cessare questa guerra subito. Altrimenti si andrà avanti, gli uni contro gli altri. È stata proposta un'ipotesi di pace molto concreta, ma è stata cancellata. I medici europei dovrebbero fare corpo comune, poiché il boicottaggio e le sanzioni fatti indiscriminatamente sono di per sé una sorta di atto di guerra”.
Dello stesso avviso anche Paola Michelozzi, direttore dell'Unità di Epidemiologia Ambientale, Occupazionale e Registro Tumori del DEP Lazio, che ricorda come non ci sia una presa di posizione netta contro la guerra e “bisognerebbe fermare le armi, fermare chi va a combattere, disarmare”. Ma tornando poi ai temi ambientali, Michelozzi sottolinea come “l'argomento della globalizzazione vale per gli effetti della guerra che ha ripercussioni immediate sulla fornitura di fonti energetiche e in grado di influenzare negativamente i pochi sforzi fatti finora per la transizione ecologica verso le emissioni zero. Nel 2021 abbiamo registrato le emissioni più alte in assoluto, quindi dopo quello scenario legato alla pandemia che ci faceva da questo punto di vista un po' sperare, stiamo consumando sempre più carbone, sempre più combustibili fossili e la Commissione Europea chiede in questi giorni di rivedere e accelerare la transizione energetica per dipendere meno dalla fornitura di gas russo, cose che però sapevamo già prima della guerra. Almeno la guerra ci dovrebbe spingere ad agire in questa direzione”.
Tantissimi quindi i temi correlati all'emergenza guerra e sviscerati in questo denso BAL Talk che ha comunque rappresentato, per usare le parole di
Marina Davoli, soltanto “un primo sasso gettato nello stagno”, e su cui i ricercatori del DEP e non solo cercheranno di dar luogo ad altri approfondimenti, anche mirati.
Perché purtroppo la sensazione è che di questa situazione e dei suoi effetti non ci libereremo a breve, ma per provare a farlo è necessario affrontarla tutti insieme ed uniti poiché, ribadiamo ancora una volta, nessuno si salva da solo.
Al seguente
link la lettera rivolta al Ministro della Salute
Roberto Speranza, in cui si chiede di promuovere nell'ambitod el Governo una iniziativa mirante a ottenere, attraverso i canali diplomatici più idonei, un immediato “cessate il fuoco”.
Al seguente
link, invece, l'appello per la pace dei medici e degli operatori sanitari russi e il link con la possibilità pergli operatori sanitari italiani di firmare la lettera aperta.
A cura di Tiziano Costantini
Dipartimento di Epidemologia SSR Lazio
11 marzo 2022
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