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Dove sta andando la sanità? Le criticità da risolvere e i pericoli da evitare

di Roberto Polillo e Mara Tognetti

La qualità del SSN e delle sue prestazioni, la garanzia alla prevenzione e alla cura, la promozione della salute non sono semplicemente e linearmente legate ai soli finanziamenti bensì al tipo di progetto di salute che un Paese si vuole dare, al suo sistema di governance e alle competenze e capacità di lavorare in modo integrato del personale tutto, senza sottovalutare l’importanza di attivazione dei cittadini nel processo di prevenzione e cura

24 FEB - Cose mai fatte prima: la posizione del Ministro Speranza
Il Ministro della salute Roberto Speranza, il giorno 20 febbraio, in occasione della celebrazione della seconda giornata del personale sanitario, ha rivendicato il suo impegno nel rafforzamento del Servizio sanitario Nazionale affermando “quando sono diventato ministro nel fondo sanitario c’erano 114 miliardi e si metteva più o meno un miliardo in più all’anno. Oggi con l’ultima legge di bilancio siamo a 124, mai in così breve tempo, sono state messe tante risorse” A questo si deve poi aggiungere “Il PNRR: 20 miliardi in un colpo solo a disposizione per rafforzare il SSN”. Infine, a conclusione del suo intervento ha citato il PON della salute un piano mai prima messo in campo per il Sud finanziato con i fondi europei”.
 
La posizione del sindacato medico ANAAO e delle altre OOS di categoria
Di tutt’altro tenore la posizione del principale sindacato medico della dipendenza l’ANAAO che nella sua direzione del 15 febbraio ha sollecitato una serie di interventi concreti per migliorare il SSN mettendo al primo posto il processo di definanziamento del SSN che lungi dall’arrestarsi, come sostiene il Ministro, si acuirebbe con la prospettiva di un fondo sanitario nazionale in rapporto al PIL più basso dell’epoca pre-pandemica. A questo si aggiungono una serie di altre criticità che riguardano sia il ruolo dei professionisti, equiparati ad operai specializzati, e il vulnus che, sulla tenuta del SSN universalistico, potrebbe rappresentare la concessione dell’autonomia differenziata portata avanti dal due presidenti dell’Emilia-Romagna e del Veneto, Bonaccini e Zaia.
 
Sulla condizione drammatica in cui versa la professione e che non sembra interessare molto al Ministro, ha invece fatto luce un’inchiesta della CIMO condotta sui 4258 medici ospedalieri siciliani da cui risulta un quadro disarmante e che può essere riassunto in poche cifre: solo il 23% degli intervistati continuerebbe a lavorare in un ospedale pubblico mentre il 26% andrebbe in pensione e il 23% fuggirebbe all’estero.
 
Di segno opposto la posizione della FIMMG e della FNOMCeo, di cui lo stesso sindacato dispone della Golden share, fortemente in sintonia con la decisione del Ministro di non prendere neanche in considerazione la proposta dei confederali e di numerose regioni di un passaggio a dipendenza dei medici di famiglia.
 
Più articolata la posizione di confederali che non risparmiano critiche al Ministro e che presentano posizioni diverse in merito al destino della convenzione per la medicina generale; in particolare FP CGIL, nel sostenere lo sciopero indetto dei medici di base aderenti a SMI e SIMET contro la bozza di ACN presentata dal governo, ritiene che il documento ministeriale di riordino delle cure territoriali, enfatizzato come rivoluzionario dallo stesso Ministro “non risponda alle esigenze riformatrici ma che al contrario rappresenti la riproposizione del modello esistente all’interno di case di comunità che rischiano di diventare uno spazio vuoto disabitato da persone e idee nuove”.
 
Lo stato di effettiva salute del nostro SSN
Abbiamo dunque visto come i principali stakeholder del campo istituzionale sanitario abbiano percezioni e posizioni fortemente contrastanti tra loro; trattasi di una lettura della realtà talmente diversa da quella del Ministro da non potere essere ignorata e da meritare, al contrario, un approfondimento nel merito.
 
E’ nostra intenzione inserirci in tale dibattito partendo dalle questioni effettivamente sul tappeto e cercando di delineare delle possibili soluzioni che rafforzino il nostro SSN che ancora oggi rappresenta uno dei nostri grandi asset pubblici.
Nel nostro lavoro affronteremo le questioni del finanziamento del SSN, del ruolo del personale della governance del sistema e della integrazione tra ospedale e territorio cercando di evidenziare le criticità da risolvere e i pericoli da evitare.
 
L’epidemia da COVID e la risposta dello Stato
Non c’ è dubbio che la grande epidemia da COVID 19, come sempre avvenuto nella storia umana, segna un prima e un dopo.
La diffusione planetaria di COVID 19, in quattro diverse ondate epidemiche, causate dall’emergere di nuovi varianti dello stesso virus, ha colto in nostro servizio sanitario nazionale (SSN) in grandi difficoltà. Difficoltà accumulatesi nel corso degli ultimi anni che hanno necessariamente richiesto una risposta decisa da parte dell’esecutivo con lo stanziamento di importanti finanziamenti e il varo di misure di riorganizzazione del nostro sistema sanitario. A questo si è aggiunto, come ricordato dal Ministro, il contributo della UE con l’approvazione del PNRR con aggiuntivi 20 miliardi, il cui obbiettivo 6 è espressamente dedicato al potenziamento del servizio sanitario.
 
La condizione del SSN prima del COVID
Abbiamo più volte ricordato come negli anni precedenti l’epidemia il SSN abbia subito un pesante arretramento in termini di risorse finanziarie, di strutture e di personale dedicato; il finanziamento si è attestato a un percentuale del 6,8%, rispetto al PIL fortemente inferiore da quella degli altri paesi del vecchio continente simile al nostro, registrando una minima variazione su base annua (di appena lo 0,1% nel periodo compreso tra il 2009-2017). Lo stesso dicasi per il 2019 dove il valore è rimasto sostanzialmente eguale nonostante un incremento del 1,4% rispetto all’anno precedente.
 
Il numero di strutture ospedaliere è sensibilmente diminuito e di pari passo si è continuato a operare una significativa riduzione dei Posti letto ospedalieri: passati in valore percentuale per mille abitanti dal 5,8 nel 1998 al 4,3 nel 2007 e al 3,6 nel 2017 e in numero assoluto dai 311.000 attivi del 1998 ai 191,000 del 2017 (Annuario statistico del SSN 2019).
 
Tale fenomeno non è stato né accompagnato né mitigato da un potenziamento delle cure primarie che nel nostro ordinamento, tra riforme incompiute e istanze corporative, sono rimaste la grande cenerentola del SSN, con effetti marcati sui livelli di assistenza
Pesante anche il progressivo impoverimento delle risorse umane con un personale ospedaliero diminuito del 7%; con i medici a meno 6% e gli infermieri a meno 5%. Una riduzione da addebitarsi in maniera prevalente alla legge 191/2009 di contenimento della spesa e alla legge 296/2006 di blocco del turnover.
 
I provvedimenti emergenziali assunti dal governo
Le risorse stanziate dai governi per fronteggiare l’epidemia sono state di importi significativi; prevalentemente orientate alla spesa per investimenti e finalizzate a interventi molto parcellari tra loro mentre molto modesta è stata la componente utilizzabile per spesa corrente.
Assumendo come riferimento il Patto per la salute 2019-2021 le risorse messe a disposizioni come rideterminate dalla legge di Bilancio 145/ 2018 erano pari a 114.439 del 2019 di 2000 milioni per il 2020 e di ulteriori 1500 milioni per il 2021 a cui si aggiungevano 10 milioni di euro per la formazione dei medici di famiglia.
 
Con i diversi provvedimenti varati (Dl18/2020; decreto 34/2020; decreto 104/2020) e legge 126/2020) il Fondo sanitario è stato rideterminato in 120.517 milioni per il 2020 e in 121.370 milioni per il 2021. La legge di Bilancio ha fatto il resto portando il finanziamento per il 2022 a 124.061 a cui si aggiungono 284 milioni di ulteriori finanziamenti con ulteriori incrementi nei due anni successivi (vedi tabella 1).
 

 
Che cosa fare
Risorse importanti quelle in gioco ma che hanno un carattere di forte debolezza poiché non sono ancorate ad un disegno organico della riconfigurazione del SSN, (troppo spostate sulla spesa per investimenti e troppo poco utilizzabili per spesa corrente) e del ruolo di tutto il personale sanitario a partire dai medici di famiglia.
 
Risorse importanti e che tuttavia non riescono a modificare quel rapporto Finanziamento /PIL che secondo il DEF 2021 scenderà al 6,6% nel 2023 e ancora di più al 6,3 nel 2024.
 
L’elemento della frammentazione sembra essere l’unico file rouge che connota gli interventi finanziari e di programmazione relativi al SSN.
Nonostante la pandemia da COVID 19 e quello che ci ha insegnato o quello che avremmo dovuto apprendere, la salute non è ancora intesa come bene collettivo, comune ma piuttosto un campo di scontro e di potere delle diverse categorie e dei diversi decisori.
 
La questione integrazione fra sistema specialistico (Ospedali), sistema intermedio (Ospedali di Comunità) sistema territoriale (Case di Comunità e interventi di prossimità) è una questione sottovalutata e taciuta poiché più che pensare ad un unico sistema organico e integrato si ragiona per appartenenze e per flussi finanziari senza perseguire la finalità ultima di promozione della salute e di cura appropriata.
Solo un sistema organico con compiti e funzioni specifiche ma fortemente integrato potrà garantire equità di accesso, garanzia delle prestazioni e cosa più importante contenimento degli sprechi delle risorse.
 
Ancora una volta emerge come solo guardando al SSN quale sistema unico, pur con le sue specificità, sarà possibile prefigurare un’articolazione di servizio sanitario capace allo stesso tempo di rispondere ad un bisogno universale anche se declinato territorialmente.
 
Declinazione territoriale o regionalizzazione, che non significa differenziazione o regionalismo differenziato, ma piuttosto capacità di cogliere e valorizzare le specificità regionali, superando i possibili limiti regionali, che costituiscono stimolo di miglioramento e di valorizzazione di pratiche estendibili e utili per tutti i territori. Il regionalismo differenziato rappresenta un grande rischio per il bene comune salute in quanto non si tratta di una collaborazione virtuosa ma una concorrenza per campi di potere che arricchiranno categorie e singoli attori a scapito della salute dei cittadini.
 
E’ proprio il regionalismo differenziato di questi ultimi decenni che ha prodotto le forti disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie, negli esiti di salute difformi, nell’incidenza di morbilità e mortalità del periodo della pandemia. Per non citare la mortalità fra il personale sanitario, medici e infermieri in primis.
 
La qualità del SSN e delle sue prestazioni, la garanzia alla prevenzione e alla cura, la promozione della salute non sono semplicemente e linearmente legati ai soli finanziamenti bensì al tipo di progetto di salute che un Paese si vuole dare, al suo sistema di governance e alle competenze e capacità di lavorare in modo integrato del personale tutto, senza sottovalutare l’importanza di attivazione dei cittadini nel processo di prevenzione e cura.
Solo una collaborazione anche competitiva fra le Regioni ma virtuosamente solidale e generativa potrà rigenerare il nostro SSN che pur con i suoi molti limiti è riuscito a tenere nelle quattro ondate della pandemia.
 
Chiudiamo il nostro contributo con alcune parole chiave base essenziale di un sistema preventivo e promozionale della salute: capitale umano, risorse finanziarie, capitale culturale, integrazione fra ospedale e territorio, regionalismo solidaristico e collaborativo.
 
Roberto Polillo e Mara Tognetti

24 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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