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Radioterapia. Scarso monitoraggio delle tecnologie presenti e differenze regionali


12 MAG - La radioterapia oncologica è una di queste. La disciplina utilizza tecnologie sofisticate e di accreditata efficacia per curare il cancro. È attualmente impiegata nella cura del 60-70% degli ammalati di cancro e si stima che il fabbisogno di radioterapia in Europa si accrescerà di oltre il 15% nei prossimi 10 anni.
 
Paradossalmente, però, il numero di LINAC acquistati e la loro vetustà è, invece, attualmente sconosciuto, in quanto un vero monitoraggio di questi dispositivi costosissimi è stato solo di recente introdotto normativamente con l’emanazione del decreto del 22 aprile 2014: (“Istituzione del flusso informativo per il monitoraggio delle grandi apparecchiature sanitarie in uso presso le strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private non accreditate”). Non essendo, quindi, noto il numero esatto di acceleratori installati e la loro vetustà, è impossibile valutare se le risorse impiegate nella disciplina radioterapica siano rispondenti al “carico di tumori per anno” e quali investimenti si debbano pianificare per il futuro.
 
I dati noti e relativi al numero di acceleratori sono molto eterogenei: dai 340 LINAC nel 2011 del 2013 ai 419 che risultano da una indagine dell’AIRO compilata su base volontaria. La distribuzione di acceleratori in Italia –secondo l’AIRO - passa da popolazioni di 102.000 abitanti/unità di trattamento come in Friuli Venezia Giulia a 282.000 abitanti/unità di trattamento in Calabria, con una media italiana apparentemente migliore di quella europea (144.000 abitanti vs 180.000 abitanti per unità di trattamento). Inoltre il problema non è solo relativo al nord-sud dell’Italia, ma anche alle variabili tra provincia a provincia nella stessa regione (ad es. la provincia di Cuneo ha 1 acceleratore per 300.000 abitanti – di cui uno vecchio di 16 anni - e la vicina Val d’Aosta con 1 Tomoterapia per 120.000 abitanti circa).
 
Non essendo noto il numero effettivo di acceleratori è ovviamente impossibile il monitoraggio dell’attività svolta da ognuno di questi circa il numero di pazienti per anno trattati dalle singole unità di trattamento.
Nella normale pianificazione della spesa sanitaria e nell’attuale contingenza critica della spesa pubblica, è necessario conoscere quanti malati quell’apparecchio ha curato e non ricavare tale dato da indicatori indiretti come numero di sedute, radiografi e etc.
 
La legge, invece, equiparando la radioterapia a prestazioni di medicina fi sica e riabilitativa (Dl n. 382 e succ.) ha fatto sì che la spesa sanitaria per l’attività radioterapica venga oggi rendicontata attraverso un insieme di voci elencate in un nomenclatore risalente al 1996 che scompone un intero trattamento radioterapico in tanti minimi atti di intervento: seduta radioterapica, immobilizzazione del paziente, radiografia di centratura etc. Questa modalità di rendicontazione dell’attività della radioterapia impedisce all’ordinatore della spesa (nel nostro Paese è lo Stato) di conoscere il reale numero di pazienti trattati per centro e per singola apparecchiatura.
 
Per ovviare a queste disfunzioni, che aggravano la spesa sanitaria, si ritiene che debbano essere intraprese obbligatoriamente iniziative per il superamento delle criticità descritte una forte volontà applicativa del censimento promosso con il Decreto del 22 aprile 2014 e la modificazione del tariffario alla stregua dei DRG o gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate (isorisorse). Solo compiendo tali passi si potrà pervenire alla pianificazione di una corretta distribuzione delle apparecchiature sul territorio nazionale con acquisti e dismissioni razionali.

12 maggio 2016
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