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Mangiavalli (Ipasvi): “I risparmi del Ssn sulle spalle di chi ci lavora”


27 MAG - “La Relazione della Banca d’Italia – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Ipasvi – conferma in sostanza , le nostre ultime analisi. Anche se non con toni di allarme poiché comunque si tratta di un’analisi economica e il Servizio sanitario indubbiamente risparmia. Ma sulle spalle di chi? La spesa aumenta a causa dei servizi intermedi, quelli cioè non legati alle prestazioni direttamente erogate dal Ssn che cerca al suo esterno il modo di supplire ai servizi che per colpa dei finanziamenti all’osso non riesce a erogare. Calano gli organici, diminuisce la spesa per il personale, le prestazioni nelle Regioni in piano di rientro (praticamente quasi tutto il Sud e parte del Centro) sono più scadenti che  nel resto d’Italia”.
 
“E come abbiamo sottolineato chiedendo un intervento urgente del Governo – prosegue Mangiacavalli -  il livello inferiore dei servizi in queste Regioni ha come cartina di tornasole quelli che la Banca d’Italia definisce ‘significativi flussi di mobilità’,  che in realtà altro non sono se non la ricerca dei pazienti di soddisfare i propri bisogni sanitari. I tagli lineari che, nonostante impegni e garanzie assunti dai diversi governi di agire con  meccanismi di spending review per incidere su inefficienze e inappropriatezze hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare i provvedimenti normativi, dimostrano la miopia e la mancanza di coraggio dei diversi decisori istituzionali e politici”.
 
“Con questo meccanismo - continua - stiamo depauperando patrimoni professionali e competenze, due elementi determinanti se vogliamo veramente introdurre in sanità modelli organizzativi e funzionali innovativi che, favorendo il lavoro interprofessionale, possano essere garanzia di sicurezza e appropriatezza del sistema salute, nel rispetto del diritto fondamentale sancito dall’art. 32 della Costituzione”.
 
 
“Occorre infine - conclude Mangiacavalli - che la misurazione e valutazione degli esiti delle cure non restino solo speculazione accademica e teorica di pochi, ma diventino modalità ordinaria del necessario lavoro di equipé che si deve realizzare in sanità. Se non passiamo dal ‘si dovrebbe fare, si potrebbe fare’ all’‘abbiamo fatto’, dobbiamo essere consapevoli, come sistema salute, di far venire meno il mandato valoriale e deontologico che accomuna le professioni sanitarie”.

27 maggio 2015
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