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Il valore dell'industria farmaceutica. E' ai primi posti in Italia e in Europa


20 APR - L’industria del farmaco italiana è importante. Lo è sul territorio nazionale e anche su quello Europeo. Il suo valore, sia in termini di produzione che in numero di imprese e di addetti, è infatti tra i più alti. Lo dimostrano chiaramente i dati illustrati nel Rapporto presentato oggi dal Censis-Forum per la ricerca biomedica: nel 2013 le imprese italiane operanti nel settore farmaceutico erano 311, impiegavano 62.300 occupati e sviluppavano un valore della produzione pari a oltre 27 miliardi di euro (27.611 mln), superiore a quello delle vendite, di poco inferiore ai 21 miliardi (20.820 mln). Questi valori assoluti, tradotti in termini percentuali, equivalgono a quote di valore della produzione e delle vendite rispettivamente pari al 25,5% e al 18% del totale sviluppato dai paesi Big UE 5 (Germania, Italia, Francia, Regno Unito e Spagna), ovvero al 2° e al 3° posto nella graduatoria europea, dopo la Germania per il valore della produzione e la Germania e la Francia per il valore delle vendite.

Restringendo lo spettro di analisi all’area della ricerca e dello sviluppo promossi dall’industria farmaceutica, i relativi investimenti delle imprese del farmaco ammontano a 1.220 milioni di euro, pari al 4,2% degli investimenti totali effettuati in Europa, mentre il numero degli addetti impiegato in tali attività è pari a 5.950 unità (5,5% del totale addetti del settore). Tali quote, per quanto inferiori a quelle riscontrabili nei principali partner europei, quali la Germania, la Francia e il Regno Unito - dove si investono quote di risorse in R&S notevolmente superiori a quelle nazionali (Regno Unito 18,1% Germania 19,1%, Francia 15,3% di investimenti in R&S sul totale) e dove, conseguentemente, viene impiegato un numero di addetti altrettanto superiore (Regno Unito 21,2%, Francia 18,7% e Germania 18,8%) - se rapportate al contesto produttivo nazionale risultano avere un peso specifico rilevante. Infatti, i dati diffusi da Farmindustria per il settore farmaceutico e biotech evidenziano come il contributo di questi settori industriali al totale degli investimenti in R&S sia significativo: nel 2013 gli investimenti promossi dal settore nel complesso sono stati pari a 9,3% rispetto al totale degli equivalenti investimenti promossi da tutte le imprese e, per le sole imprese farmaceutiche, all’8,2%. Tali percentuali salgono rispettivamente al 12,2% e al 10,8%, se si restringe il totale degli investimenti in R&S alle sole imprese manifatturiere.

Con specifico riguardo al Red biotech, il settore delle biotecnologie che si occupa dei processi biomedici e farmaceutici, stando agli ultimi dati disponibili, tale settore in Italia si compone di 241 aziende, di cui 176 specializzate nella ricerca e produzione di farmaci biotech.
Allo stato attuale è possibile rilevare che, anche per la pipeline dei farmaci biotech, i prodotti destinati alle terapie oncologiche (169 pari al 42,0% del totale) costituiscono la principale componente. Seguono a distanza, come prodotti più ricorrenti, quelli per la cura di infiammazioni e malattie autoimmuni (41), di malattie infettive (41), patologie neurologiche (36) e di malattie metaboliche epatiche ed endocrine (30).

Infine, il rapporto spiega come un indicatore utile per valutare anche se indirettamente vitalità e dinamismo delle biotecnologie in ambito biomedico sia quello dato dal numero dei brevetti presentati tra il 2001 e il 2011 allo European Patent Office relativamente alle sperimentazioni negli ambiti della microbiologia e dell’ingegneria genetica. I dati contenuti nel Rapporto indicano come negli anni considerati l’incidenza dei brevetti biotech italiani sul totale dei brevetti High-tech si sia mantenuta ampiamente sopra le due cifre percentuali, attestandosi sul 16,4% nel 2002, scendendo al 15,9%% nel 2007 ed al 13,5% nel 2011, per poi risalire al 15,1% nel 2012.

 

20 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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