Silvestro (Ipasvi): “Più tagli, meno programmazione: un’equazione che danneggia servizi e pazienti”
20 OTT - "I risultati che il Programma nazionale esiti 2014, presentato oggi dall’Agenas, indicano, confermano indirettamente i timori e gli allarmi che il mondo delle professioni sta ormai lanciando da mesi: migliorano molti indici di mortalità e di efficienza nel 2013 rispetto al 2012 grazie a un’assistenza ancora una volta riconosciuta tra le prime al mondo, ma non per una serie di interventi che sono la cartina di tornasole della ricerca di cure migliori da parte dei cittadini che emigrano in altre Regioni (quasi sempre al Nord dove la spending review ha contenuto i suoi effetti), della mancanza di assistenza nella fase di mantenimento post-intervento anche per l’effetto 'svuotamento' di personale dagli ospedali nelle Regioni dove gli infermieri sono ormai all’osso e i piani di rientro dettano condizioni di miglioramento solo economiche e della mancanza di organizzazione del territorio per garantire la continuità assistenziale". Questo il commento di
Annalisa Silvestro, presidente della Federazione nazionale Ipasvi e senatrice in commissione Igiene e sanità.
Il personale riduce la mortalità
Accade così che confrontando i dati – mediamente peggiorati a livello nazionale – a esempio dei ricoveri per tumore alla mammella, alla prostata, o quelli di mortalità per neoplasie del retto, con i dati della mobilità sanitaria, si scopre che praticamente da tutte le Regioni in piano di rientro (tranne il Lazio), per curare i tumori i pazienti più gravi emigrano soprattutto al Nord, con Lombardia ed Emilia Romagna tra le mete più gettonate. E con la conseguenza di peggiorare i dati complessivi di queste Regioni di eccellenza - comunque ancora molto buoni nonostante tutto - costrette ad assistere le forme più gravi e invasive di queste patologie perché è da loro che si organizza l’alta specialità.
“E pensare – commentaSilvestro - che recenti studi in Italia e all’estero hanno dimostrato a esempio che la carenza di personale infermieristico o il sovraccarico di lavoro ha come prima conseguenza un aumento del rischio di mortalità di almeno il 7%: meno personale più risparmio forse, ma anche meno qualità del servizio e sicurezza dei pazienti, il dato lo dimostra”.
Inappropriatezza come conseguenza dei tagli
E dal Programma nazionale esiti arriva un’altra conferma: il territorio che non c’è. “In un momento di caccia al risparmio si alza paradossalmente l’asticella dei costi – continua Silvestro - riportando nei letti di ospedale nel 2013 rispetto al 2012 molti pazienti per interventi considerati inappropriati in ricovero come le tonsillectomie e gli interventi di stripping di vene (con aumenti medi dei ricoveri rispettivamente del 42 e del 136%) , considerati già prima del vecchio Patto per la salute tra i ricoveri da evitare per quei 108 raggruppamenti diagnostici che se assisti fuori dall’ospedale avrebbero dovuto portare a risparmi di oltre un miliardo”.
Pronto soccorso “tampone” del territorio
Infine un altro dato conferma la situazione denunciata a gran voce da medici e infermieri: al pronto soccorso c’è ancora un eccesso di codici bianchi che non dovrebbero nemmeno arrivare in corsia (nel 2013 il 13,7% degli oltre 19milioni di interventi), i codici verdi (meno gravi e spesso assistibili fuori dell’ospedale) cono la stragrande maggioranza delle tipologie di intervento (67,3%) ma soprattutto esistono ancora più del 10% di pazienti che in pronto soccorso restano oltre le 12 ore (l’1,7% anche oltre le 24 e del più del 6% non si identifica la soluzione finale). “E’ la dimostrazione – commenta Silvestro - che negli ospedali chi assiste non ce la fa ad ammortizzare la richiesta e che il filtro del territorio fa acqua da tutte le parti”.
“Le alternative ci sono: le Regioni intervengano“
Lo abbiamo proposto a tutti i livelli e lo rilanciamo ancora - conclude Silvestro -: si aggrediscano le duplicazioni esistenti di centri decisionali, di funzioni e strutture che non danno risposte ai veri bisogni dei cittadini e che assorbono risorse impropriamente e penalizzano l'equità di accesso alle cure. Queste, oltre agli altri sprechi, sono le cose su cui le Regioni devono coraggiosamente intervenire per ottenere veri e duraturi risparmi, non riducendo il numero dei professionisti dedicati alla cura e all'assistenza, mettendo così a rischio (i dati parlano chiaro) oltre alla tenuta del sistema anche la salute dei pazienti”.
20 ottobre 2014
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