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La salute degli italiani. Siamo sempre più longevi, ma anche fragili e non autosufficienti


16 APR - Gli italiani sono sempre più anziani, fragili e non autonomi, mentre si dirada sempre di più il “futuro del Paese”, i bambini e i giovani, in particolare si riducono gli individui potenzialmente in età da lavoro. Il Paese è ringiovanito solo dai cittadini stranieri che hanno una demografia a favore delle classi di età più giovani. La popolazione più anziana è soprattutto donna e sono più che raddoppiati in dieci anni gli ultracentenari. La speranza di vita della popolazione è in crescita, soprattutto grazie al contributo dato dalla riduzione di mortalità per tumori e malattie del sistema circolatorio. Ecco il quadro del rapporto Osservasalute 2013.

L’Italia è un Paese anziano e “non autonomo”, ringiovanito solo dagli stranieri – L’Italia è sempre più popolata da anziani e una fascia di popolazione sempre più ampia non è autonoma, nel senso che dipende da altri dal punto di vista economico. Lo si vede da alcuni nuovi indicatori presi in esame per la prima volta in questa edizione del rapporto e precisamente l’indice di vecchiaia (IV) che rappresenta un indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione e si ottiene rapportando l’ammontare della popolazione “anziana” (65 anni e oltre) e quello dei bambini (0-14 anni). L’IV descrive un’Italia sempre più anziana: calcolato per il complesso dei residenti (italiani più stranieri) è pari nel 2011 a 148,7: in altre parole ogni 100 giovani di età minore di 15 anni risiedono in Italia oltre 148 persone di 65 anni e oltre. L’IV assume valori particolarmente elevati in Liguria (238,4 per 100), Friuli Venezia Giulia (190 per 100) e Toscana (187,3 per 100). All'opposto, valori contenuti si sono registrati in Campania (101,9 per 100), nella PA di Bolzano (111,1 per 100) e Sicilia (126,2 per 100).
Il Paese è ringiovanito dagli stranieri, infatti italiani e stranieri hanno una struttura per età estremamente differente. L’IV per gli italiani è pari a 163,6 (per 100) contro l’11,6 (per 100) di quello calcolato per i residenti con cittadinanza straniera. I cittadini stranieri, quindi, contribuiscono a “ringiovanire” la popolazione residente e presentano valori dell’IV particolarmente contenuti a causa sia dello scarso peso della popolazione anziana che dell’alta natalità.

Poi c’è l’indice di dipendenza (ID) che rapporta la quota delle persone teoricamente dipendenti da un punto di vista economico (ossia i più giovani e i più anziani) alle persone in età da lavoro, che si presume debbano sostenerle. A livello nazionale, l’ID è pari a 53,5: ovvero, ogni 100 persone in età attiva (15-64 anni) ce ne sono 53,5 che per motivi di età sono potenzialmente da loro “dipendenti”. Anche in questo caso il valore più elevato si registra in Liguria (63,8 per 100), mentre quello più contenuto in Sardegna (47,7 per 100). Lo stesso indicatore calcolato per i residenti stranieri è pari a 29,1 (per 100).

L’Indice di Struttura della popolazione attiva (IS) esprime, invece, il grado di invecchiamento di uno specifico settore della popolazione, ossia la popolazione in età da lavoro. Esso si ottiene rapportando le venticinque generazioni più anziane (cioè il segmento di popolazione 40-64 anni) alle venticinque più giovani (15-39 anni) che si suppone nel tempo si debbano sostituire alle più invecchiate. L’IS della popolazione attiva è pari a 120,7: ossia ogni 100 residenti di 15-39 anni ce ne sono poco più di 120 della fascia di età 40-64 anni.
L’indicatore, che ancora una volta raggiunge il suo massimo in Liguria (150,5 per 100) e il suo minimo in Campania (102,0 per 100), è un’ulteriore misura dell’invecchiamento della popolazione in quanto le venticinque generazioni più giovani di quelle in età attiva sono meno numerose delle venticinque generazioni più vecchie.

L’Italia si conferma sempre più vecchia – Nel Rapporto 2013 sono utilizzati i dati del 15° censimento e si vede che nel 2011 la popolazione in età 65-74 anni rappresenta il 10,5% del totale della popolazione residente; i valori regionali variano da un minimo dell’8,7% della Campania a un massimo di 13,1% della Liguria. Si conferma il differente peso della popolazione in età 65-74 anni tra gli italiani e gli stranieri. Infatti, per la componente italiana questi rappresentano l’11,1% della popolazione residente contro l’1,7% della componente straniera.
I “molto anziani” (75-84 anni) rappresentano il 7,5% del totale della popolazione, ma, anche in questo caso, è possibile notare delle differenze geografiche.
In Liguria, che come detto è la regione con la struttura per età più sbilanciata verso le classi di età maggiori rispetto alle altre regioni, tale contingente rappresenta ben il 10,2% del totale, ma valori elevati vengono riscontrati anche in Umbria e Molise (entrambe 8,8%). Infine la popolazione dei “grandi vecchi” è pari al 2,8% del totale della popolazione residente con massimi del 4,2% della popolazione in Liguria e di oltre il 3% in Piemonte, PA di Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise. La quota di popolazione straniera in questa fascia di età è del tutto irrisoria: solo lo 0,1% di questi ha 85 anni ed oltre.
Più gli anni passano, più l’Italia è “rosa” - Si registra l’aumento della componente femminile all’aumentare dell’età: la quota di donne è del 53,3% tra gli anziani di 65-74 anni, diventa del 58,9% tra i molto anziani di 75-84 anni e arriva al 69,6% tra i grandi vecchi (85 anni ed oltre).

Più che raddoppiati gli ultracentenari negli ultimi dieci anni (2002-2011) - Quest’anno il rapporto guarda anche all’ammontare della popolazione di 100 anni e più per entrambi i sessi. Questo segmento di popolazione è cresciuto in modo consistente nell’ultimo decennio (2002-2011). In particolare, gli ultracentenari sono più che raddoppiati, passando da poco più di 6.100 nel 2002 a oltre 13.500 nel 2011. Le donne sono la maggioranza: nel 2011, infatti, le donne rappresentano l’82,8% del totale degli ultracentenari.
In termini relativi, nel 2002, ogni 10.000 residenti uno era ultracentenario, mentre nel 2011 ben più di due. Se si considera il solo contingente femminile, negli stessi anni si è passati da 1,8 a 3,7 ultracentenarie ogni 10.000 residenti.

Speranza di vita in crescita, si muore meno tra zero e 84 anni – La speranza di vita alla nascita nel 2010 è di 79,4 anni per gli uomini e 84,5 anni per le donne. Complessivamente dal 2006 gli uomini hanno guadagnato un anno di vita (365 gg) e le donne 0,5 anni (ovvero 183 gg). Continua, quindi, ad aumentare la sopravvivenza media degli italiani e si assiste a un progressivo ravvicinamento della durata media della vita tra gli uomini e le donne. Il massimo divario di genere si osserva nel 1992, anno nel quale le donne hanno una speranza di vita di 6,6 anni più elevata rispetto agli uomini; nel 2010, tale distanza si riduce a 5,1 anni.
Quest’anno gli autori hanno anche scomposto l’incremento della sopravvivenza guardando ai contributi delle seguenti classi di età: 0-18, 19-64, 65-74 e 75 anni ed oltre. È emerso che dei 365 giorni di vita guadagnati in media dagli uomini, ben 276 giorni sono ascrivibili alla riduzione della mortalità tra 0-74 anni (le classi 0-18, 19-64 e 65-74 anni hanno tutte contributi positivi) e 88 giorni nella fascia di età 75 anni ed oltre.
Le donne hanno, invece, guadagnato complessivamente 123 giorni per effetto della riduzione della mortalità entro i 74 anni e 59 giorni nella classe 75 anni ed oltre.

Nel confronto tra i due generi, la riduzione delle differenze nella speranza di vita è quasi tutta da attribuire alla migliore performance degli uomini rispetto alle donne nelle età tra 0-74 anni (+276 gg vs +124 gg).
A livello regionale, esistono ancora forti differenze, sebbene la geografia della mortalità tenda nel tempo a divenire più omogenea. Tanto per gli uomini che per le donne, la Campania (2006: maschi 76,9 anni e femmine 82,5 anni; 2010: maschi 77,8 anni e femmine 82,8 anni) ha valori della speranza di vita tra i più bassi, sia nel 2006 sia nel 2010, e il divario con il valore nazionale aumenta nel tempo. L’incremento della sopravvivenza in questa regione è, infatti, lievemente più basso di quello osservato per l’Italia.
Tra le aree più favorite in termini di sopravvivenza troviamo le Marche, la PA di Trento e la PA di Bolzano; quest’ultima, nel 2010 è l’area geografica con la più alta speranza di vita per gli uomini (80,5 anni) e la terza per le donne (85,3 anni). È invece la PA di Trento che nel 2010 presenta il più alto valore della speranza di vita femminile (85,5 anni).

Si muore di più per disturbi psichici e malattie del sistema nervoso, di meno per tumori e malattie cardiovascolari - Il Rapporto indica quest’anno anche quali sono le cause di morte che hanno avuto un ruolo importante nella recente evoluzione della sopravvivenza in Italia.
In Italia, il tasso standardizzato di mortalità è in riduzione ed è passato da 112,6 nel 2006 a 105,9 nel 2010 per 10.000 negli uomini e da 68,7 nel 2006 a 66,8 nel 2010 per 10.000 nelle donne. Gli uomini hanno, mediamente, livelli più alti di mortalità (in particolare, per le malattie del sistema cardiocircolatorio e i tumori), ma tra il 2006 e il 2010 è proprio la mortalità a ridursi di più.

Se andiamo a vedere nel dettaglio, si evidenzia che si muore meno per tumori maligni, malattie del sistema circolatorio, malattie dell'apparato digerente e cause di morte violenta, ma si muore di più per disturbi psichici e comportamentali e malattie del sistema nervoso.
Per le donne i miglioramenti nella sopravvivenza si devono soprattutto a riduzione della mortalità per malattie del sistema circolatorio, infatti le donne hanno guadagnato 131 giorni di vita dal 2006 al 2010 per riduzione della mortalità per queste malattie.
Mentre un contributo negativo che pesa sulla speranza di vita femminile è la mortalità per disturbi psichici e malattie del sistema nervoso (che hanno tolto 27 giorni di vita alle donne tra 2006 e 2010).

Per gli uomini la speranza di vita è aumentata soprattutto grazie alla riduzione della mortalità per i tumori maligni (hanno guadagnato 115 giorni da 2006 a 2010) e per le malattie del sistema circolatorio (+141 gg).

16 aprile 2014
© Riproduzione riservata

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