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Il ruolo del management e dei professionisti per la riorganizzazione profonda del Ssn

di Francesco Longo e Alberto Ricci

02 DIC - Il compito del management è quello, alle condizioni date, di assicurare sempre migliori livelli di efficacia ed efficienza nel funzionamento delle aziende, e che in linea di principio è sempre possibile trovare spazi di miglioramento. È però altrettanto vero che i miglioramenti potenzialmente ottenibili sono inevitabilmente decrescenti e non possono complessivamente oltrepassare un certo limite; detto altrimenti, con il 6,3% del PIL non si può pensare di raggiungere i risultati ottenibili con il 10-11% del PIL di Francia e Germania.

In questo contesto, le aziende hanno continuato a funzionare, prodotto sforzi e ottenuto risultati, frutto di un intenso impegno dei professionisti e del management; come ogni anno il Rapporto cerca di rappresentare tutto questo. 

Governare le aspettative dei cittadini-pazienti, efficientare a livello profondo, aumentare le risorse e trasformare i servizi attraverso digitalizzazione, nuovi mix professionali e soprattutto nuove metriche: le soluzioni proposte dal Rapporto 2024 non sono semplici o immediate, né sul versante tecnico-manageriale, né politico nel senso ampio del termine. Guidati dalla fiducia nelle persone che compongono la sanità italiana, siamo convinti che la nostra collettività nazionale, in tutte le sue componenti, sia in grado di raccogliere la sfida di un cambiamento profondo e ambizioso, anche se richiederà tempo, energie, tentativi, errori e ripartenze. 

Che ruolo può avere, in questo processo, il management delle aziende, che identifichiamo qui con il vertice strategico? Alcune trasformazioni potranno essere prevalentemente narrative e simboliche, altre agite e non dichiarate, altre esplicitamente assunte con forza come elemento costitutivo del cambiamento culturale del SSN. Spesso il management sarà chiamato a promuovere il cambiamento e a renderne tangibili i risultati, spingendo la politica a sostenere la legittimità e la convenienza di compiere alcune scelte, a prima vista inedite e quindi problematiche in termini di consenso. 

In molti casi, alcuni dei quali dettagliati nel Rapporto con riferimento alla gestione dei professionisti nelle reti ospedaliere, i vertici aziendali potranno sostenere con risorse economiche e legittimazione quei processi bottom up di cambiamento promossi da direttori di dipartimento o di unità operativa, o anche dagli stessi professionisti. Gli operatori che vivono il front office, da un lato, sono ormai diffusamente sensibilizzati sui temi di costo-efficacia, dall’altro hanno chiare le tensioni con i bisogni. Rappresentano un patrimonio di esperienze e idee da valorizzare.

Un ultimo aspetto da sottolineare riguarda i meccanismi di programmazione e controllo, sia a livello di relazioni tra regioni e aziende, sia all’interno delle aziende. Le dimensioni della dotazione di risorse, dei costi, dei volumi erogativi, della produzione valorizzata e della produttività hanno una loro validità per individuare e condurre interventi di efficientamento difficili e impopolari. Tali metriche però sono evidentemente parziali, specialmente se discutiamo di servizi territoriali e di pazienti cronici. Progressivamente, è fondamentale introdurre a tutti i livelli indicatori che misurino l’appropriatezza dei livelli prescrittivi, l’equità nell’allocazione delle risorse e nei consumi di prestazioni per abitante, i livelli di reclutamento della popolazione cronica, l’aderenza alle terapie, la qualità anche percepita della presa in carico e l’eccellenza degli esiti clinici di salute. In questo processo il ruolo della componente professionale, il collegamento con le evidenze scientifiche e l’utilizzo di evidenze generate risultano quanto mai importanti per avviare cambiamenti che siano realmente condivisi, diffusi e duraturi.     

Ad ogni modo, si tratta di campi di azione tecnici, che richiedono però capacità analitiche, strategiche, di implementazione e di stakeholder management, oltre che nuove metriche di misurazione e una certa dose di imprenditorialità. È lo spazio di lavoro ampio ed interessante per il management oltre che per i policymaker.

Nel secondo Paese più vecchio al mondo, con un SSN con ridotto finanziamento, il vero pericolo consiste nel non scegliere nessuna prospettiva di cambiamento profondo, né tra quelle proposte, né tra le altre possibili. La pura e semplice gestione della routine quotidiana e dello status quo comportano l’aumento delle criticità di cui soffre il SSN. Ovviamente oscurare i problemi emergenti diminuisce le criticità percepite, ma scava nel profondo e nell’invisibile delle dinamiche istituzionali collettive e progressivamente indebolisce il tessuto delle aziende del SSN. 

Avere uno sguardo onesto sulla natura e sull’entità dei problemi richiede una postura adulta, non consolatoria, in grado di stare nella realtà del presente: la consapevolezza delle evidenze, seppur dolorose, dovrebbe essere un punto di partenza per tutti coloro che intendono far crescere la sanità italiana. Da qui i manager del SSN possono ripartire, per continuare a far crescere le loro organizzazioni e ad essere generativi.

Francesco Longo e Alberto Ricci
CERGAS, SDA Bocconi

02 dicembre 2024
© Riproduzione riservata

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