La salute mentale, come rimarcato da diversi osservatori anche sul nostro giornale, pur essendo citata e in alcuni casi anche in modo approfondito nei diversi programmi dei partiti (vedi tra tutti quello del vincitore delle elezioni FdI che ha predispsoto un paragrafo ad hoc sul “benessere psicologico”), non ha avuto una particolare attenzione nella campagna elettorale.
Confesso che tale scarsa attenzione non mi ha stupito. Sia in considerazione dei temi e toni prevalenti di questa campagna estiva, di fatto incentrati sulla ricerca del voto “contro” più che sul voto “per” e anche perché, più in generale, è tutta la sanità che è stata poco attenzionata in questa campagna elettorale.
Inoltre, non nascondiamoci dietro un dito, la salute mentale è indubbiamente uno dei settori della sanità tra quelli meno “gettonati” dalle amministrazioni locali e centrali.
E ciò nonostante la riforma del 1978, la famosa legge “180” che chiuse i manicomi e aprì la via, probabilmente la prima volta nel mondo, a un approccio de-istituzionalizzato alla salute e alla cura della mente, rappresenti uno dei caposaldi della stessa riforma sanitaria, la “833” che ha istituito il Ssn e che fu varata a dicembre dello stesso anno.
Ma, come ben sanno gli addetti ai lavori e soprattutto i malati e le loro famiglie, la chiusura del manicomio di per sé non risolve il problema se accanto a tale chiusura non nascono modi, organizzazione e approcci alla tutela e salvaguardia della salute mentale tali da garantire una effettiva presa in carico dei malati e non solo dal punto di vista clinico.
Della riforma della 180 o meglio, come dice il titolo del suo ultimo lavoro, per andare “Oltre la 180” se ne occupa Ivan Cavicchi che partendo dal valore politico culturale di quella legge, che viene ribadito senza se e senza ma, contesta però le politiche solo apologetiche rivolte in tutti questi anni verso quella legge, perché ritenute semplicemente inadeguate a far fronte alle sfide del nostro tempo.
Per Cavicchi sono troppe le questioni aperte e non risolte, troppe le contraddizioni che si sono accumulate, troppe le ragioni teoriche e pratiche che ci suggeriscono di mettere le mani in questo settore e troppi gli handicap anche culturali che gravano su questo nevralgico settore della salute. E anche troppo il “bla bla bla” senza costrutto che da anni si fa attorno alla questione.
Nello stile e con la passione riformista, che chi ha letto e legge Cavicchi ben conosce, l’autore mette quindi per pima cosa in discussione proprio quel “bla bla bla” che va avanti da troppo tempo contrapponendovi le sue visioni e le sue soluzioni.
Visioni e soluzioni sulle quali QS apre oggi questo forum di discussione “aperto” a tutte le voci che, in accordo con le tesi di Cavicchi o in disaccordo con esse, vorranno portare il loro contributo con l’obiettivo di far fare un salto in avanti a quel “bla bla bla”.
Il nostro giornale ha sempre avuto una attenzione particolare al tema della salute mentale, nella convinzione che essa sia una parte importante del più complesso discorso sul diritto alla salute e che la 180 sia una riforma, come spiega bene Cavicchi nella sua introduzione, di incomparabile valore che però va fatta vivere in modo dinamico e non meramente celebrativo.
Il forum si apre con un articolo di Cavicchi che ci spiegherà perché oggi è necessario andare “oltre la 180” al quale seguiranno gli articoli di tutto coloro che vorranno liberamente partecipare.
Grazie a tutti e nell’interesse primario dei malati esprimo l’augurio del giornale e cioè che si discuta davvero.
Abbiamo bisogno di idee e se possibile di idee che funzionino, adeguate al nostro tempo.
Cesare Fassari