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La pillola della felicità e il pifferaio magico

19 FEB - Gentile direttore,
da sempre, l'essere umano teme per la propria salute, ed è costantemente impegnato nella ricerca di ogni mezzo possibile per mantenerla. La società occidentale si sta medicalizzando? Le scoperte della farmacologia, l'ingresso dell'informatica e della robotica in campo medico, i dispositivi diagnostici indossabili saranno in grado di migliorare realmente la vita del cittadino, e quanto invece, facendo leva sul desiderio di benessere, modificheranno il concetto di salute, alzandone sempre più l'asticella, in una continua rincorsa consumistica verso modelli irrealistici?

Una recentissima intervista rilasciata dal prof. Garattini evidenzia molto bene quanto sta avvenendo nel campo della farmacologia. Dall'alto della sua incontestabile competenza afferma che buona parte dei farmaci in commercio sono sostanzialmente inutili, vuoi perché inefficaci, oppure perché assunti quando non serve farlo, o perché non sono altro che variazioni sul tema di una medesima molecola, autorizzata per far felice il produttore. Con lucidità, analizza i meccanismi con cui un farmaco viene testato, prodotto, prescritto; perché venga autorizzato e commercializzato anche quando non vi sono prove così evidenti della sua reale efficacia, o di quanto sia innovativo o risolutivo nella cura. Ma parla anche della forza delle spinte dell'industria, delle associazioni di malati, dei singoli pazienti e di quanto queste spinte alimentino un circolo vizioso di aspettative crescenti, bisogni indotti e consumo di farmaci.

Siamo stati convinti che esista una pillola per ogni cosa, in una costante corsa all'omeostasi che spesso è solo un effetto placebo; ci affidiamo ai farmaci per tutto, dal malessere esistenziale al potenziamento sportivo (fenomeno diffusissimo tra i dilettanti, non tra i professionisti) all'uso "ricreativo".  E quando non ne consumiamo, veniamo facilmente convinti che usarne a scopo preventivo può proteggerci da patologie future. Oppure si creano continuamente nuove schiere di "quasi malati", dando per scontato che parametri vicini a quelli patologici necessitino obbligatoriamente di una cura, anche se non ci sono evidenze di malattia. 

La spinta è talmente potente che un colosso come Amazon ha lanciato una linea esclusiva di prodotti farmaceutici da banco. Secondo il Wall Street Journal Amazon avrebbe pagato un miliardo di dollari per potersi aggiudicare un mercato che ne vale 400, in trattativa ci sarebbe stato anche Walmart ma alla fine a spuntarla è stato il colosso dell'ecommerce. Stando alla nota diffusa dal gruppo “PillPack punta a fornire la migliore esperienza possibile negli Usa alle persone che prendono vari farmaci al giorno”. Stando a Bezos, l’azienda “sta migliorando significativamente la vita dei clienti e vogliamo aiutarli per permettere alle persone di risparmiare tempo, semplificare le loro vite e sentirsi più in salute”. 

In Italia, questo per ora non è possibile. Ma, ricorda ancora Garattini, la spesa farmaceutica da sola assorbe un quinto della spesa sanitaria complessiva, e i cinque settimi di quanto il governo ha stanziato in più al sistema sanitario nazionale. L'imminente revisione del prontuario farmaceutico potrebbe razionalizzare il settore, ed è stato concepito per arginare un aumento di spesa che si sta dimostrando insostenibile.

Purtroppo interviene a valle del fenomeno, e non incide sulle vere cause: per farlo è necessario investire molto di più in formazione ed educazione, sia della popolazione che della intera classe medica.
 
Dott. Giuseppe Renzo
Presidente CAO Messina

19 febbraio 2019
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