Aggressione guardia medica a Bagheria. Fnomceo: “Le istituzioni intervengano con misure urgenti, concrete ed efficaci”
Così il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri commenta quanto accaduto alla collega aggredita mentre svolgeva il suo turno di guardia medica in una zona ‘di frontiera’, che lei stessa non considerava sicura. "Ora sta alle Istituzioni garantire ai medici il diritto di curare e ai cittadini il diritto di essere curati in sicurezza”.
29 GEN - “Non mi sono mai sentita sicura dentro quella guardia, spesso sembra un ring piuttosto che un posto di lavoro. Amaramente, OGGI, lo confermo e lo condivido. Siamo soli. In pericolo. Indifesi. Vi offriamo il nostro meglio con il nostro niente. Ci portiamo a casa i nostri piccoli grandi successi, le spalle larghe, il bene fatto bene, i vostri grazie e i vostri sorrisi ed andiamo avanti. Se ci aggredite non possiamo più farlo”.
Così scriveva, in un post su Facebook,
Alessandra Pizzo, medico di guardia a Bagheria, in provincia di Palermo. Era il 27 gennaio, il giorno dopo l’
aggressione da parte di una donna che, in evidente stato di alterazione, era entrata nella sua postazione accusandola di non averle passato, per telefono, un pediatra. Gli insulti, le grida. Poi l’aggressione fisica, la distorsione alle dita della mano con quindici giorni di prognosi. “Starò bene in un paio di settimane; l’amarezza, invece, non passerà MAI” constatava la dottoressa.
“Ancora una collega aggredita mentre svolgeva il suo turno di guardia medica in una zona ‘di frontiera’, che lei stessa non considerava sicura, ma che non voleva e non vuole abbandonare perché farlo significherebbe una resa – commenta amareggiato il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri,
Filippo Anelli –. Le sue parole riempiono di significato gli articoli del nostro Codice di Deontologia e definiscono lo stesso ruolo sociale del medico. Un medico che entra nelle case, nei quartieri, nelle comunità devastate da malesseri ambientali e sociali; diventa primo e a volte unico testimone di diritti elusi e negati; e, attraverso il diritto-dovere di assistere e curare, restituisce dignità alle persone e riscatto sociale alla collettività”.
“Gli Ordini, le Istituzioni hanno, a loro volta, il dovere di difendere il diritto a curare, e a farlo in condizioni di sicurezza – continua il Presidente Fnomceo -. Il nostro Comitato Centrale ha recentemente invitato tutti gli Ordini a fare esposti nelle procure contro gli aggressori e per la verifica della sicurezza delle sedi; ancor prima, il Consiglio nazionale ha approvato all’unanimità una Mozione per chiedere al Governo di trasmutare il disegno di legge n. 867 sulla violenza contro gli operatori sanitari, attualmente incardinato in Commissione Igiene e Sanità del Senato, in un decreto-legge, riconoscendo sempre agli operatori aggrediti la qualifica di pubblico ufficiale, affinché l'azione penale si avvii d'ufficio e non a seguito di denuncia di parte”.
“Eppure, ancora pochi giorni fa a Parma, ci siamo sentiti dire che ben l’87% dei medici di continuità assistenziale di quel territorio si sente in pericolo durante lo svolgimento del turno e che il 45% ha subito almeno un episodio di violenza, fisica o verbale. Questi dati coincidono col dato nazionale, che stiamo verificando tramite un questionario somministrato a tutti i medici italiani alla fine dell’anno scorso” aggiunge ancora.
“Ora sta alle Istituzioni, al Governo, al Parlamento intervenire con misure urgenti, concrete ed efficaci – conclude Anelli – per garantire ai medici il diritto di curare e ai cittadini il diritto di essere curati in sicurezza”.
29 gennaio 2019
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