Palermo. Chiusa struttura privata finanziata dalla Regione che ospitava persone con disagio mentale. Maltrattamenti sui pazienti. Misure cautelari per 35 persone accusate anche di truffa e corruzione
Maltrattati e umiliati. Puniti e rinchiusi al buio in una piccola stanza vuota. Abbandonati senza acqua e cibo, anche se imploravano aiuto. Strattonati, presi a calci e schiaffi. Costretti ad assumere farmaci per non creare problemi. Queste le condizioni in cui vivevano i 23 ospiti della struttura, accreditata con la Regione grazie a documenti falsi. Quasi 500 mila euro di fondi pubblici usati dai soci per acquistare auto, vacanze e regali.
17 DIC - Scoperta e fermata, a Palermo, l’attività di una struttura dove erano ricoverate 23 persone, tutte affette da gravi disabilità intellettive e psichiatriche, costrette a subire ogni giorno maltrattamenti, offese e botte, e a buttare giù farmaci per essere sedati e non procurare fastidi agli operatori che dovevano vigilare su di loro. Le ipotesi di reato vanno anche oltre, perché la struttura era stata accreditata grazie a falsi documenti e i soldi pubblici erogati dalla Regione per migliorare i servizi erano invece utilizzati dai soci per spese private.
Una lunga lista di fatti che ha portato all’applicazione di misure cautelari nei confronti di 35 soggetti, di cui dieci ristretti in carcere, sette colpiti dagli arresti domiciliari, cinque sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno.
“Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo - Gruppo Tutela Spesa Pubblica si sono sviluppate attraverso due filoni paralleli”, spiega una nota della Guardia di Finanza. Il primo ha riguardato l’amministratore e i soci dell’Associazione, "i quali, attraverso la simulazione della forma no profit dell’Ente, in luogo della reale natura commerciale, nonché grazie all’utilizzo di documentazione falsa (planimetrie, relazioni tecniche, rendiconti trimestrali delle prestazioni erogate), riuscivano a conseguire l’accreditamento istituzionale con la Regione Siciliana ed il successivo convenzionamento con l’ASP di Palermo ottenendo, nell’ultimo quinquennio erogazioni pubbliche per 6,2 milioni di euro”.
Una parte di tali fondi, “oltre 470 mila euro”, anziché essere destinata ai fabbisogni dei pazienti o reinvestita nell’adeguamento della sede, caratterizzata da gravissime carenze, “veniva distratta dai soci dell’Associazione e utilizzata per fini privati (liquidazione di compensi non dovuti, acquisto di autovetture, pagamento di viaggi e soggiorni in strutture ricettive, acquisto di prodotti enogastronomici, articoli di gioielleria e da regalo)”, fa sapere la Guardi di Finanza.
Oltre all’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di malversazione vengono contestati anche episodi di corruzione di un funzionario dell’ASP di Palermo che, secondo la prospettazione accusatoria, “avrebbe asservito stabilmente la propria funzione agli interessi economici dell’Associazione, ottenendo, quale controprestazione, l’assunzione del figlio e della nuora, nonché il reato di frode nelle pubbliche forniture, essendo state fornite prestazioni sanitarie in favore dei pazienti ben lontane dagli standard qualitativi previsti.”
Il secondo filone investigativo ha consentito di far emergere gravissime condotte delittuose in danno dei 23 pazienti del centro, che il GIP di Termini Imerese ha ritenuto idonee a configurare le fattispecie di tortura, maltrattamenti e sequestro di persona. Sulla base delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, “tutto il personale sanitario e paramedico in servizio presso la Onlus, con la compiacenza della proprietà, poneva in essere numerose e reiterate condotte attive e omissive, sottoponendo i pazienti a maltrattamenti di natura fisica e psicologica tali da cagionare loro gravi sofferenze ed umiliazioni”.
In particolare, "senza alcuno scrupolo per la condizione di fragilità psico-fisica degli ospiti, tutti affetti da gravi disabilità intellettive e psichiatriche, il personale della struttura ricorreva sistematicamente all’inflizione di punizioni (come il digiuno), a percosse (consistenti in strattonamenti, calci, schiaffi), ad offese gratuite e denigranti, nonché sottoponeva quotidianamente diversi pazienti a gravose ed immotivate limitazioni della propria libertà personale rinchiudendoli, sia di giorno che di notte, all’interno di un locale di pochi metri quadrati completamente vuoto e privo dei servizi igienici, da loro denominato “stanza relax”, dove i disabili rimanevano rinchiusi, spesso per diverse ore, al buio e senza alcuna assistenza, implorando di uscire, supplicando per avere dell’acqua o del cibo, dovendo espletare i propri bisogni fisiologici sul pavimento”.
Le indagini hanno consentito inoltre di evidenziare l’arbitraria e massiccia somministrazione di terapie farmacologiche in danno degli ospiti disabili della struttura, non giustificata da ragioni medico-sanitarie, ma “dalla precipua volontà degli operatori di mantenere sedati i pazienti riducendo l’impegno e il rischio di potenziali complicazioni nel corso dei loro turni di lavoro”.
Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture.
17 dicembre 2021
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