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Alzheimer: effetto di aducanumab su biomarcatori e riduzione del declino cognitivo


Un’analisi condotta a partire dai dati di 2 studi di fase 3 mostra la capacità del farmaco aducanumab di ridurre la p-tau181 plasmatica, un biomarcatore dei caratteristici grovigli tau nella malattia di Alzheimer. Il cambiamento di p-tau181 è stato associato a riduzioni delle placche beta-amiloidi e del declino funzionale

12 NOV - Nuovi dati clinici di fase 3 mostrano che aducanumab ha portato ad una riduzione significativa dei livelli plasmatici di p-tau181 nei pazienti. L'effetto è stato maggiore con dosi più elevate e una maggiore durata del trattamento con aducanumab. I risultati annunciati dalle aziende farmaceutiche Biogen Inc. e Eisai Co., Ltd. sono stati presentati alla conferenza Clinical Trials on Alzheimer's Disease (CTAD), tenutasi virtualmente dal 9 al 12 novembre a Boston, Massachusetts.
 
L’analisi è stata condotta su 7.000 campioni di plasma provenienti dal 1.800 pazienti. Una maggiore riduzione della p-tau181 plasmatica è stata anche associata a un minor declino cognitivo e funzionale nei pazienti trattati con aducanumab e l’analisi ha dimostrato una correlazione statisticamente significativa tra il cambiamento della p-tau181 e la diminuzione di placche di beta amiloide.
Secondo Alfred Sandrock, Jr., MD , Ph.D., Responsabile Ricerca e Sviluppo di Biogen, si tratta di “dati solidi e concordanti che mostrano l’effetto di aducanumab sulle due caratteristiche principali che definiscono la malattia di Alzheimer”. E aggiunge: “ci impegniamo a continuare a generare dati e crediamo che queste nuove scoperte possano aiutare a informare la scelta del trattamento e far progredire la ricerca sull’Alzheimer, anche nella diagnosi e nel monitoraggio della malattia”.

L’analisi pre-specificata dei campioni di plasma è stata condotta da un laboratorio indipendente, attingendo ai due studi cardine di fase 3 EMERGE ed ENGAGE su aducanumab. Nel gruppo EMERGE ad alto dosaggio, la p-tau è diminuita del 13% rispetto al basale, mentre nel gruppo placebo è aumentata dell’8%; nel gruppo ENGAGE ad alto dosaggio, la p-tau è diminuita del 16% rispetto al basale, mentre nel gruppo placebo è aumentata del 9%. Una maggiore riduzione della p-tau181 plasmatica è stata correlata a un minor declino clinico in tutte e quattro le misure di esito clinico negli studi di Fase 3.
“Questi dati non solo mostrano un importante legame tra la capacità di aducanumab di eliminare le placche di beta amiloide e ridurre i livelli plasmatici di p-tau, ma correlano anche significativamente tali riduzioni con il rallentamento del declino cognitivo”, osserva Oskar Hansson, MD, Ph.D., Professore di Neurologia presso l’Università di Lund e l’Ospedale universitario di Skåne, Svezia.

Biogen ha presentato anche i dati dello studio di fase 3b sul ridosaggio, EMBARK, che ha esaminato l’impatto dei pazienti con malattia di Alzheimer che interrompevano il trattamento con aducanumab per un lungo periodo di tempo (durata media di 1,7 anni) prima di ricominciare il trattamento. Lo studio ha mostrato che le riduzioni delle placche di beta-amiloide sono state mantenute nel gruppo ad alto dosaggio durante il periodo di interruzione del trattamento rispetto al gruppo placebo. Sebbene la malattia abbia continuato a progredire dopo l’interruzione del trattamento, le differenze numeriche a favore di aducanumab sono state mantenute. I dati di base di EMBARK mostrano che sono necessarie ulteriori prove scientifiche per comprendere meglio l’impatto dell’interruzione del trattamento anti-amiloide e il ruolo che altri processi patologici sottostanti possono svolgere nella progressione della malattia.

12 novembre 2021
© Riproduzione riservata

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