Fertilità. Il ‘social freezing’ decolla anche in Italia, sempre più donne congelano gli ovociti
È quanto emerso alla conferenza stampa organizzata per il Fertility Day, che si celebra il 22 settembre, un’occasione per presentare il “Ferty Check”, iniziativa di sensibilizzazione del gruppo GeneraLife. Ubaldi (GeneraLife): “La preservazione della fertilità è una valida opzione per chi necessità di rimandare il momento in cui avere un figlio”
15 SET - La cultura della preservazione della fertilità, un’opzione ormai consolidata in Paesi come la Spagna e il Regno Unito, inizia a diffondersi anche fra le donne italiane, che danno sempre più importanza al prendersi cura della propria capacità riproduttiva nei tempi e nei modi più consoni. Lo dicono i numeri, seppur limitati, di questi mesi di pandemia, con richieste di “social freezing” (la tecnica di congelamento degli ovociti, in questo caso per motivi non medici) raddoppiate nella primavera 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019.
Se ne è parlato a Roma alla conferenza stampa organizzata in occasione del
Fertility Day, che si celebra il 22 settembre. Un occasione per presentare anche il
“Ferty Check”, iniziativa di sensibilizzazione organizzata dal gruppo GeneraLife e prevista sabato 25 settembre con consulti gratuiti. A portare il messaggio ai giovani per parlare di prevenzione e fertilità, l’attrice
Matilde Gioli.
Sempre più donne dunque, soprattutto durante questi anni di pandemia, hanno preso una decisione importante su quali siano le loro priorità di vita, optando per la crioconservazione degli ovociti. “Proteggere la propria fertilità significa innanzitutto adottare stili di vita sani, cercare di non procrastinare troppo il momento in cui provare ad avere un figlio. In più, esiste il social freezing”, ha spiegato
Filippo Maria Ubaldi, ginecologo, direttore scientifico dei centri di medicina della riproduzione GeneraLife e componente del tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità del Ministero della Salute.
“Si tratta di un percorso nato per salvaguardare la salute riproduttiva delle pazienti oncologiche, che vanno incontro a terapie che possono compromettere irreversibilmente la possibilità di avere un bambino. Ma che si sta rivelando un’opzione valida anche per tutte coloro che devono rimandare il momento in cui cercare un figlio, ad esempio, per la mancanza di un partner o di un lavoro stabile. Nei nostri 7 centri in Italia – afferma Ubaldi – abbiamo notato un trend positivo, nel corso degli ultimi 6 mesi del 2021, messi a confronto con il primo semestre dell’anno pre-pandemia, il 2019: i trattamenti per la preservazione della fertilità sono aumentati, addirittura raddoppiati nei mesi di aprile, maggio e giugno, in primavera, quando le condizioni sono ottimali, prima delle vacanze estive. Certo, si tratta ancora di numeri limitati: nel 2021 in questi tre mesi si sono sottoposte al ciclo di trattamento 46 donne, contro le 21 del relativo trimestre 2019. E, in totale, nei primi 6 mesi del 2021 abbiamo eseguito lo stesso numero di preservazioni (circa 80) di tutto il 2020. Certo, in questo caso è pesato l’effetto Covid-19, ma parlando con le pazienti ci siamo resi conto che questa pandemia le ha anche portate a intraprendere scelte importanti per la loro vita personale, come quella di mettere ‘in banca’ i loro ovociti, in attesa di tempi migliori per avere un figlio”.
A monte, però, la parola d’ordine rimane prevenzione: “Bere alcol, fumare, lasciarsi andare alla sedentarietà, essere in eccessivo sovrappeso o sottopeso, non curare adeguatamente patologie legate anche alle abitudini alimentari, fino al rimandare eccessivamente il momento in cui si cerca un figlio (età materna avanzata), sono comportamenti e situazioni spesso involontari ma che, se evitati o ridotti, possono fare la differenza quando è il momento di cercare un bambino. All’essere genitori bisogna pensare almeno 10 anni prima, curando la propria salute in modo da ridurre fattori di rischio di infertilità. È qualcosa che i giovani devono assolutamente sapere”, insiste Ubaldi.
“Il percorso di preservazione della fertilità – spiega
Laura Rienzi, embriologa clinica e direttore scientifico di GeneraLife insieme a Ubaldi – prevede un protocollo di stimolazione ormonale da effettuare con specifici farmaci, il prelievo degli ovociti mediante un piccolo intervento chirurgico in sedazione, della durata di pochi minuti, e la loro crioconservazione in laboratorio tramite vitrificazione, una tecnica ormai diffusa e molto valida per mantenere inalterate le caratteristiche delle uova, per poterle utilizzare anche molti anni dopo. Il limite, in Italia, resta comunque quello dell’età fertile di una donna, attorno ai 50 anni, e il nostro consiglio rimane sempre quello di pensare a una gravidanza non troppo avanti con gli anni”.
15 settembre 2021
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