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“Vaccini Covid sono sicuri. Si è fatto presto perché ci sono stati investimenti straordinari ma le sperimentazioni sono state ineccepibili”. Intervista a Bonanni

di Carolina Zanoni

Per la prima volta si sono sviluppati più candidati pre-clinici, situazione che in passato e per altri vaccini può richiedere anni. “Se non si hanno tanti fondi si sviluppa un candidato per volta, e si sperimenta uno dopo l’altro: qui invece è avvenuto tutto in simultanea. Sono stati poi assoldati valutatori esperti, hanno lavorato giorno e notte” e compresso in 15 giorni un lavoro che normalmente dura 6-8 mesi, spiega il Direttore della Scuola di Specializzazione di Igiene e Malattie preventive dell'Università di Firenze e consulente dell’ECDC a Stoccolma

23 DIC - “Dobbiamo imparare a fidarci della ricerca scientifica. È quella che ci consente oggi, con il vaccino Covid, di non dover arrivare all’immunità di gregge avendo milioni di morti”. A parlare in questa intervista a Quotidiano Sanità è Paolo Bonanni, Professore Ordinario dell’Università di Firenze, Direttore della Scuola di Specializzazione di Igiene e Malattie preventive e consulente dell’ECDC a Stoccolma.
 
“Abbiamo uno strumento che ci può immunizzare – sottolinea –, proteggere dalla malattia e probabilmente dalla trasmissione. Se tutti lo usassimo, visto che a tutti verrà offerto, potremmo veramente spegnere la pandemia nel giro di pochi mesi, perché negarci allora di questa importante possibilità per una paura senza senso, senza basi scientifiche”.
 
Di fronte alla riduzione dei tempi di sperimentazione del vaccino, causa dello scetticismo di alcune fasce della popolazione, il Professore risponde che “non è vero. La fase accelerata riguarda quella di sviluppo preclinico del vaccino e quella finale sull’autorizzazione e quindi la revisione dei dossier di registrazione”.
 
Per la realizzazione del vaccino anti-Covid, per la prima volta, spinti da un’urgenza e supportati da numerosi fondi, si sono sviluppati più candidati pre-clinici, situazione che in passato e per altri vaccini può richiedere anni. “Se non si hanno tanti fondi si sviluppa un candidato per volta, e si sperimenta uno dopo l’altro: qui invece è avvenuto tutto in simultanea. Sono stati poi assoldati valutatori esperti, hanno lavorato giorno e notte” e compresso in 15 giorni un lavoro che normalmente dura 6-8 mesi.
 
Il Professore precisa che a non aver invece subito accelerazioni (o approssimazioni) è la fase centrale: la sperimentazione del vaccino su gruppi di volontari. “La parte clinica non è stata velocizzata. Il numero dei soggetti a cui è stato sottoposto il vaccino, rispetto agli altri vaccini, non è stato assolutamente ridotto: in uno studio ‘normale’ di fase 3, quindi di efficacia e sicurezza, pre-registrativo e pre-autorizzazione degli organi di competenza, la sperimentazione avviene su 20.000 o 30.000 soggetti. Anche in questo caso abbiamo avuto sperimentazioni su 30.000 o 40.000 soggetti”, sottolinea il consulente dell’ECDC.
 
A più di una settimana dall’annuncio del Ministro inglese della Sanità Matt Hancock sulla circolazione (pare da più di tre mesi) di una nuova variante del virus, Bonanni afferma che “fino a quello che sappiamo noi oggi, non crediamo che questa possa avere un impatto fondamentale sull’efficacia della vaccinazione, ovviamente poi bisogna verificare sul campo, quello che può esser previsto teoricamente non corrisponde sempre alla pratica, ma non ci sono motivi per pensare che i vaccini sperimentati non servano a niente, assolutamente no”.
 
Per quanto concerne gli effetti collaterali del vaccino anti-Covid, Bonanni risponde: “Sono sempre quelli che vediamo per tutti gli altri vaccini che determinano certamente un numero abbastanza elevato di effetti locali, come arrossamento, dolore, indurimento nella zona di iniezione”. Ci possono, poi, essere effetti sistemici, come “mal di testa, malessere generale, qualche linea di febbre in qualche caso, ma non si è evidenziano nulla di diverso rispetto ai vaccini ‘classicamente’ prodotti in tempi più tranquilli”.
 
A conferma di questo, il Professore ricorda che i primi a procedere con cautela sono gli stessi studiosi e aziende farmaceutiche: “Se ci fossero effetti avversi si bloccherebbe la sperimentazione”. Come è avvenuto lo scorso settembre con il vaccino Oxford AstraZeneca, quando si è rilevato un caso, su 50.000 persone coinvolte, di mielite trasversa, un’infiammazione al sistema nervoso spinale che può portare a disfunzioni motorie e sensoriali. Allora si era deciso di bloccare la sperimentazione, e, dopo aver verificato l’inesistenza di un collegamento causa-effetto, hanno ripreso i passaggi. “Questo dovrebbe ancora di più tranquillizzarci. C’è una grande attenzione alla sicurezza, che è il vero primo obiettivo dello sviluppo di un vaccino, anche e soprattutto contro una pandemia”, chiosa Bonanni.
 
Sugli effetti a lungo termine, il dato chiaro non si può conoscere, non con certezza: “Ma questo avviene per tutti i vaccini”, precisa Bonanni. La scienza si basa sulla realtà, verifica, non prevede. Si pensa che quelli contro il Coronavirus possano coprire “almeno per alcuni mesi, più probabilmente per anni, quanto di preciso non lo possiamo dire oggi. “Quando nel 1982-83 – spiega il Professore – abbiamo avuto i primi vaccini contro l’epatite B e ci si chiedeva quanto sarebbero durati, la risposta era una sola: non si sa. Solo usandoli si può capire quanto dura il funzionamento”.
 
“Ora sappiamo che garantiscono una copertura per 30/35 anni, ma non si sa se durano oltre, visto che non sono ancora passati così tanti anni dalla messa in commercio. È ovvio che uno fa una previsione sulla base delle caratteristiche del vaccino dal punto di vista biologico, ma poi tutto deve essere verificato. In questo preciso caso non ci sono motivi per pensare che durino così poco, a meno che il virus non cambi in modo radicale, ma non stiamo parlando di un virus come l’influenza che muta nel giro di una stagione”, sottolinea Bonanni.
 
E, a differenza dei virus influenzali e in generale dei vaccini finora somministrati, quello della Pzifer-Biontech è di tipo RNA. Quali sono i vantaggi? “Questo tipo di vaccino è abbastanza facile da produrre quantitativi elevati e sono più maneggevoli dal punto di vista biologico, rispetto agli altri”.
 
Un vaccino di questo tipo funge come da comando temporaneo di produzione di proteine che servono per l’immunizzazione. Il tutto senza intaccare e coinvolgere il nucleo della cellula stessa: “Un RNA messaggero non può andare nel nucleo, non può integrarsi nel DNA, quindi è totalmente fuorviante pensare che ci sia il pericolo che questi vaccini modifichino il genoma delle nostre cellule”, spiega l’igienista.
 
Una paura infondata, a volte propagata da chi sviluppa perplessità sui vaccini e che si scontra con un’alta adesione, almeno nel comparto sanitario, alla vaccinazione anti-Covid. “Le percentuali che abbiamo in Toscana, per quanto riguarda l’Ospedale Careggi di Firenze sono molto elevate, sfiorano il 100%”. Il dato, oltre che buono, stupisce il Professore, abituato ad vedere molti operatori sanitari “bistrattare la prevenzione vaccinale, come quella contro l’influenza”.
 
Infine quello che il Professore si auspica è che ci sia una grande opera di sorveglianza sugli eventi avversi post vaccinali. “Ci troviamo di fronte alla più grande campagna vaccinale mai vista prima, se si vaccinassero tutti i 60 milioni di italiani, per motivi statistici succederà che a qualcuno capiti un evento avverso in concomitanza con la vaccinazione anti-Covid”.
 
È quindi fondamentale per Bonanni che ci siano gruppi di valutatori che valutino i casi avversi, giustamente segnalati, e facciano opportune e puntuali verifiche: “Se nessuno provvederà a comunicare la reale causa degli eventuali avvenimenti avversi, limitandosi a raccogliere dati senza esaminarli, si può verificare un problema comunicativo e qualcuno ingiustamente punterà il dito contro i vaccini. Non dobbiamo permettere che questo avvenga”.
 
Carolina Zanoni

23 dicembre 2020
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