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Covid e povertà sanitaria. Poveri allo stremo: 434mila persone non possono acquistare medicinali. Il Rapporto del Banco farmaceutico


Circa173mila gli indigenti che non hanno potuto chiedere aiuto a un ente assistenziale: nel primo lockdown, infatti, il 40,6% ha sospeso alcune attività; il 5,9% ha chiuso e non ha riaperto. I poveri dispongono di solo 10,15 euro al mese per la propria spesa sanitaria, a differenza del  resto della popolazione che può spendere mediamente 65 euro pro-capite. Daniotti: “Le istituzioni comprendano a fondo il ruolo del Terzo Settore nel nostro Paese”. IL RAPPORTO IN SINTESI

10 DIC - Nel 2020, 434mila persone povere non hanno potuto acquistare i medicinali di cui avevano bisogno per ragioni economiche. La richiesta di medicinali da parte degli enti assistenziali che si prendono cura di loro riguarda soprattutto farmaci per il tratto alimentare, per il sistema nervoso, per le malattie metaboliche, per il sistema muscolo-scheletrico e per l’apparato respiratorio. Ma non solo, servono anche presidi medici e integratori alimentari.
 
È questa la fotografia scattata dall’VIII Rapporto “Donare per curare - povertà sanitaria e donazione farmaci”, edito da OPSan, l’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, organo di ricerca di Banco Farmaceutico, realizzato con il sostegno incondizionato di Ibsa Farmaceutici e Aboca e i cui dati, rilevati attraverso la rete dei 1.859 enti assistenziali convenzionati con il Banco, sono stati presentati oggi in un convegno in diretta streaming promosso da Banco Farmaceutico e Aifa.

Il Rapporto restituisce un quadro drammatico. Mentre le persone non povere hanno una capacità di spesa pro-capite mensile per le cure mediche di 65 euro, le persone povere possono spendere solo 10,15 euro, meno di 1/5 dei non poveri. Le persone non povere, inoltre, possono spendere, in medicinali, 28,18 euro, contro soli 6,38 euro mensili di chi versa in stato di indigenza.

E le difficoltà non riguardano solo gli indigenti: 7 milioni 867 mila persone non povere (3 milioni 564 mila famiglie), già nel corso del 2019 hanno dovuto sospendere o limitare almeno una volta la spesa necessaria per visite mediche e accertamenti periodici. Con la pandemia la situazione si è aggravata: le persone povere spendono il 63% del loro budget sanitario mensile per acquistare farmaci da banco e destinano solo 3,77 euro alle altre cure necessarie, prevenzione compresa. Una cifra insufficiente se consideriamo che le persone non povere destinano a queste spese 36,82 euro, cioè 10 volte di più.
Non solo. Se il diffondersi del coronavirus, le restrizioni e la crisi economica innescata da quella sanitaria hanno ulteriormente peggiorato le condizioni della popolazione più fragile, anche gli enti assistenziali hanno subito un importante impatto negativo: quasi 1 su due ne ha risentito, il 40,6% ha dovuto limitare la propria azione o sospendere qualche servizio per un periodo più o meno lungo. Il 5,9% degli enti ha chiuso e non ha ancora ripreso le attività.
 
Un’indagine effettuata da OPSan, su un campione rappresentativo di 892 enti assistenziali particolarmente strutturati (che si prendono cura di 312.536 indigenti), ha registrato un calo di oltre 173mila assistiti (pari al 55% del totale.) Si tratta di persone che hanno chiesto assistenza a un ente, ma questo era chiuso o aveva ridotto i propri servizi; oppure, di persone che, poiché impaurite dal Covid, hanno rinunciato a farsi curare. Pertanto, si stima che almeno 1 povero su 2 non abbia potuto curarsi attraverso gli enti che forniscono gratuitamente cure e medicine e sia rimasto ancor più deprivato della necessaria protezione sociale.

“Siamo di fronte ad una situazione particolarmente drammatica quanto inedita – ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico onlus – tanti enti assistenziali, in tutta Italia, a causa della pandemia, hanno chiuso o ridotto le proprie attività. Centinaia di migliaia di persone povere che, prima della pandemia, chiedevano loro aiuto, durante la pandemia sono rimaste prive di protezione. Nel nostro piccolo, lanciamo un grido d’allarme affinché le istituzioni comprendano a fondo il ruolo del Terzo Settore nel nostro Paese. Da sempre, le organizzazioni dedite all’assistenza e alla solidarietà sociale che ne fanno parte (fondazioni, associazioni, comitati), contribuiscono alla sostenibilità di tanti settori e servizi essenziali, compreso il Ssn. Ora come non mai – conclude – in questa Italia impoverita dalla pandemia, questa grande rete della solidarietà, che è un patrimonio del nostro Paese, non può essere lasciata sola”.
 

10 dicembre 2020
© Riproduzione riservata

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