Coronavirus. “Non siamo in guerra. Ci sono un Ssn e un sistema Paese in grado di dare risposte adeguate”. Intervista a Renato Balduzzi sul documento degli anestesisti-rianimatori
di Giovanni Rodriquez
"Ricordiamo sempre che noi abbiamo un Servizio sanitario nazionale e che stiamo reagendo a questa epidemia come sistema Paese. Leggerei dunque il documento della Siaarti come un invito a fare in modo che quelle situazioni limite siano evitate in ogni modo, e a riflettere su eventuali scenari avversi. Speriamo ovviamente di non dover mai arrivare a compiere, almeno su larga scala, scelte tragiche e in ogni caso dal punto di vista costituzionale è impensabile un razionamento a priori delle prestazioni a tutela della salute, a fortiori di quelle salvavita”
11 MAR - L'Italia si trova in un momento difficile, ma non in scenari di guerra. La necessità può diventare in certi casi rilevante nel dettare regole. Speriamo ovviamente di non dover mai arrivare a compiere, almeno su larga scala, scelte tragiche: dal punto di vista costituzionale è impensabile un razionamento a priori delle prestazioni a tutela della salute, a fortiori di quelle salvavita.
Così l'ex ministro della Salute, Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano e membro laico del Consiglio superiore della magistratura,
Renato Balduzzi, interviene sull'attuale situazione legata all'epidemia di coronavirus che ha fortemente colpito il Nord Italia, soffermandosi in particolare sul discusso
documento elaborato dagli anestesisti-rianimatori della Siaarti.
Professor Balduzzi, nei giorni scorsi la Società scientifica degli anestesisti-rianimatori italiani ha diffuso un documento con una serie di raccomandazioni etiche per l’ammissione o la sospensione dei trattamenti di terapia intensiva in relazione all’emergenza coronavirus. Qual è il suo parere?
Mi permetta una premessa. Da un lato abbiamo un testo, espressione di una riflessione etico-clinica consolidata, riferito ad una situazione di potenziale vera emergenza sanitaria, tant’è che gli autori stessi citano scenari di “medicina delle catastrofi”. Dall’altro abbiamo il modo con cui tale documento è comunicato e recepito dalla comunità medica nel suo complesso e dall’opinione pubblica. Le due prospettive, specie in momenti di grande preoccupazione, possono divaricare. Credo che sia successo qualcosa del genere.
Cioè?
Queste raccomandazioni esprimono questioni complesse e che non nascono oggi… anestesisti e rianimatori ci riflettono da anni, talvolta in completo isolamento. Questo documento non si può dunque liquidare con giudizi sommari. Constato invece che le tematiche sollevate e le ripercussioni sull’agire del medico e della struttura sanitaria che ne possono conseguire sono state un po' semplificate nella comunicazione. Il documento della Siaarti fa riferimento a situazioni davvero eccezionali, nelle quali si palesa un possibile drammatico squilibrio tra risorse disponibili e necessità di cure mediche.
E infatti si parla di medicina delle catastrofi e in una lettera di replica della Siaarti alla Fnomceo si parla addirittura di scenari di guerra…Ma siamo veramente messi così?
Non sono sicuro che paragoni di questo genere siano del tutto esatti. Quel tipo di medicina ha una peculiare caratteristica, ossia quella di fare fronte a situazioni dove non si hanno possibilità di alternative di sistema.
E invece noi adesso quelle alternative le abbiamo?
In questi giorni abbiamo ospedali sottoposti a una tensione molto forte soprattutto per la carenza di letti di terapia intensiva, ma va sottolineato che il tutto avviene comunque all’interno di un sistema sanitario nazionale e a un sistema Paese che esiste e ha reagito. Attraverso la Protezione civile si è attivato un coordinamento nazionale per monitorare la disponibilità quotidiana dei posti letto – il che è specialmente importante proprio per i posti letto di terapia intensiva –, si sono individuati centri di riferimento e si è fatta “rete” con pazienti del nord in situazioni critiche che possono essere trasportati in altre regioni dove c’è disponibilità. La medicina dei disastri si applica a situazioni dove non ci sono alternative. Il paragone dà certamente il senso di quello che la Siaarti vuole significare, ma le raccomandazioni non vanno intese come linee guida. Nella comunicazione è invece in qualche modo stato adombrato che anestesisti e rianimatori abbiano dettato i criteri di accesso in via generale alle terapie intensive.
D’accordo, anche se va detto che in qualche modo è la Siaarti stessa a ventilare scenari di guerra, per fortuna limitati ad alcune aree ma comunque già in atto…
Vi sono situazioni veramente difficili e drammatiche in alcune realtà del nostro Paese. Dobbiamo anche osservare che, proprio alla luce di questo, è già scattata una rete nazionale di collaborazione. Ricordiamo sempre che noi abbiamo un Servizio sanitario nazionale e che stiamo reagendo a questa epidemia come sistema Paese. Il Governo in questo frangente mi sembra abbia preso molto sul serio la leale collaborazione con le Regioni, perché in un Servizio sanitario nazionale è evidente che chi governa centralmente ha delle responsabilità, ma anche il dovere di gestire l’emergenza cercando di coinvolgere i territori. Questo atteggiamento può avere concorso a produrre conseguenze indesiderate (fuga di notizie, sensazione di incertezza), ma corrisponde ai principi del nostro modello di sanità pubblica. Basti pensare che perfino i Lea, i Livelli essenziali di assistenza, i quali costituzionalmente sono competenza esclusiva dello Stato, sono stati attuati a livello legislativo e regolamentare attraverso una condivisione tra Stato e regioni. Tutto questo tocca anche il nostro tema perché è evidente che, anche in queste situazioni drammatiche, c'è una responsabilità comune per far fronte a quello che possiamo chiamare il limite del possibile. Speriamo ovviamente di non dover mai arrivare a compiere, almeno su larga scala, scelte tragiche: dal punto di vista costituzionale è impensabile un razionamento a priori delle prestazioni a tutela della salute, a fortiori di quelle salvavita.
Ci spieghi meglio questo aspetto anche in relazione al Codice di deontologia medica.
La deontologia medica deve essere ovviamente sempre coerente con il dettato costituzionale. Il parametro è sempre quello, il sistema dei principi e dei valori costituzionali. Porre criteri astratti - che hanno sempre una certa arbitrarietà - a monte di una valutazione da farsi luogo per luogo, unità operativa per unità operativa, così come per ogni singolo malato, non mi sembra coerente con il quadro costituzionale.
Come si può quindi affrontare un'emergenza nel rispetto della Costituzione?
Nel nostro sistema costituzionale la necessità stessa può diventare in certi casi rilevante nel dettare regole. Si tratta sempre di una necessità che deve inserirsi dentro un sistema. Per questo è fondamentale che le valutazioni difficili non siano lasciate alla solitudine degli operatori direttamente interessati, ma che sia coinvolta l’intera struttura sanitaria e altresì i comitati etici. Ciò detto, l’orientamento partito dai professionisti è sempre utile, ed è importante una riflessione che vada oltre la mera tecnica clinica e tocchi i problemi di etica clinica, nella consapevolezza che su tali temi non c'è un'esclusività della scienza medica. Sono infatti argomenti intrisi di profili valoriali e per i quali l'individuazione di criteri che abbiano un certo grado di cogenza va largamente al di là di quanto si può chiedere a linee guida di una società scientifica.
Immagino sia quindi impensabile elaborare su queste tematiche linee guida inquadrabili in un'ottica di responsabilità professionale sanitaria alla luce di quanto previsto dalla legge Gelli-Bianco.
Se il termine linee guida è da interpretare in senso tecnico, tenderei a escluderlo. Questo non è un campo nel quale si possa pensare che linee guida, ancorché accreditate, possano essere una 'copertura' in tema di responsabilità medica. Occorre piuttosto che si operi con trasparenza, coinvolgendo la famiglia del paziente, dimostrando di aver fatto tutto per trovare una soluzione alternativa laddove ci sia un problema di assoluta insufficienza delle strutture a seguito di un afflusso eccezionale di pazienti concentrato in pochi giorni. Leggerei dunque il documento della Siaarti come un invito a fare in modo che quelle situazioni limite siano evitate in ogni modo, e a riflettere su eventuali scenari avversi. È ragionevole pensare che questo sia stato l'intendimento vero degli anestesisti-rianimatori, non quello di dettare astratti criteri nella selezione a monte degli accessi.
Giovanni Rodriquez
11 marzo 2020
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