Coronavirus. Regioni ognun per sé. Ma il Governo può scavalcarle?
di Giovanni Rodriquez
In punta di Costituzione e di precedenti sentenze in tema di tutela della Salute, non sembrerebbe esserci dubbio sulla possibilità del Governo nazionale di avocare a sé determinate funzioni e attribuzioni regionali. L'auspicio è che non serva ricorrere a gesti estremi ma che prevalga il buon senso di tutti.
25 FEB - Sono settimane che il premier
Giuseppe Conte ed il ministro della Salute
Roberto Speranza si prodigano in appelli a mantenere la calma e fidarsi delle nostre istituzioni scientifiche. Il Governo tenta di imporre una catena di comando centrale, chiara, per affrontare in maniera univoca la crisi tentando di porre un freno agli slanci delle singole Regioni. Del resto, che senso ha il tentativo di dare una risposta locale ad un problema con evidenti ripercussioni su tutto il territorio nazionale?
Solo ieri il presidente del Consiglio è dovuto intervenire per bloccare diversi tentativi, da parte di Regioni non interessate direttamente al contagio da coronavirus, di bloccare i trasporti, chiudere le scuole o vietare l'accesso a persone provenienti da Lombardia e Veneto. E proprio queste reazioni estemporanee, non coordinate, e di certo non evidence based da parte dei governi locali, rischiano di mandare in fumo gli sforzi per riportare un clima disteso e di fiducia su quanto si sta mettendo in campo in questi giorni.
Il rischio è che il combinato disposto tra quel frammentarismo regionale, tipico della sanità italiana, ed il populismo politico che spinge singoli governatori ad assumere decisioni anche eccessive per tenere a bada il clima di panico dei cittadini, possa arrecare solo
danni e confusione. L'importanza in tal senso di una linea di comando centrale e chiara è stata ribadita di recente anche da
Walter Ricciardi su
Quotidiano Sanità. L'obiettivo deve essere quello di comunicare informazioni non contraddittorie, e prendere decisioni condivise sulla base delle informazioni che provengono dagli esperti.
Nè in tal senso è possibile, da parte delle Regioni, appellarsi al Titolo V della Costituzione. La tutela della salute è infatti materia di legislazione concorrente, spettando però allo Stato la determinazione dei principi fondamentali ed alle Regioni la disciplina di dettaglio. Lo Stato è poi depositario esclusivo della clausola di “uniformità” per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), nonché attore in grado di vegliare sulla loro effettività, con l’esercizio del potere sostitutivo (art. 120, comma 2).
Un esempio concreto riguarda la regolamentazione dettagliata introdotta dal legislatore statale sul divieto di fumo. La giurisprudenza costituzionale, in tal senso, ha fatto leva sulll’interesse "unitario infrazionabile", corrispondente alla protezione del bene salute dagli effetti nocivi del fumo passivo sull’intero territorio nazionale. Per la Consulta le norme “antifumo” non ammettono differenziazioni regionali, non solo per i profili sostanziali ma anche per quelli procedimentali riguardanti l’iter di accertamento delle infrazioni e l’applicazione delle relative sanzioni (sentt. nn. 361/2003, 59/2006 e 63/2006). Le norme su tutti questi aspetti sono state considerate principi fondamentali della tutela della salute, anche quando sono state estremamente dettagliate, dal momento che dettano regole "necessariamente uniformi, stante la loro finalità di protezione di un bene, quale la salute della persona, ugualmente pregiudicato dall’esposizione al fumo passivo su tutto il territorio della Repubblica" (Corte cost., sent. n. 361/2003).
Ne consegue che lo Stato, per effetto della titolarità della legislazione esclusiva nella materia della lett. m) art. 117 della Costituzione, risulta dotato di "un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di un’adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti" (compreso il diritto alla salute), ed è nella condizione di "cagionare una rilevante compressione dell’autonomia regionale" (Corte cost., sent. n. 88/2003).
Insomma in punta di Costituzione e di precedenti sentenze in tema di tutela della Salute, non sembrerebbe esserci dubbio sulla possibilità del Governo nazionale di avocare a sé determinate funzioni e attribuzioni regionali. E se lo è per la tutela della salute dal fumo passivo, a maggior ragione il ragionamento può essere esteso alle misure necessarie a tutelare la salute di fronte alla possibile diffusione di ulteriori focolai di coronavirus sull'intero territorio nazionale. Sta alle Regioni il compito di coordinarsi con il livello centrale, mantenendo un atteggiamento di piena collaborazione e coordinamento con le indicazioni che provengono dagli esperti. L'auspicio è che non serva ricorrere a gesti estremi ma che prevalga il buon senso di tutti.
Giovanni Rodriquez
25 febbraio 2020
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