Coronavirus. “Epidemia non finirà da sola ma per terapie e vaccino non meno di 18 mesi. Ne usciremo senza troppi danni solo se misure di contenimento funzioneranno”. Forum con Ricciardi, Rezza, Capobianco e Burioni
di Federico Ruggeri
Sono ancora tante le incognite sull’evoluzione dell’epidemia e molti gli interrogativi ancora aperti sulle possibilità reali di contenerne l’espansione. Da pochi giorni, poi, due novità fanno discutere la comunità scientifica internazionale: il nuovo criterio di calcolo dei contagiati in Cina e la comparsa del primo caso in Africa. Ne abbiamo parlato con quattro esperti riconosciuti del COVID-19. Stesse domande, risposte non sempre univoche
17 FEB - Mentre il Dragone lotta con tutte le sue forze per contenere l’epidemia, nel mondo l’asticella della paura generalizzata s’impenna, a volte con reazioni prive di logica. Per provare a far luce su alcuni punti, abbiamo posto alcune domande a quattro massimi esperti sul COVID-19:
Walter Ricciardi, dell’executive board Oms,
Gianni Rezza, Direttore malattie infettive Istituto Superiore di Sanità,
Emanuele Capobianco, Direttore Salute della Croce Rossa Internazionale e
Roberto Burioni, Professore di Microbiologia e Virologia. Stesse domande con punti di vista non sempre univoci.
A partire dalla scelta delle autorità sanitarie cinesi di inserire tra i casi segnalati nella provincia di Hubei anche i pazienti non sottoposti al test ma con sola diagnosi clinica di sospetta COVID-19, che vanno da chi approva la misura a chi si domanda come questo non comprometta la capacità di leggere il trend epidemiologico, soprattutto Burioni che vede nei dati una confusione completa.
Alle parole d’ordine rigore ma niente panico che ormai risuonano dalle autorità sanitarie e su come si possano conciliare, Ricciardi cita “la ragione” e Rezza ricorda come una paura generalizzata tra le persone sia anche legittima, Capobianco vede nella cooperazione dei Governi con partners come la Croce Rossa un aiuto per isolare nuovi casi.
Emergenza che trova ovviamente un’attenzione mediatica. Mentre Ricciardi ritiene adeguata la risposta mediatica, è meno soddisfatto Rezza che si domanda perché alcune notizie vengano esasperate, con Burioni che parla di comunicazione che sappia informare senza allarmismi e Capobianco convinto dell’importanza dei media.
Mentre in Africa arriva il primo caso, la domanda se l’epidemia possa espandersi in un continente dai sistemi sanitari così deboli ha ragion di esistere, ma anche qui i punti di vista sono spesso divergenti. Su come l’epidemia potrà evolversi una domanda che trova una risposta corale, quella dell’incertezza. E anche sul vaccino la strada sembra non così breve.
Condivide la scelta effettuata dalle autorità sanitarie cinesi di inserire tra i casi segnalati nella provincia di Hubei anche pazienti non sottoposti al test ma con sola diagnosi clinica di sospetta COVID-19?
Ricciardi: Una scelta di necessità e obbligata che condivido. In Cina non riescono a fare tutti i test laboratoristici in tempo. Meglio essere prudenti e segnalare qualche caso in più che qualche caso in meno.
Rezza: Una misura legittima che in casi come questo permette di segnalare con più sensibilità casi di possibili infezioni. Il rischio è quello che potremmo avere dei dati che non corrispondono alla realtà e ci possa essere una sovrastima, del resto con i criteri precedenti, soprattutto quello che escludeva dal conteggio i casi positivi al test ma asintomatici al contrario il pericolo era quello di una sottostima del numero dei contagi. Condivido l’attuale scelta, ma il pericolo è di non avere un trend perfettamente chiaro di come si sta evolvendo l’epidemia.
Capobianco: Variazioni nella “case definition” sono frequenti in nuove malattie. In Wuhan pare che questa variazione sia stata influenzata dalla necessita’ di arrivare ad una diagnosi piu’ rapida visto l’alto numero di casi. Un cambiamento di questo tipo rende piu’ difficile comprendere i trend epidemiologici di una malattia in evoluzione e comporta il possibile rischio di confermare come casi pazienti non affetti da COVID19. Ma e’ una misura comprensibile data l’eccezionalita’ della situazione.
Burioni: Mi spiace ma io vedo i dati che arrivano dalla Cina molto confusi. Stento a comprendere quello che c’è alla base se non molta confusione. E’ un sistema sanitario sotto pressione. Ho la sensazione che i dati che arrivano da lì sono incompleti.
Pensa sia stata giusta la scelta di bloccare i voli da e per la Cina adottata dal nostro Governo e in generale come giudica le azioni varate in Italia per fronteggiare il virus?
Ricciardi: Come ha dichiarato l’Oms è una decisione senza una valida prova scientifica. Credo sia controproducente anche perché con gli scali internazionali le persone provenienti dalla Cina possono arrivare comunque e si rischia di perdere il controllo. Per il resto giudico complessivamente positiva la reazione e le misure adottate dal Governo.
Rezza: Una misura certamente dura quella del nostro Paese ma che condivido. Io credo sia necessario essere prudenti in una situazione così delicata. Il blocco dei voli non è ovviamente una misura permanente. Una scelta che non evita l’espansione del virus. Ma sicuramente permette al virus di rallentare la sua espansione e la cosa mi sembra positiva.
Capobianco: Più di 60 paesi, tra cui l’Italia, hanno deciso di bloccare i voli da e per la Cina, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità non abbia suggerito restrizioni di viaggio. Il blocco dei voli può ridurre il rischio di importazione di casi ma potrebbe avere conseguenze economiche importanti sia per la Cina che per l’Italia.
In linea generale la risposta dell’Italia è stata pronta e fino ad oggi adeguata. La vera sfida è ora la preparazione del sistema sanitario e del sistema di informazione per affrontare un eventuale aumento dei casi in futuro.
Burioni:Io sono molto d’accordo con questa scelta. Se mai altri Paesi stanno sottovalutando questa emergenza.
La nuova parola d’ordine delle nostre autorità sanitarie è rigore e controlli al massimo livello ma niente allarmismo e panico. Si possono conciliare questi due apparentemente contrastanti atteggiamenti?
Ricciardi: Con la ragione. Stiamo vivendo una situazione particolare, quella di un virus per il quale non abbiamo un vaccino e una terapia. Dobbiamo essere consapevoli di trovarci di fronte ad un problema serio ma non siamo di fronte a un virus che ha una letalità altissima ma sicuramente un’alta contagiosità. Dobbiamo informare tutti i cittadini che quando ci si trova di fronte a virus respiratori bisogni stare molto attenti ma che le misure del nostro Paese sono quelle giuste. Ad eccezione dell’interruzione dei voli diretti.
Rezza:Non dobbiamo di certo farci prendere da allarmismi, panico o da comportamenti assurdi. Ma sicuramente credo che davanti ad un’emergenza del genere una paura generalizzata tra le persone sia naturale e anche comprensibile.
Capobianco: In questa delicata fase dell’epidemia è importante che i governi, in collaborazione con partners come la Croce Rossa, mantengano la massima allerta e che mettano in atto protocolli per identificare e isolare nuovi casi e ricorrano alla quarantena per persone che siano state in contatto con persone affette da COVID19. E’ altrettanto importante che i governi e i partners, incluso il settore privato, lavorino su piani di contingenza per prepararsi al possibile aumento di casi. Detto ciò, il panico e l’allarmismo non hanno alcun senso visto che al momento sono stati riportati solo 3 casi in Italia. La migliore risposta contro il panico e l’allarmismo è un’informazione puntuale e corretta sull’epidemia e sui rischi, per ora minimi, che essa pone all’Italia.
Burioni: Si devono conciliare è questo l’approccio esatto. In Italia non dobbiamo avere paura perchè il virus non c’è. Questo non vuol dire che in termini generali non dobbiamo preoccuparci. Chi viene dalla Cina può essere infettato, prevedere la quarantena da chi arriva da quel Paese è doverosa. L’approccio esatto è nessun allarmismo perchè il virus non c’è, niente panico o discriminazione perchè non hanno ragione di esistere e grandissima attenzione perchè il virus non arrivi.
Come hanno risposto in generale i media italiani a questa emergenza?
Ricciardi: I media hanno un ruolo importante e credo che in Italia se lo siano giocato bene. Ad eccezione di alcuni quotidiani schierati che hanno trasferito alcune loro idee politiche chiamando in gioco alcune derive ideologiche. Quando si parla di epidemia si chiamano in campo paure collettive come quella degli immigrati. Quando si parla del problema africano è un problema di per sé non per noi.
Rezza: Non so se derivi da un momento in cui la domanda del mercato dell’informazione abbia bisogno di sempre più notizie ma a volte alcune di esse vengono esasperate.
Capobianco: L’Italia è uno dei paesi al mondo in cui si parla di piu’ del coronavirus. C’e’ grande interesse nel pubblico e i media stanno condividendo molte informazioni sull’epidemia e su casi singoli legati all’epidemia. Molta informazione e’ di qualita’. E’ importante che l’attenzione mediatica continui e che i media si preparino a gestire le prossime tappe dell’epidemia, basando l’informazione sull’ evidenza scientifica e evitando stigmatizzazione di gruppi o individui affetti da COVID19.
Burioni: L’informazione deve essere corretta non si deve nascondere la pericolosità ma nemmeno fare allarmismo. Ci vuole una comunicazione molto equilibrata.
E’ stato segnalato il primo caso in Africa (Egitto). Quali ripercussioni dobbiamo attenderci considerando la debolezza strutturale dei sistemi sanitari del continente africano?
Ricciardi: Non è una buona notizia ma prima o poi ce l’aspettavamo. Il Nord Africa è vicino e dobbiamo portare meccanismi di supporto a livello locale come sta facendo l’Oms. Certo i sistemi sanitari sono deboli e la cosa deve preoccuparci. Dobbiamo continuare sulla scia della cooperazione e aiutare i paesi poveri che hanno capacità di risposta molto limitate.
Rezza: Chiaro che la cosa deve preoccuparci in un continente dove i sistemi sanitari sono deboli ma per ora il virus non si è propagato. Certo che se il virus arrivasse in una grande città dell’Africa gli esiti diventano pericolosi. Ma per ora il caso dell’infetto è stato isolato e identificato senza che presentasse sintomi rilevanti. Questa mi sembra una buona notizia perché dimostra che i controlli attuati con l’aiuto dell’Oms risultano attivi.
Capobianco: Il primo caso in Africa non è una sorpresa, visto che praticamente tutti i continenti hanno riportato casi di COVID19. La preoccupazione degli operatori sanitari per l’ Africa e’ maggiore visto i limiti dei sistemi sanitari in molti paesi africani. E’ quindi necessario prioritizzare investimenti nel rafforzamento della capacita’ dei sistemi sanitari per rispondere non solo a questa epidemia, ma anche alle terribili epidemie di morbillo, colera ed ebola che raramente attraggono l’attenzione dei giornali italiani. La Federazione della Croce Rossa e’ da sempre impegnata in Africa per aiutare nella preparazione e nella risposta alle epidemie. In relazione al coronavirus, un appello d’emergenza e’ stato lanciato questa settimana a Ginevra con l’intento di raccogliere fondi per aiutare diversi paesi africani nella prevenzione e nella possibile gestione dell’ epidemia di COVID19.
Burioni: C’è stato un caso ma ancora non è stato dimostrato un contagio locale, ci stiamo fasciando la testa prima di essercela rotta. Poi la situazione cambia in continuazione quindi quello che dico oggi può cambiare domani.
Si può ipotizzare quando e come finirà questa epidemia? Dovremo aspettare una terapia e un vaccino o scemerà comunque da sola?
Ricciardi: No l’epidemia non scemerà da sola ma solo con l’intervento umano, se l’epidemia non è contenuta dilaga. Non siamo in grado di dire quando finirà perché siamo in un momento di crescita e le prossime due settimane saranno decisive per capire se sta raggiungendo un picco. Poi dobbiamo vedere se i dati che ci arrivano dalla Cina sono attendibili. L’unica cosa certa è che non sarà una cosa breve. Per avere un vaccino operativo io credo non meno di due anni. Gli americani stanno studiando il Coronavirus dal 2003 e questo può essere un vantaggio anche grazie al vaccino che era stato sviluppato per la Sars. Aiuto perché c’è una corrispondenza del genoma dell’80 % ma il restante 20 % è tantissimo. Quindi può essere utile ma non applicabile.
Rezza: No non potrà scemare da sola. E gli esiti su come si evolverà l’epidemia sono ancora incerti non possiamo fare previsioni. Abbiamo due ipotesi: una in cui il virus si propaga con altri focolai l’altra, quella che tutti ci auguriamo, che venga contenuta. Per ora la cosa positiva è quella che i focolai in Cina sembrano essere sotto controllo. Per il vaccino non meno di un anno e mezzo.
Capobianco: Il percorso di quest’ epidemia è al momento non prevedibile ed è altamente improbabile che un vaccino o una terapia siano disponibili nel prossimo futuro. Se le misure di contenimento in atto in Cina e in molti paesi del mondo, incluso l’Italia, funzioneranno, l’epidemia potrebbe scemare nelle prossime settimane. Se le misure di contenimento non dovessero funzionare, l’epidemia continuera’ a propagarsi sia in Cina che in altri paesi. Avremo quindi quella che si chiama una pandemia. In questo caso il numero delle persone affette dalla malattia potrebbe crescere notevolmente in diversi paesi. Uno scenario di questo tipo creerebbe notevole difficolta’ per i sistemi sanitari nel mondo, e particularmente per quelli piu’ deboli. Al riguardo e’ importante ricordare che l’85% delle persone infette ha sintomi che si risolvono autonomamente ma che il 15% richiede ospedalizzazione. Il numero di vittime di una pandemia dipendera’ dal tasso di mortalita’ del virus che in questo momento e’ intorno al 2% di tutte le persone infette.
Burioni: Non lo sappiamo potrebbero esserci molti scenari. Il più favorevole è quello che la Cina possa contenere l’epidemia. Credo che aspettarsi un vaccino prima di due anni sia peccare di ottimismo. Per il vaccino sviluppato per la Sars e la sua utilità lo vedremo con i dati di reattività crociata. Ma credo debba essere sviluppato un nuovo vaccino.
Federico Ruggeri
17 febbraio 2020
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