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Alzheimer: evitare errori nella diagnosi con una risonanza magnetica

di Megan Brooks

L’imaging con risonanza magnetica (MRI) permette di distinguere le lesioni cerebrali dovute alla Malattia di Alzheimer dalle lesioni cerebrali traumatiche che provocano perdita di memoria. Lo rivela uno studio statunitense pubblicato dal Journal of Alzheimer’s Disease.

30 OTT - (Reuters Health) –  Per valutare l’efficacia dell’uso delll’imaging con risonanza magnetica nella diagnosi differenziale di Malattia di Alzheimer, Cyrus Raji e colleghi del Mallinckrodt Institute of Radiology, dell’Università di Washington a St. Louis, hanno osservato le scansioni MRI di 40 pazienti (età media 67,7 anni) con una storia di lesioni cerebrali traumatiche che presentavano demenza o in generale deficit cognitivi.
 
Per ogni paziente è stata eseguita una risonanza magnetica, la sequenza volumetrica in 3D è stata analizzata con il software di valutazione cerebrale volumetrica Neuroreader. Il volume cerebrale dei 40 partecipanti veniva poi confrontato con un database normativo per determinare l’estensione dell’atrofia.
 
I risultati hanno mostrato che le lesioni traumatiche provocavano un danno maggiore al livello del diencefalo ventrale, una regione del cervello associata all’apprendimento e alle emozioni. L’atrofia era invece minima nell’ippocampo, la regione del cervello coinvolta nella memoria e nelle emozioni e che è maggiormente influenzata dalla demenza.
 
“Il fatto che non abbiamo riscontrato atrofia ippocampale o temporale parietale predominante in questo gruppo rispetto ad altre regioni suggerisce che il danno cerebrale e i meccanismi del declino cognitivo correlati a lesioni traumatiche sono potenzialmente distinguibili da quelli dell’Alzheimer e altre demenze“, scrivono i ricercatori.
 
“Penso che alle persone anziane con perdita di memoria venga diagnosticata quasi per default la malattia di Alzheimer”, conclude Raji. “Con una risonanza magnetica è possibile evitare un errore nella diagnosi di Alzheimer valutando le lesioni a livello dell’ippocampo”.
 
Fonte: J Alzheimers Dis 2019
 
Megan Brooks
 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

30 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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