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Farmaci: originale o equivalente? I farmacologi: “Prevale il pregiudizio che di marca sia meglio”


Nuovo documento della Società Italiana di Farmacologia che analizza le differenze tra i farmaci branded e gli equivalenti. “Ancora oggi troppi operatori sanitari e troppi pazienti considerano, per mancanza di una corretta informazione, gli equivalenti farmaci inferiori a quelli di riferimento in termini di efficacia e sicurezza”. IL DOCUMENTO

24 OTT - È una domanda che vi potreste sentire rivolgere spesso, dal farmacista, quando presentate la vostra ricetta medica: “Preferisce l’originale oppure l’equivalente?”. Quale differenza sussiste tra l’uno e l’altro? Hanno diversa efficacia? Sono sicuri allo stesso modo? Tutte domande legittime le cui risposte un cittadino dovrebbe avere il diritto di conoscere in modo chiaro e definitivo. “Ancora oggi troppi operatori sanitari e troppi pazienti – avverte la Società Italiana di Farmacologia – considerano, per mancanza di una corretta informazione, gli equivalenti farmaci inferiori a quelli di riferimento in termini di efficacia e sicurezza. Ecco perché la SIF ha deciso di pubblicare un nuovo Position Paper su «I farmaci equivalenti», per un aggiornamento continuo del cittadino come tale, come consumatore e paziente, da tutelare in ogni fase del suo approccio al farmaco”.
 
In questo senso prosegue anche il progetto «EquiBios-SIF» è un percorso formativo per gli studenti universitari che saranno i professionisti della salute di domani (medici, farmacisti, infermieri), che serve a fare conoscere cosa sono e quali sono i percorsi regolatori che portano alla immissione in commercio dei farmaci equivalenti e biosimilari.
 
“Non è più accettabile che su questi temi gli studenti non ricevano una informazione precisa da chi questi temi li conosce, per formazione, molto bene – afferma il Presidente SIF, Alessandro Mugelli –. Purtroppo, la nostra esperienza è che troppi operatori sanitari hanno convinzioni errate, non avendo purtroppo avuto questo tipo di informazione durante l’università”.
 
“Equivalente – spiega SIF nel suo position paper – significa quindi dimostrare che le differenze di comportamento tra i due farmaci nell’organismo […] non sono diverse rispetto all’intervallo di variabilità ritenuto internazionalmente compatibile con la bioequivalenza e quindi con la equivalenza terapeutica». In altre parole, sostanzialmente, per farmaci che contengono lo stesso principio attivo nella medesima quantità, occorre dimostrare che alcuni parametri rilevanti per il profilo farmacocinetico, cioè fondamentalmente il tempo di assorbimento e la concentrazione massima raggiunta nel sangue, sono sovrapponibili”.
 
Va precisato che “come per qualsiasi altro farmaco – scrive la SIF – i controlli sugli equivalenti sono rigorosi e continui e per quei farmaci con basso indice terapeutico (antiepilettici, anticoagulanti orali, antiaritmici e altri), gli intervalli per i criteri di bioequivalenza sono più stretti”. L’indice terapeutico è un parametro che individua il rapporto tra la concentrazione terapeutica e quella che causa effetti negativi, e rappresenta quindi un indicatore di sicurezza e della maneggevolezza di un trattamento farmacologico.

Infine, la raccomandazione della Società, che invita i cittadini a fidarsi delle fonti corrette e intende proporsi come «l’amico colto del cittadino». “Ancora oggi troppi operatori sanitari e troppi pazienti – avverte quindi SIF in chiusura del documento – considerano, per mancanza di una corretta informazione, gli equivalenti come farmaci inferiori rispetto a quelli di riferimento in termini di efficacia clinica, tollerabilità e, addirittura, di qualità. Ciò, ovviamente, è del tutto falso; l’esperienza nell’uso clinico quotidiano, i dati provenienti dalla letteratura scientifica, la qualità dei percorsi autorizzativi e dei controlli da parte delle autorità regolatorie deve rassicurare sanitari e pazienti sulla loro sovrapponibilità in termini di qualità, efficacia e sicurezza”.

24 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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