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Al via a Barcellona Esmo 2019, ed è subito immunoterapia

di Sabina Mastrangelo

Più di 28mila partecipanti attesi da tutto il mondo e oltre 2.200 abstract presentati, per un incontro che punta a traslare il più velocemente possibile gli avanzamenti nel campo della ricerca alla pratica clinica di tutti i giorni. E già nel giorno di apertura si parla di immunoterapia

28 SET - Con più di 2.200 abstract attesi e 93 presentazioni late breaking si è aperto ieri a Barcellona l'ESMO2019, il congresso annuale dell'European Society of Medical Oncology. All'incontro, che si chiuderà il 1 ottobre, sono attesi oltre 28mila medici, che come ogni anno si confrontano per fare il punto sulle ultime novità in campo oncologico, dalla prevenzione alla diagnosi dei tumori, dai trattamenti agli aspetti sociali per migliorare la qualità di vita dei pazienti.
 
E proprio i pazienti sono sempre più al centro di questo evento. “Anche se l'ESMO è principalmente un meeting scientifico, ciò che vogliamo è traslare, il prima possibile, gli avanzamenti della clinica alla pratica reale, per offrire le migliori cure al paziente”, ha sottolineato nel messaggio di benvenuto il presidente ESMO Josep Tabernero, del Val d'Hebron Hospital di Barcellona, spiegando anche l'importanza di avere un approccio multidisciplinare alla terapia.
 
Nella prima giornata di incontri, il congresso è entrato subito nel vivo, con l'immunoterapia applicata all'oncologia che punta a tenere la scena anche al meeting di quest'anno. Nella giornata di apertura sono stati presentati i risultati dello studio IMpower110, che ha valutato l'efficacia di atezolizumab in monoterapia in prima linea, rispetto alla chemioterapia da sola, in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule squamoso e non squamoso in stadio avanzato, senza mutazioni ALK o EGFR.
 
Da un'analisi intermedia della sperimentazione, presentata da David Spigel, del Sarah Cannon Research Institute di Nashville, in Tennessee (USA), è emerso che la monoterapia con atezolizumab ha migliorato la sopravvivenza globale di 7,1 mesi rispetto alla sola chemioterapia, in pazienti con elevata espressione di PD-1, superiore o uguale al 50%, e indipendentemente dall'istologia tumorale. Inoltre, la sicurezza della terapia è risultata in linea con il profilo di sicurezza già noto dell'inibitore di checkpoint. Lo studio, dunque, ha raggiunto l'endpoint primario, mentre l'analisi andrà avanti raccogliendo dati anche sui pazienti che non hanno un'iperespressione di PD-1.
 
Secondo Filippo de Marinis, Direttore dell'Oncologia Medica Toracica dell'Istituto Europeo di Oncologia, “analizzando i dati, l'aumento della sopravvivenza, dopo i primi tre mesi critici, è del 41%, che arriva al 15% a un anno. Percentuali che confermano l'efficacia dell'immunoterapia”.
 
“Gli ultimi dati AIOM – ha proseguito De Marinis - evidenziano come in Italia il numero di diagnosi di tumore del polmone, circa 4.300, sia superiore al numero di morti per questa patologia, che non supera i 3.500, quando fino a qualche anno fa questi due valori erano sovrapponibili. Un dato che dimostra che c'è una sopravvivenza”. L'immunoterapia, che può essere somministrata ai pazienti che hanno un'iperespressione di PD-1, pari a circa il 30% di tutti i malati di carcinoma polmonare, ha sicuramente contribuito a migliorare le cure.

Oltre alla sopravvivenza, poi, “c'è il vantaggio di evitare la chemioterapia e i conseguenti pesanti effetti collaterali che questa comporta”, ha spiegato De Marinis, soffermandosi anche sullo schema di somministrazione di atezolizumab che, essendo iniettato con un'infusione di circa 30 minuti da fare ogni tre settimane, “può essere vantaggioso soprattutto per chi vive lontano dai centri oncologici e che può andare, così, meno di frequente a sottoporsi ai trattamenti”, ha concluso l'oncologo.
 
Sabina Mastrangelo

28 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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