Infarto. Disponibile in Italia nuovo trattamento farmacologico
È ora disponibile in Italia un nuovo trattamento farmacologico, frutto della ricerca di Astrazeneca, per ridurre, come dimostrato dagli studi, fino al 21% il rischio relativo di morte cardiovascolare.
29 FEB - E’ ora disponibile anche in Italia ticagrelor, l’antiaggregante piastrinico di nuova generazione efficace nel ridurre del 16% il rischio combinato di infarto miocardico, morte cardiovascolare, ictus in pazienti affetti da Sindrome Coronarica Acuta (SCA). Ad annunciarlo, nel corso di una conferenza stampa, è stata la stessa azienda, presentando i dati di uno studio che hanno evidenziato una riduzione del 21% del rischio relativo di morte cardiovascolare grazie alla nuova terapia rispetto alla terapia standard, con un buon profilo di rischio emorragico.”Grazie alle sue proprietà farmacologiche e al suo meccanismo d’azione che permette un’insorgenza d’azione rapida e reversibile, ticagrelor si è dimostrato efficace per tutti i pazienti affetti da SCA, indipendentemente dal loro genotipo e dalla tipologia di intervento attuata in acuto”.
Queste evidenze sono state dimostrate dallo studio PLATO (a study of PLATelet inhibition and patients Outcomes), l’importante trial di confronto multicentrico - randomizzato e condotto su 18.624 pazienti in 43 paesi - che ha valutato positivamente efficacia e sicurezza del nuovo antiaggregante orale ticagrelor, in confronto alla terapia standard con clopidogrel. “Sulla base di queste evidenze – spiega l’azienda -, ticagrelor è menzionato nelle principali Linee Guida europee, americane e canadesi e ha, inoltre, ottenuto ad oggi l’autorizzazione al commercio in 65 paesi nel mondo”.
Primo farmaco di una nuova classe chimica di antagonisti del recettore P2Y12 denominata ciclo-pentiltriazolo- pirimidina (CPTP), ticagrelor in associazione con l’aspirina, è indicato per la prevenzione di eventi cardiovascolari in pazienti adulti affetti da sindrome coronarica acuta, compresi i pazienti trattati con la sola terapia medica, sottoposti ad angioplastica o all’impianto di bypass aorto-coronarico per ripristinare la pervietà delle arterie coronariche occluse.
Con circa 130.000 ricoveri ospedalieri all’anno ed un tasso di mortalità in unità coronarica che può arrivare al 10%, la SCA rappresenta una condizione patologica tra le più gravi e con un impatto sociale rilevante,2 in particolar modo per gli anziani (l’età media dei pazienti è tra i 65 e i 70 anni, con più di un terzo over 75) e le persone affette da diabete mellito (ne soffre circa un quarto dei pazienti con SCA).3“Gli infarti Nonstemi, in particolare, sono in progressivo aumento con una frequenza quasi doppia rispetto agli infarti STEMI (rispettivamente 61,1% contro 38,9%, nel 2005)”, ha spiegato Francesco Bovenzi, direttore del Dipartimento cardio-respiratorio Unità operativa di Cardiologia dell’Ospedale Campo di Marte a Lucca. “La diminuzione nella prevalenza di questi ultimi è almeno in parte dovuta ai progressi nella gestione dell’emergenza-urgenza in acuto, ma anche agli interventi sugli stili di vita e alle terapie farmacologiche. Purtroppo – ha proseguito - , ancora oggi, il 60% di chi sopravvive al primo infarto va incontro ad un secondo evento, con un rischio di mortalità tre volte maggiore”
.
“Occorre tener presente – ha aggiunto Marino Scherillo, direttore del Dipartimento CardioScienze dell'Azienda Ospedaliera Rummo di Benevento e presidente Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (Anmco) - che per curare l’infarto, in Italia sono attive 416 Unità Coronariche - in pratica una ogni 150.000 abitanti - di cui circa la metà con Emodinamica per effettuare l’angioplastica coronarica d’urgenza, omogeneamente distribuite su tutto il territorio nazionale. Se il paziente con infarto si ricovera in Unità Coronarica, la mortalità è solo del 3%, tra le più basse osservate in Europa, come attesta uno studio dell’Anmco condotto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Questo studio ha inoltre evidenziato che la mortalità per infarto raddoppia a 30 giorni dalla dimissione e quasi quadruplica a 1 anno”.
Ciò, ha aggiunto Scherillo, “a dimostrazione del fatto che l’infarto è una malattia cronica con un esordio acuto, che necessita di costante attenzione nell’aderenza alla terapia farmacologica. I cardini della terapia farmacologica dell’infarto miocardico – aggiunge Scherillo - sono rappresentati da Asa e antiaggreganti piastrinici di nuova generazione, dalle statine, Ace-inibitori o sartani e dai betabloccanti: le quattro classi di farmaci che hanno ripetutamente dimostrato di ridurre mortalità e morbilità per infarto, sia nella fase acuta sia in quella post-acuta”.
Salvatore Novo, direttore della cattedra di malattie cardiovascolari dell’Università di Palermo e Presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic), ha quindi spiegato che “negli anni, la ricerca scientifica ha prodotto un progresso significativo nell’ottica di rendere più efficace il trattamento dell’infarto miocardico. Gli obiettivi terapeutici della ricerca, dal punto di vista del trattamento farmacologico antiaggregante, si sono concentrati sul garantire una pronta e adeguata riperfusione del muscolo cardiaco, la minimizzazione dei danni prodotti dalla necrosi ischemica, la riduzione del rischio di formazione di nuovi trombi e la massima riduzione del tempo di sospensione della terapia antipiastrinica imposto da interventi invasivi”.
Nell’ultimo decennio, in Italia, i farmaci antiaggreganti piastrinici hanno permesso di ridurre, la mortalità per infarto del miocardio dal 166 al 64,6 per 100mila abitanti.4 Purtroppo ancora oltre 5.000 vittime ogni anno potrebbero essere evitate grazie a cure più adeguate, ad una corretta riabilitazione cardiovascolare e al rispetto di stili di vita salutari. “Ticagrelor è importante perché rappresenta il superamento dello standard terapeutico attuale”, ha confermato Diego Ardissino, direttore dell'Unità operativa di Cardiologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. “L’obiettivo
di ogni nuova terapia antipiastrinica nei pazienti con eventi ischemici coronarici – ha aggiunto Ardissino - è di migliorare l’efficacia del trattamento, associato ad un buon profilo di rischio emorragico. A questo riguardo, come evidenziato dai risultati dello studio PLATO, il tasso di sanguinamenti maggiori e di sanguinamenti fatali non differisce in misura significativa tra i due farmaci messi a confronto (11,6 vs 11,2%) mentre sono stati più numerosi con ticagrelor rispetto a clopidogrel (3,1 vs 2,3%) sanguinamenti non legati alle procedure di trattamento e non conseguenti a CABG.1 Rispetto a tali obiettivi – ha proseguito -, ticagrelor è quindi un nuovo farmaco anti-aggregante che soddisfa entrambi gli obiettivi terapeutici. Inoltre, ticagrelor ha dimostrato di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari precocemente e l’effetto del trattamento si mantiene costante nei 12 mesi”.
“Ticagrelor – ha concluso Raffaele Sabia, vice president medica AstraZeneca Italia - rappresenta una svolta nella storia della medicina cardiovascolare. Grazie a questo farmaco, migliaia di pazienti avranno ora una nuova chance di ridurre il rischio di un evento grave o fatale quale l’infarto. Ticagrelor rappresenta un’importante innovazione terapeutica, clinicamente ed economicamente valida,6 come riconosciuto dalle maggiori linee guida internazionali e dal NICE.7 E’ il frutto di un lungo percorso di ricerca iniziato nel 1997 e che a oggi ha coinvolto nel mondo oltre 32mila pazienti. In oltre 50 anni – ha detto ancora Sabia - abbiamo segnato importanti tappe nella cura delle patologie cardiovascolari, a partire dalla scoperta dei primi β-bloccanti, fino ad arrivare a rosuvastatina, efficace nel ridurre la morbilità e mortalità cardiovascolare e a ticagrelor, un farmaco destinato a disegnare un nuovo scenario nella cura
dell’infarto”.
29 febbraio 2012
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