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Bere tè protegge il cervello dall’invecchiamento. Per la prima volta uno studio dimostra perché

di Maria Rita Montebelli

L’abitudine di consumare tè almeno 4 volte a settimana per buona parte della vita funge da elisir di lunga vita per il cervello. A rivelarlo è uno studio che arriva da Singapore, che dimostra per la prima volta un effetto del tè sulle connessioni tra le diverse regioni cerebrali, in pratica sulle ‘autostrade’ dei flussi di informazioni che rimangono più fluide e performanti nei bevitori di tè.

14 SET - Gli anziani che bevono tè almeno quattro volte a settimana hanno un cervello più ‘giovane’ e performante. L’annuncio arriva da uno studio effettuato presso l’Università nazionale di Singapore (NSU), in collaborazione con la University of Essex e quella di Cambridge e pubblicato su Aging.
 
I bevitori abituali di tè presenterebbero secondo questa ricerca una migliore organizzazione delle regioni cerebrali, fatto questo che si associa ad una migliore funzione cognitiva, rispetto ai non consumatori.
 “I risultati della nostra ricerca – commenta Feng Lei, dipartimento di Medicina Psicologica presso la NUS Yong Loo Lin School of Medicine – dimostrano per la prima volta il contributo positivo del tè sulla struttura del cervello e suggeriscono che bere tè in maniera regolare si associa ad un effetto protettivo contro il declino dell’organizzazione cerebrale, correlato all’invecchiamento”.
 
Perché il tè fa bene al cervello
Studi condotti in passato hanno dimostrato che  bere tè è salutare; gli effetti positivi della bevanda ambrata vanno dal miglioramento del tono dell’umore, alla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Nel 2017 lo stesso gruppo di studio che firma il lavoro pubblicato su Aging, aveva dimostrato che il consumo giornaliero di tè può ridurre il rischio di declino cognitivo del 50 per cento tra gli anziani. Il gruppo di Feng è andato avanti su questo filone di ricerca, andando a studiare l’impatto ‘diretto’ del tè sui circuiti cerebrali.
 
Lo studio è stato realizzato dal 2015 al 2018 su 36 soggetti adulti di età superiore ai 60 anni, dei quali sono stati raccolti relativi allo stato di salute, alle abitudini di vita, agli aspetti del benessere psicologico. Tutti sono stati sottoposti a test neuropsicologici e a risonanza magnetica cerebrale.
Dall’analisi delle performance cerebrali e degli esami di neuroimaging, gli autori hanno evidenziato che chi aveva consumato tè (verdè, oolong, nero) almeno quattro volte a settimana per  circa 25 anni, presentava una più efficiente interconnessione delle regioni cerebrali.
 
“Una similitudine di quanto abbiamo osservato – commenta Feng - si può fare col traffico stradale. Le regioni cerebrali sono le destinazioni, mentre le connessioni tra le diverse regioni sono le strade. Quando una rete stradale è meglio organizzata, il traffico delle macchine e dei passeggeri risulta più efficiente e consuma meno risorse. Allo stesso modo, quando le connessioni tra diverse regioni del cervello sono più strutturate, il processamento delle informazioni avviene in maniera più efficiente. Nei nostri studi precedenti avevamo dimostrato che i bevitori di tè presentano delle funzioni cognitive migliori rispetto ai non consumatori. I risultati di questo nuovo studio, relativo ai network cerebrali, supportano indirettamente i risultati delle nostre precedenti ricerche, dimostrando gli effetti positivi di un consumo regolare di tè nel migliorare l’organizzazione cerebrale, ottenuta prevenendo la distruzione delle connessioni inter-regionali”.
 
Il gruppo di Singapore ha annunciato che le prossime ricerche consisteranno nell’esaminare gli effetti del tè e dei composti bioattivi che contiene sui processi di declino cognitivo.
 
Maria Rita Montebelli

14 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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