Car-T. Ad un anno dall’approvazione europea si fa il punto sulla situazione italiana
di Michela Perrone
Mentre sono in corso i negoziati tra aziende e Aifa per la rimborsabilità dei farmaci, a Milano si è tenuto un workshop coi massimi esperti in materia. Tra i nodi da sciogliere, la scelta dei 20 Centri d’eccellenza che dovranno occuparsi del trattamento e la formazione dei team multidisciplinari
24 GIU - Un anno fa – era il 27 agosto 2018 – l’Ema, l’Agenzia regolatoria europea, ha approvato la terapia con cellule Car-T. Una vera e propria rivoluzione che permette di riprogrammare alcune cellule del paziente (i linfociti T appunto), in modo da renderle capaci, una volta reinfuse, di riconoscere e bersagliare i tumori. Fra tutti i pazienti eleggibili alla terapia, la percentuale di guarigione è pari al 40-50%. Al momento in Italia è in corso la negoziazione Aifa per la rimborsabilità dei due farmaci disponibili (Kymriah di Novartis e Yescarta di Gilead). Secondo gli esperti, la terapia potrebbe essere disponibile in Italia entro l’anno.
Lunedì 24 giugno il gotha di questa terapia si è riunito a Milano, in occasione del “1° Italian workshop on Car T-cell Therapy”. All’evento ha preso parte anche
Carl June, direttore del Center for Cellular Immunotherapies dell’Università della Pennsylvania e pioniere delle Car-T Cells. L’incontro ha visto riunite tutte le società scientifiche operanti nel settore: Sie (Società Italiana Ematologia), Sies (Società Italiana di Ematologia Sperimentale), Aieop (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica), Gitmo (Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare) e Fil (Fondazione Italiana linfomi).
Quali pazienti
Questa terapia è riservata a chi ha fallito i trattamenti convenzionali. In particolare, l’Ema ha approvato la Car T “nei pazienti fino ai 25 anni con leucemia linfoblastica acuta a differenziazione B cellulare (Lla-Bcp) in seconda ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o in prima ricaduta post trapianto emopoietico e nei pazienti adulti affetti da linfomi diffusi a grandi cellule B e da linfomi primitivi del mediastino a grandi cellule B refrattari o resistenti a due o più linee di terapia sistemica”, ha spiegato
Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Si tratta perciò di un approccio terapeutico destinato solo a pazienti selezionati: “In Italia i pazienti potenziali con linfoma potrebbero essere 300–400 all’anno ed al momento è solo disponibile l’uso compassionevole di una delle due Car-T che consente di trattare un paziente al mese presso la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano”, ha ricordato
Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia e direttore della Divisione di Ematologia della struttura meneghina. A questi numeri si aggiungono circa 40 bambini con leucemia linfoblastica acuta che potrebbero beneficiare della terapia.
In uno studio condotto all'Ospedale Bambino Gesù di Roma basato sull'impiego delle cellule Car-T nelle Lla-Bcp e nei linfomi a cellule B, “la terapia ha mostrato una risposta decisamente favorevole nei 15 pazienti trattati con percentuali di ottenimento della remissione di malattia superiori all'80% - ha illustrato Locatelli - Anche i primi dati di risposta iniziale nei bambini con neuroblastoma sono promettenti e inducono largamente a proseguire sulla strada intrapresa”.
Gli effetti collaterali
La terapia, tuttavia, non è priva di rischi. “I possibili effetti collaterali osservati sono la sindrome da rilascio citochinico e gli effetti avversi neurologici - ha evidenziato Corradini - La sindrome da rilascio citochinico è legata all’attività delle Car-T e può presentarsi in circa il 25% dei pazienti con febbre molto alta, abbassamento della pressione, difficoltà respiratorie e insufficienza renale”. La mortalità di questo trattamento è circa del 5%. Per questo è fondamentale muoversi tempestivamente ai primi segni di sviluppo di questa complicanza e con le terapie appropriate (farmaci corticosteroidei o anticorpi che bloccano le citochine coinvolte nella fisopatologia di questa condizione).
Centri dedicati e team multidisciplinari
“È fondamentale che la terapia con cellule Car-T venga eseguita in Centri selezionati ad alta qualificazione e con esperienza specifica – ha evidenziato Locatelli – e svolta da team multidisciplinari in grado non solo di ingegnerizzare correttamente le cellule, ma anche di cogliere subito i sintomi degli effetti collaterali e di gestire di conseguenza i pazienti. La neurotossicità in rarissimi casi occorsi in soggetti adulti è risultata essere anche fatale”.
L’identificazione dei Centri, che in Italia saranno 20, spetta alle istituzioni sanitarie. I due esperti hanno sottolineato l’importanza di partire il prima possibile con alcuni centri attivi a livello italiano, che possano maturare la curva d’apprendimento necessaria per operare al meglio e per diventare punti di riferimento per quelli che seguiranno. “In questo, purtroppo, un Sistema sanitario basato sulle autonomie regionali non aiuta”, ha concluso Corradini.
Michela Perrone
24 giugno 2019
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