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Fake news: si possono smascherare studiando i ‘pesci d’Aprile’

di Maria Rita Montebelli

Dallo studio dei ‘pesci d’Aprile’  possono venire tanti suggerimenti per smascherare le fake news. E’ quanto stabilisce una ricerca condotta da esperti in Processamento del Linguaggio Naturale dell’Università di Lancaster, che sarà presentata alla 20° International Conference on Computational Linguistics and Intelligent Text Processing (Rochelle, Francia, 7-13 aprile).

01 APR - Sono tante le somiglianze tra la struttura dei ‘pesci d’Aprile’ (pubblicati in tutto il mondo oggi) e le fake news. A questa conclusione sono giunti degli esperti di linguaggio, studiando oltre 500 ‘pesci d’Aprile’ pubblicati su 370 siti web in un arco temporale di 14 anni.
 
“Gli scherzi che vanno sotto il nome di ‘pesci d’Aprile’ – commenta il primo autore della ricerca, Edward Dearden dell’Università di Lancaster – sono preziosi in quanto rappresentano un insieme verificabile di testi ingannevoli , che ci offrono l’opportunità di studiare le tecniche di linguaggio utilizzate da chi scrive qualcosa di falso, travestendolo da descrizione dei fatti. Studiando il linguaggio dei pesci d’Aprile e confrontandolo con le fake news possiamo farci una più chiara idea del tipo di linguaggio utilizzato dagli autori della disinformazione”.
 
E’ possibile rintracciare nei testi ‘fake’ delle caratteristiche peculiari, come la quantità di dettagli, l’indeterminatezza, la formalità dello stile della scrittura e la complessità del linguaggio.
Dal confronto tra fake news e pesci d’Aprile emergono una serie di caratteristiche comuni; entrambi ad esempio utilizzano un linguaggio meno complesso, facilmente leggibile e con frasi più lunghe rispetto alle notizie reali. Il pesce d’Aprile dà meno dettagli rispetto a informazioni importanti in una storia vera (nomi, luoghi, date e tempi); allo stesso tempo però nomi di politici famosi (es.Trump, Hillary) tendono ad essere più abbondanti nelle fake news, che nelle news giornalistiche (vere) e nei ‘pesci d’Aprile’.
 
Un altro tratto in comune tanto alle fake news che ai pesci d’Aprile è l’uso dei pronome ‘noi’, una caratteristica che va ad infrangere il falso mito che i bugiardi tendano ad usare meno di frequente la prima persona.
 
I pesci d’Aprile, rispetto alle news vere tendono ad essere più brevi, ma utilizzano frasi più lunghe, sono più facili da leggere, si riferiscono ad eventi vaghi che accadranno in futuro, contengono più riferimenti al presente e sono meno interessati ad eventi passati, contengono meno nomi propri e utilizzano più spesso la prima persona dei pronomi personali.
 
Le fake news, rispetto alle news vere tendono ad essere più brevi, facili da leggere, utilizzano un linguaggio semplice, hanno una scarsa punteggiatura, contengono più nomi propri, sono generalmente meno formali (utilizzano spesso nomi di battesimo tipo ‘Hillary’ e contengono più inesattezze da profani ed errori di grammatica), contengono pochissime date, utilizzano più spesso la prima persona dei pronomi personali.
 
Tutte queste informazioni linguistiche sono state anche  dai ricercatori della Lancaster in un ‘rivelatore’ ad apprendimento automatico (machine learning) che è riuscito a individuare con accuratezza tre fake news e tre pesci d’Aprile su quattro.
 
“Pur essendoci molte differenze – commenta Alistair Baron, co-autore della ricerca – pesci d’Aprile e fake news hanno in comune anche tanti caratteri, relativi soprattutto alla complessità strutturale. Questi risultati suggeriscono dunque che ci sono caratteri comuni all’interno di diverse forme di disinformazione e che l’esplorazione di queste somiglianze può fornire interessanti spunti per le ricerche future nel campo delle storie ingannevoli”.
 
Maria Rita Montebelli

01 aprile 2019
© Riproduzione riservata

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