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Psiche. I maltrattamenti infantili “cambiano” la biologia del cervello

di David Douglas

I maltrattamenti subiti durante l’infanzia, oltre ad associarsi a una maggiore predisposizione alla depressione maggiore, sembrano giocare un ruolo importante anche a livello di biologia cerebrale. Uno studio tedesco, pubblicato da lancet Psychiatry, ha infatti messo in evidenza come l’insula cerebrale medi tra maltrattamento infantile e recidive della depressione

29 MAR - (Reuters Health) – I maltrattamenti subiti nell’infanzia sembrano essere associati sia a cambiamenti strutturali del cervello, sia a un aumento del rischio di depressione successiva. È quanto emerge da uno studio tedesco pubblicato da Lancet Psychiatry. “I nostri risultati aggiungono evidenza all’ipotesi che i pazienti maltrattati potrebbero essere clinicamente e neurobiologicamente distinti dai pazienti che non hanno subito maltrattamenti”, dice Nils Opel dell’Università di Muenster, in Germania, autore principale dello studio.
 
Lo studio
Nils Opel e colleghi, dell’Università di Muenster, hanno preso in considerazione 110 pazienti rcoverati e in terapia per disturbo depressivo maggiore. I pazienti, reclutati tra il 2010 e il 2016, hanno completato alcuni questionari, sono stati sottoposti a colloqui e hanno effettuato risonanze magnetiche strutturali al basale e al follow-up, due anni dopo.
 
Al follow-up, 75 pazienti avevano avuto una recidiva della depressione e 35 erano liberi da recidive. Il maltrattamento infantile era significativamente associato alla ricaduta (odds ratio, 1.035; P = 0.045). Sia le precedenti esperienze di maltrattamento infantile che le successive recidive di depressione erano significativamente associate con una ridotta superficie corticale (OR, 0.996). I ricercatori hanno scoperto che la superficie dell’insula cerebrale ha mediato l’associazione tra maltrattamento e successiva recidiva da depressione.
 
I commenti
“La ricerca, in futuro, dovrebbe considerare che i pazienti maltrattati potrebbero rappresentare un sottogruppo distinto che richiede attenzione e cure specializzate”, commenta Opel, aggiungendo che “la ricerca traslazionale e clinica potrebbe considerare come i profili di rischio possano essere utilizzati per fornire opzioni di trattamento personalizzate per i pazienti depressi”.
 
“Non abbiamo una buona comprensione del perché alcune persone hanno un rischio maggiore di sperimentare un altro episodio di depressione dopo un recupero iniziale – aggiunge Lianne Schmaal, autrice di un editoriale di accompagnamento – Una migliore comprensione di questi meccanismi è fondamentale per sviluppare o migliorare interventi adeguati al rischio per le persone suscettibili di un peggior risultato clinico a lungo termine”.

Fonte: Lancet Psychiatry 2019
 
David Douglas
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

29 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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