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Omeopatia: un effetto placebo (di lusso) che può funzionare in alcuni contesti

di Maria Rita Montebelli

Un lavoro appena pubblicato su Health and Social Care in the community fornisce una chiave interpretativa alternativa agli effetti dell’omeopatia inquadrandoli come effetto placebo. Accettando questa rivisitazione si riuscirebbe secondo gli autori a conciliare le due posizioni antitetiche dei sostenitori dell’omeopatia e della medicina tradizionale. L’omeopatia avrebbe dunque un suo perché in alcune condizioni (es. dolore, nausea) nelle quali l’effetto placebo porta ad un miglioramento del sintomo percepito.

26 NOV - L’utilizzo dell’omeopatia è molto diffuso e gli utilizzatori sono convinti di trarre grandi benefici da questi trattamenti. Tuttavia, più volte è stato fatto notare che mancano degli studi di superiorità di efficacia rispetto al placebo. Un lavoro appena pubblicato su Health and Social Care in the community a firma di Michele Antonelli (dipartimento di Medicina e Chirurgia, Istituto di Salute Pubblica Università di Parma e Terme di Monticelli, Parma) e colleghi, propone una via di mediazione tra queste due posizioni apparentemente inconciliabili.
 
Secondo gli autori, l’omeopatia potrebbe funzionare in virtù dell’effetto placebo, ovvero grazie alla capacità del nostro cervello di produrre un miglioramento, indipendentemente o meno dalla presenza di un principio attivo. “Anche un trattamento placebo – spiega il dottor Antonelli - può essere in grado di produrre dei benefici, soprattutto in quelle condizioni altamente ‘placebo-responsive’, quali dolore, nausea o depressione, ma certamente non in condizioni quali i tumori o le infezioni”.
 
L’obiettivo principale di questo lavoro è stato quello di analizzare in maniera sistematica metanalisi, revisioni e trial su trattamenti placebo in aperto per valutare l’efficacia dell’omeopatia. In secondo luogo gli autori hanno cercato di capire se l’omeopatia in generale possa essere considerata un trattamento placebo.
 
Dalla ricerca effettuata su PubMed/Medline, Embase, Google Scholar e Cochrane Library gli autori hanno individuato 61 studi; sono stati analizzati inoltre alcune basi di dati e il Journal of Interdisciplinary Placebo Studies (JIPS) e da questa ricerca sono stati individuati altri 10 studi in open label, che sono stati inclusi nell’analisi.
 
Al termine di questa ricognizione, gli autori concludono che l’efficacia dell’omeopatia può essere considerata confrontabile a quella del placebo e che i trattamenti in open label possono avere una loro efficacia in alcune condizioni. Ora, se l’efficacia dell’omeopatia è confrontabile con quella del placebo e se i trattamenti placebo possano risultare efficaci in alcune condizioni, allora l’omeopatia in generale dovrebbe essere considerata un trattamento placebo. “La reinterpretazione dell’omeopatia come trattamento placebo – scrivono gli autori – aiuta a definire limiti e possibilità di questa pratica”.
 
“L'omeopatia – conclude il dottor Antonelli - è una pratica che naturalmente possiede le caratteristiche di un trattamento placebo, elaborato quanto una vera ‘arte del placebo’. Ora, dato che un trattamento placebo apertamente dichiarato è in grado di produrre benefici, anche l'omeopatia interpretata come un elaborato trattamento placebo (e possibilmente come tale dichiarato) può verosimilmente produrre benefici analoghi. Questa interpretazione permette da una parte alla medicina ufficiale di aprirsi a chi desidera curarsi con l'omeopatia, e dall'altra offre all'omeopatia la possibilità di trovare un proprio ruolo nel trattamento dei sintomi, compatibilmente con le evidenze disponibili e in una cornice scientificaaccettabile.
 
Maria Rita Montebelli

26 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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