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Dermatite Atopica. Impatto dirompente sulla qualità della vita di chi ne soffre


La dermatite atopica ha un’incidenza compresa tra il 2 e il 5% della popolazione, di cui il oltre il 50% è donna con, in media, 36 anni di età. Nella Survey di Sics e Quotidiano Sanità il “polso” di una patologia fortemente invalidante nelle forme moderate e gravi ma ancora poco conosciuta. LA SURVEY

15 NOV - Tra le patologie dermatologiche, la Dermatite Atopica degli adulti, definita quale malattia infiammatoria cronica immunomediata recidivante della pelle, è tra quelle aventi un elevato impatto sistemico e stigmatizzante per chi ne è affetto.  La DA ha un’incidenza compresa tra il 2 e il 5% della popolazione, di cui il oltre il 50% è donna con, in media, 36 anni di età. Dal punto di vista sistemico numerosi studi recenti documentano che i pazienti adulti affetti da DA presentano diverse comorbidità, di tipo allergico e non, quali asma, rinite allergica, congiuntivite, allergie alimentari, malattie cardiovascolari e infezioni.
 
Nella forma moderata-grave, l’impatto stigmatizzante si manifesta in misura anche dirompente: pelle lesionata, prurito e dolore senza soluzione di continuità, insonnia, ansia e depressione, portano spesso all’impossibilità di svolgere attività anche della più ordinaria quotidianità ed all’isolamento da qualsiasi rapporto intimo, sociale e lavorativo.

Una patologia che, nelle forme gravi, visto il carico psicologico che grava sul malato può anche portare, come sottolineato da Maurizio Pompili, professore di Psichiatria alla Sapienza di Roma, persino a pensieri suicidi. Non di meno, la patologia porta con sé un carico economico notevole, sia per il cittadino sia per il sistema sanitario, sociale e produttivo del Paese. Secondo i primi dati di uno studio condotto da Francesco Saverio Mennini, dell’Università Tor Vergata di Roma, il costo medio complessivo della DA è compreso in una forbice tra 4mila e 20mila euro l’anno (comprensivo dei costi legati alle visite specialistiche, out of pocket, ricoveri, farmaci, perdita di produttività). Tra i 40 ai 60 anni di età questa media aumenta in maniera molto sensibile proprio perché è in questa fascia che si concentra la popolazione in età lavorativa e quindi con maggiori costi dovuti alla perdita di produttività.

Una patologia complessa, la dermatite atopica, che soltanto da poche settimane può contare su un’arma terapeutica efficace (dupilumab), che Aifa ha inserito tra i farmaci innovativi non oncologici, demandando alle Regioni il compito di individuare i centri di eccellenza deputati in prima istanza alla sua somministrazione.

Complessa, dicevamo, e forse non molto conosciuta, soprattutto al di fuori della cerchia degli specialisti dermatologi, tanto da indurre i medici di medicina generale o altri clinici nell’errore di trattarla come una qualsiasi forma allergica, con evidenti ritardi di diagnosi e trattamento.

Per cercare di capire quanto la classe medica fosse consapevole di questa patologia, anche alla luce della nuova offerta terapeutica disponibile, Quotidiano Sanità e Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria, hanno somministrato un questionario online alla propria community dei lettori per verificare da un lato il gradiente di conoscenza della patologia e dall’altro registrare eventuali indicazioni di governance per i decisori.
 
I risultati dell’indagine di Quotidiano Sanità e Sics
Alla Survey (tabelle e grafici in calce all’articolo) hanno risposto oltre mille professionisti tra medici di medicina generale e dermatologi e solo il 2% dei rispondenti ha dichiarato di non avere mai avuto contatti diretti con pazienti affetti da DA (fig. 4). Interessante notare che, dall’approfondimento dei dati, risulta che siano i medici di medicina generale over 55 ad avere votato tale opzione di risposta. La risposta potrebbe ascriversi a un mancato aggiornamento professionale del medico “anziano” alla patologia di “più recente” conoscenza.

Il 66% dei medici dichiara di avere avuto contatti diretti sia con pazienti adulti sia in età pediatrica e solo il 9% dichiara di avere riscontrato tale patologia direttamente nei riguardi della sola classe pediatrica, mentre ben il 23% afferma il contatto con pazienti adulti. Osservando l’andamento di risposta per classe di specializzazione di appartenenza, si nota che i medici specialistici hanno espresso per oltre l’84% dei voti di avere avuto contatti diretti con entrambe le categorie di pazienti; naturalmente, i medici di medicina generale tendenzialmente riconoscono di avere avuto contatti diretti con pazienti adulti (oltre il 30%) e per il solo 9% con pazienti in età pediatrica.

Nessuna delle due categorie – salvo i medici di medicina generale over 55 anni – escludono quindi di avere avuto contatti diretti con pazienti affetti da DA, in età pediatrica o adulta.  Considerando il dato normalizzato in base al volume di partecipazione (Fig. 8 e 9), emerge una maggiore conoscenza della patologia da parte del medico specialista, anche se il voto dei medici di medicina generale risulta essere in linea con questo andamento.
 
Alla richiesta di esprimersi secondo esperienza su quali figure professionali il paziente adulto affetto da Dermatite Atopica ricorre in prima istanza, il 72% dei rispondenti ha indicato il medico di medicina generale (risposta data per il 24% dai medici specialisti); il 22% ritiene che vi sia ricorso al dermatologo e solo il 4% ed il 2% ritengono che vi sia un rivolgersi rispettivamente al farmacista ed all’allergologo.
 
L’analisi del voto per singola categoria professionale evidenzia una propensione del medico di famiglia al riconoscimento del proprio ruolo; l’81% dei votanti ha propensione a ritenere che il paziente adulto si rivolga alla propria classe professionale; il restante 14% circa dei medici di famiglia considera che sia il dermatologo la figura di riferimento di prima istanza ed il restante 5% si distribuisce fra farmacista ed allergologo. Diverso, almeno parzialmente, l’atteggiamento dei medici specialisti rispondenti, che per il 52% stimano essere il medico di famiglia la figura di prima istanza e per il 37% il dermatologo. Secondo il 5% degli specialisti i pazienti ricorrono in prima istanza all’allergologo e medesima percentuale raccoglie la figura del farmacista.
 
Sempre in tema di rapporti con il medico curante e relativa diagnosi, oltre il 70% dei rispondenti ritiene che la diagnosi di Dermatite Atopica giunga dopo che il paziente ha incontrato il medico di medicina generale ed il dermatologo (53%) o più di un medico specialista (circa il 18%). Solo poco più del 15% ritiene che sia “sufficiente” il medico di famiglia e il farmacista, e appena il 10,64% ritiene che il dermatologo e l’allergologo siano le uniche figure che il paziente incontra per giungere alla diagnosi (fig. 16). Il dato risulta essere in coerenza con quanto rilevato analizzando le risposte alla domanda precedente.
 
Le preferenze espresse dalle due singole categorie intervistate (medici di medicina generale e dermatologi) dimostra un andamento armonico (fig. 19). Il dermatologo è lo specialista ritenuto necessario per la definizione di una diagnosi da entrambe le categorie (il 9% dei medici di famiglia ritiene sufficiente il dermatologo e l’allergologo); pone delle riflessioni la percentuale del 17,02% con cui gli specialisti intervistati ritengono sufficienti il farmacista e il medico di famiglia e quello secondo cui il 4,68% dei medici di famiglia ritiene sufficiente la figura del farmacista e di più di un medico specialista.
 
Lesioni cutanee (al 51%) e prurito (al 45%) sono le motivazioni prevalenti che, dall’analisi incrociata delle risposte multiple fornite, risultano muovere il paziente a rivolgersi al medico. Ansia e depressione, nonché patologie correlate, risultano essere prese in considerazione, rispettivamente, da 3% e dal 1%; il dato potrebbe significare sia una assenza da parte degli intervistati della consapevolezza di tali elementi correlati alla patologia sia la necessità da parte del paziente di ricorrere al medico prima dell’insorgere di queste a causa della non sostenibilità della sintomatologia prevalente. Il medico specialista ritiene sia il prurito la principale causa che muove il paziente a recarsi dal medico (50%) mentre il medico di medicina generale ritiene siano le lesioni cutanee (53,62%) le cause primarie. Il dato potrebbe indicare che probabilmente il paziente - nel percepito degli specialisti intervistati - è incline a ricorrere al consulto in un tempo anticipato rispetto a quanto invece percepito dal medico di medicina generale.
 
Per quanto riguarda le terapie disponibili (la survey è stata somministrata prima dell’autorizzazione di Aifa alla nuova molecola dedicata) solo l’1% dei rispondenti dichiara le attuali terapie per la gestione nel lungo periodo del paziente adulto affetto da DA moderato grave, inefficaci. Ben il 3% dichiara la propria non conoscenza del fenomeno. Il 12% le ritiene scarsamente efficaci e il 74% parzialmente efficaci. Vi è quindi una sacca del 10% dei rispondenti il cui livello di percezione e conoscenza del trattamento della patologia – ritenendo le attuali terapie molto efficaci – non sembra attualizzato.
 
L’osservazione dell’espressione del voto per categoria professionale (fig. 31) evidenzia che risulterebbero ottimali le attuali terapie dal 12,79% dei medici di medicina generale e dal 7,52% dei medici specialisti. Inoltre, quasi l’85% dei medici specialisti e il 60% dei medici di medicina generale ritiene parzialmente efficaci le terapie attualmente disponibili; solo il 5,88% dei medici specialisti, contro il 19,63% dei medici di medicina generale rispondenti ritiene scarsamente efficaci le terapie.

Una percezione della difficoltà terapeutica, che viene confermata anche nella domanda riguardante eventuali problemi di aderenza terapeutica.
Oltre il 65% dei rispondenti riconosce problemi di aderenza alla terapia da parte dei pazienti adulti con DA moderata-grave (74% dei medici specialisti e 59,65% dei mmg, fig. 37); il 21% non ritiene vi siano problemi di aderenza alla terapia ma non è detto che tale risposta sia ascrivibile ad una sottostima della patologia, potendo anche essere dettata dalla premessa concettuale dell’assenza di una attuale terapia tale considerazione potrebbe trovare fondamento dalla lettura alle risposte della domanda che segue); dall’andamento del dato di risposta per categoria professionale emerge che tale “negazione” è propria del 22,77% dei medici di medicina generale e del 18,08% degli specialisti intervistati.

Una sacca del 14% rispondente al “non so” denuncia una scarsa conoscenza della patologia e delle dinamiche della presa in carico del paziente; a rispondere nella via di mezzo è il 17,58% dei medici di medicina generale e del 7,91% dei medici specialisti (fig. 37).
 
Ma i casi di mancata aderenza o abbandono delle terapie a quali fattori sono ascrivibili?
Costi a carico del cittadino (45%) e scarsa comprensione della patologia (27%) guidano la classifica delle motivazioni che i rispondenti hanno dato alla mancata aderenza della terapia da parte del paziente; la scarsa comunicazione medico-paziente è riconosciuta quale causa dal 7% dei medici che nella medesima percentuale dichiarano di non conoscerne le cause. Per i medici specialisti sono i costi a carico del cittadino le cause principale di abbandono (38%), seguite dalla complessità delle cure (23,43%); i medici di medicina generale, all’opposto, ritengono le complessità delle cure essere la seconda causa di abbandono (9,51%), ponendo i costi a carico del cittadino al primo posto (47,84%): il dato evidenzia quindi un differenziale piuttosto elevato di comprensione delle dinamiche legate alla presa in carico del cittadino che, invece, tende ad attenuarsi molto nel riconoscimento della scarsa comprensione della patologia (29,39 per i mmg e 22,29% per gli specialisti, fig. 43). Sono, infine, principalmente i medici specialisti a “denunciare” l’insufficiente comunicazione da parte del medico quale causa di abbandono (11,43%).
 
Per quanto riguarda il livello di conoscenza e percezione della DA e dei suoi impatti clinici, psicologici e sociali, nell’attuale sistema assistenziale, il 63% dei rispondenti esprime un giudizio negativo (al 57% scarso ed al 5,34% molto scarso) al quesito posto; viene riconosciuto sufficiente dal 36,07% dei rispondenti e poco più dell’1% considera il livello di conoscenza e percezione ottimo.

L’andamento di risposte scorporate per categorie d’intervistati dimostra un’assonanza di percepito e conoscenza, seppure con differenziali relativamente trascurabili e riferibili al dato culturale proprio delle due categorie: tende alla sufficienza la classe dei medici di medicina generale (38,90% a fronte del 30,51% degli specialisti) e tende al giudizio scarso quella degli specialisti (60,45% verso il 55,91% dei mmg) – fig. 50.  
 
Leggi qui la survey

15 novembre 2018
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