Gravidanza. Trattare la vaginosi batterica non impedisce parti pretermine
di Lorraine L. Janeczko
Il trattamento della vaginosi batterica con antibiotici non riduce le possibilità che si verifichi un parto pretermine. Questa evidenza emerge da un ampio trial durato cinque anni e condotto da ricercatori francesi. I risultati sono stati pubblicati da The Lancet
30 OTT -
(Reuters Health) – Secondo uno studio francese pubblicato da The Lancet, le donne in gravidanza asintomatiche e senza una storia di parto precoce non hanno bisogno di essere sottoposte a screening o trattamento per vaginosi batterica al fine di evitare una nascita pretermine del loro bambino.
“Il messaggio principale del nostro lavoro è proprio questo: lo screening sistematico delle donne in gravidanza e il trattamento della loro vaginosi batterica con antimicrobici non impedisce la nascita pretermine – dice
Rodrigue Dessein dell’Universitaire di Lille e autore principale dello studio – Dovrebbe essere riconsiderato l’uso di antibiotici per prevenire il parto prematuro nelle donne con una gravidanza a basso rischio che hanno una vaginosi batterica”.
Lo studio
. Dessein e colleghi hanno condotto in 40 centri medici il trial in doppio cieco PREMEVA con donne incinte con vaginosi batterica. L’outcome primario di studio era un aborto spontaneo tardivo (dalla 16° alla 21° settimana) o un parto spontaneo estremamente precoce (dalla 22° alla 32° settimana).
Per circa cinque anni, i ricercatori hanno esaminato 84.530 donne incinte prima della 14° settimana di gestazione. Delle 5.630 alle quali è stata diagnosticata una vaginosi batterica, 3.105 hanno preso parte allo studio. Le 2.869 donne con gravidanza a basso rischio sono state assegnate a uno di questi tre gruppi: 943 hanno ricevuto clindamicina a dose singola, 968 hanno ricevuto clindamicina a dose tripla e 958 placebo. Le 236 donne con gravidanza ad alto rischio sono state così ripartite: 122 hanno ricevuto clindamicina a dose singola e 114 clindamicina a dose tripla.
I risultati
. Tra le gravidanze a basso rischio, l’outcome primario si è verificato nell’1,2% delle donne trattate con clindamicina e nell’1% di quelle in placebo (rischio relativo 1,10; p = 0,82). Tra le gravidanze ad alto rischio, l’outcome primario si è verificato nel 4,4% delle partecipanti al gruppo con clindamicina a tripla dose e al 6% di quelli nel gruppo a clindamicina a dose singola (rr 0,67; p = 0,47). Non sono stati segnalati eventi avversi gravi in nessun gruppo, e gli esiti avversi fetali e neonatali sono risultati simili in entrambi i gruppi di gravidanza ad alto rischio.
Fonte: Lancet 2018
Lorraine L. Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
30 ottobre 2018
© Riproduzione riservata
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