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Oncologia. Al via la prima conferenza sulla relazione tra infezioni e cancro


I trattamenti anti-infettivi nei pazienti oncologici sono particolarmente complessi e le infezioni rendono ancora più difficile le scelte terapeutiche. Gli esperti riuniti a Roma per confrontarsi sul tema delle infezioni ospedaliere che ogni anno, in Europa, causa 25 mila decessi.

12 DIC - Al via oggi all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma la “First International Conference On nosocomial infections and cancer”, prima conferenza che pone l’attenzione sulle infezioni dei pazienti oncologici. Lo scopo è quello di affrontare il problema da un punto di vista interdisciplinare, visto che le persone affette da tumore vanno incontro ad un maggiore rischio di infezione rispetto agli altri malati, per via delle caratteristiche proprie del cancro e dalle terapie immunosoppressive necessarie a trattarlo.
 
Sarebbero circa 25.000 i decessi causati da infezioni provocate da batteri resistenti ai farmaci ogni anno in Europa. Secondo le più recenti statistiche circa l’80% di tutte le reazioni patologiche “in corsia” riguarda quattro sedi principali: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l’apparato respiratorio e le infezioni sistemiche.
Le infezioni della ferita chirurgica, rappresentano invece dal 20 al 30% di tutte quelle ospedaliere e contribuiscono fino al 57% di giorni in più di ricovero e al 42% dei costi extra per il sistema sanitario. Tra le infezioni, tuttavia, quelle del tratto urinario sono le più frequenti (raggiungendo da sole il 35-40% del totale), seguite da polmoniti e reazioni da ferite chirurgiche. Negli ultimi quindici anni si sta però assistendo ad un calo di questo tipo di infezioni, e a un aumento di quelle sistemiche, tra cui le polmoniti. La causa, secondo gli esperti, è la presenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, anche a causa del largo uso di questi farmaci a scopo preventivo o terapeutico, talvolta errato.
 
È infatti ormai una realtà largamente accertata: va pian piano aumentando in tutta l'UE la resistenza ai farmaci degli agenti patogeni che scatenano di polmoniti e di infezioni delle vie urinarie in ambiente ospedaliero. In Italia, in particolare si nota un preoccupante aumento della resistenza ai carpabenemi in Klebsiella pneumoniae, passata dal 1,4% del 2009 al 16% del 2010 (come abbiamo già avuto modo di raccontare). I carbapenemi, nello specifico, sono farmaci di “ultima generazione” utilizzati per infezioni gravi: ecco perché l’antibiotico-resistenza è vista come un vero rischio per la salute pubblica. Tanto da necessitare di sistemi di sorveglianza sempre più organizzati tra ospedali e governi regionali e nazionali.
Lo scopo della “First International Conference On nosocomial infections and cancer” è proprio quello di permettere ad esperti di malattie infettive, oncologia clinica, dermatologia e oncologia chirurgica di confrontarsi. “Nonostante vengano attuate tutte le procedure necessarie per ridurre il rischio infettivologico nei malati oncologici – ha spiegato Luigi Toma, esperto degli Istituti Regina Elena e San Gallicano e coordinatore scientifico dell’evento – questi ultimi sono tra i pazienti a maggior rischio, non solo per la patologia tumorale ma anche per altri fattori quali l’immunodeficienza secondaria alla malattia ed ai relativi trattamenti e l’età avanzata che spesso si accompagna anche ad altre patologie come il diabete, l’anemia, l’insufficienza renale e le cardiopatie.” 
 
A maggior ragione il tema è importante perché gli esperti hanno rari momenti per discutere della difficoltà dell’utilizzo, in ambito oncologico, delle linee-guida fornite per prevenire le infezioni ospedaliere, a causa della complessità della patologia e delle terapie. “I trattamenti anti-infettivi nei pazienti oncologici sono particolarmente complessi ed ancor più difficili risultano le decisioni terapeutiche quando sono causate da germi multi-resistenti”, ha infatti continuato Toma.
 
“Il rischio clinico e le infezioni correlate all’assistenza sanitaria  – ha aggiunto Lucio Capurso, Direttore Generale dell’IFO – richiedono l’adozione e l’applicazione di protocolli di prevenzione in cui sono coinvolte figure professionali multidisciplinari a garanzia della sicurezza dei pazienti e per lo sviluppo di un sistema sanitario di qualità e vicino alle esigenze dei cittadini.”

 
Ecco perché è fondamentale, secondo gli esperti, organizzare sistemi di sorveglianza che permettano di definire le caratteristiche epidemiologiche delle diverse strutture ospedaliere e dei diversi reparti. Solo con l’analisi dei dati locali si potranno valutare le necessità specifiche dei singoli centri e l’efficacia degli interventi. Di tutto questo si parlerà nella conferenza.

12 dicembre 2011
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