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Scoperto l’interruttore che fa aumentare o la massa muscolare o la resistenza all’esercizio

di Maria Rita Montebelli

L’eccezionale scoperta, pubblicata oggi su Nature Communications, potrebbe avere una serie di ricadute cliniche, come  la correzione della sarcopenia negli anziani e nei pazienti oncologici. L’interruttore della risposta all’esercizio è stato individuato nella proteina c-Jun N-terminal Kinase (JNK). Una sua iperattivazione durante lo sforzo fisico potrebbe anche aumentare il rischio di sviluppare un diabete di tipo 2. Allo studio strategie per modulare questa attivazione

02 AGO - C’è chi risponde bene sia all’esercizio aerobico, che a quello di resistenza, chi invece ad uno solo tipo. Un dato di fatto di osservazione abituale che adesso ha anche una spiegazione scientifica, trovata dai ricercatori del Joslin Diabetes Center di Boston. A determinare o meno la risposta a queste due forme di esercizio, sarebbe una sorta di ‘interruttore’ nascosto nei nostri muscoli. La scoperta, firmata dalla dottoressa Sarah Lessard, della sezione Clinical, Behavioral and Outcomes Research del Joslin Center è pubblicata oggi su Nature Communications. “Quello che abbiamo individuato – commenta la ricercatrice – è un pathway biologico inedito, attivato dall’esercizio e finora mai studiato”.
 
Conducendo una serie di esperimenti sugli animali e sull’uomo, i ricercatori americani si sono imbattuti in una proteina, la c-Jun N-terminal kinase (JNK), che sarebbe in grado di determinare la risposta all’esercizio fisico. Se la JNK si attiva durante l’esercizio, questo stimola la crescita dei muscoli scheletrici; al contrario, se non viene attivata, i muscoli migliorano il loro adattamento di capacità aerobica e di resistenza.
“E’ un po’ come un interruttore – spiega la Lessard – se è su ‘on’, l’esercizio ti fa crescere la massa muscolare; se è su ‘off’, l’esercizio adatta i muscoli alla resistenza”.
 
L’esercizio fisico è un elemento molto importante nell’ambito di un sano stile di vita: promuove la capacità aerobica e previene malattie cardiovascolari, diabete e altre patologiche metaboliche croniche. Ma non in tutte le persone determina gli stessi risultati.
 
Su cento persone che seguono in programma di allenamento aerobico infatti, alcuni vedranno migliorare molto la loro capacità aerobica, altri no o molto poco. Da oggi è chiaro quale sia il fattore che in alcuni l’esercizio promuove l’aumento della massa muscolare, mentre in altri la capacità di adattamento all’esercizio aerobico.
 
La JNK era stata associata in precedenza all’infiammazione presente in malattie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’obesità. Il fatto che questa proteina venga attivata dall’esercizio fisico è sembrato dunque un po’ strano agli autori della ricerca.
 
Il gruppo della Lessard ha cominciato dunque a studiare topi geneticamente modificati, così da renderli knock-out per la JNK muscolare. Questi animali apparivano in ottima salute e correvano regolarmente sulle ruote delle loro gabbie, esattamente come i topi normali. Ma quando i due gruppi di topi (quelli JNK knock out e i controlli normali) venivano addestrati a correre, i knock-out mostravano un aumento nettamente superiore della capacità di esercizio aerobico, un più elevato numero di vasi e un tipo di fibre muscolari specializzate per conferire resistenza, rispetto ai topi normali.
 
I ricercatori hanno quindi condotto un esperimento, volto a promuovere la crescita dei muscoli negli animali, notando che i topi normali raddoppiavano la massa dei muscoli interessati dall’esperimento, mentre questo fenomeno non veniva osservato negli animali knock-out.
 
A questo punto gli autori dello studio sono andati ad indagare quale fosse il meccanismo attraverso il quale la JNK indirizzasse la risposta all’esercizio in un senso o nell’altro; in questo modo sono arrivati alla scoperta che il pathway della JNK coinvolge la miostatina, una proteina che ‘frena’ lo sviluppo della massa muscolare. La miostatina è attualmente studiata in una serie di trial clinici, allo scopo di aumentare la massa muscolare nell’anziano e nei soggetti affetti da tumori in fase avanzata che presentino sarcopenia.
 
Esperimenti analoghi, ripetuti su volontari sani, in collaborazione con la Bond University australiana,  hanno evidenziato gli stessi risultati ottenuti sugli animali. In particolare, la JNK è risultata molto attivata nei muscoli dei soggetti che sollevano pesi con le gambe (un tipo di esercizio di resistenza); al contrario non risultava attivata nei volontari dediti al ciclismo (esercizio di resistenza). Tuttavia una certa minoranza di soggetti impegnati negli esercizi di resistenza presentava un’attivazione della JNK nei muscoli delle gambe, un fatto questo che può prevenire la capacità di adattamento agli sforzi di resistenza e che spiega come mai alcune persone non rispondono bene a questa tipologia di esercizio.
 
I ricercatori americani hanno dunque cercato di capire come fosse possibile inibire l’attivazione della JNK. L’attivazione della JNK durante l’esercizio potrebbe dipendere intanto dal grado di stress meccanico sul muscolo, che alcune persone durante un esercizio aerobico sperimentano ad alti livelli. Mettere a punto delle strategie per ridurre questo stress, potrebbe dunque migliorare la risposta.
Inoltre, sono in fase di sperimentazione dei farmaci in grado di inibire la JNK o dei target molecolari correlati.
 
I risultati di questo studio hanno forti implicazioni anche con la prevenzione del diabete di tipo 2, con a riduzione delle complicanze di questa condizione e con la prevenzione delle patologie cardiovascolare. Potrebbe risultare inoltre utile per sviluppare degli approcci terapeutici per da aumentare la massa muscolare e combattere la sarcopenia; secondo gli autori, aiuterebbe anche a spiegare il cosiddetto ‘fenomeno dell’interferenza’ sperimentato dagli atleti durante gli allenamenti concomitanti.
 
“Abbiamo appena iniziato a capire – ammette la Lessard – come il muscolo ‘decida’ di crescere o di adattarsi a sforzi di resistenza, un fatto finora sconosciuto. Stiamo anche cominciando a scoprire come questo processo sia direttamente collegato al rischio di diabete di tipo 2”.
E i ricercatori americani stanno adesso testando questa ipotesi in uno studio che analizza il pathway del JNK durante un esercizio di resistenza, confrontando le risposte di soggetti ad elevato rischio di diabete di tipo 2 con quelle di persone non ad aumentato rischio.
Se una iperattivazione del pathway della JNK durante uno sforzo di resistenza configura effettivamente un aumento del rischio di diabete e se gli scienziati troveranno il modo di bloccare questo processo, allora – afferma la Lessard – potremmo forse essere in grado di ridurre questo rischio in alcune persone.
 
Maria Rita Montebelli

02 agosto 2018
© Riproduzione riservata

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