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Quel farmaco ha funzionato? Quando la risposta la dà il paziente

di Mario Melazzini

Il direttore generale dell’Aifa Mario Melazzini torna a parlare dei PRO (Patient reported outcomes) sui quali l’avevamo intervistato alcuni mesi fa. L’occasione è un articolo di Lancet che mette a confronto le esperienze di Ema, Fda e Agenzia canadese del farmaco. "Vi è consenso unanime dagli enti regolatori internazionali che la misurazione accurata dell’esperienza diretta del paziente può completare le valutazioni di efficacia e sicurezza dell’attuale processo autorizzativo dei medicinali"

15 MAG - L’espressione “esiti riferiti dal paziente” (Patient-reported outcomes – PRO – in inglese) contiene al suo interno, pur con una pluralità di sfumature o di significati, il concetto di percezione diretta da parte del paziente dell’impatto di un farmaco, senza la mediazione o l’interpretazione di un clinico.
 
Nel contesto regolatorio attuale sta assumendo sempre maggiore importanza l’incorporazione del punto di vista dei pazienti all’interno del processo di valutazione e approvazione dei medicinali e non è infrequente incontrare locuzioni come “approccio paziente-centrico” o “empowerment del paziente”.
 
Per far sì che questi concetti possano essere traslati dal piano delle buone intenzioni a quello concreto dell’inserimento dei dati e delle informazioni che hanno i pazienti come fonte diretta e primaria all’interno dei processi decisionali.
 
Si tratta di una sfida che accomuna le agenzie regolatorie al di qua e al di là dell’Oceano e a cui la rivista The Lancet ha dedicato un approfondimento che mette a confronto le esperienze della European Medicines Agency, della Food and Drug Administration statunitense e dell’agenzia canadese Health Canada.
 
Dall’analisi dei vari approcci sull’inclusione dei PRO nei processi decisionali dei tre enti regolatori emergono molti aspetti simili, favoriti anche da una stretta collaborazione, soprattutto fra l’FDA e l’EMA, per condividere una strategia che combini i diversi strumenti di misurazione e di applicazione dei PRO con le stesse finalità oggettive.
 
In particolare, è negli ultimi due anni che si assiste da parte delle agenzie del farmaco ad una sempre maggiore inclusione delle valutazioni dirette dei pazienti, soprattutto in ambito oncologico, per avere contezza dei reali effetti delle terapie e misurarne meglio il rapporto beneficio/rischio.
 
Vi è consenso unanime dagli enti regolatori internazionali che la misurazione accurata dell’esperienza diretta del paziente può completare le valutazioni di efficacia e sicurezza dell’attuale processo autorizzativo dei medicinali.
 
Questo approccio ben si sposa con le aspettative della comunità degli sviluppatori dei medicinali e non da ultimo con le esigenze di cura dei pazienti stessi, che possono in tal modo riferire più dettagliatamente sugli effetti, ad esempio, di un nuovo chemioterapico in fase di sperimentazione, restituendo dati utili sulla tollerabilità delle terapie e sul loro effetto in termini miglioramento dei sintomi e della qualità della vita.
 
L’importanza dei PRO nello sviluppo delle terapie per i tumori è rimarcato anche nel commento dell’oncologo Ethan Bash, del Lineberger Comprehensive Cancer Center dell’Università della North Carolina, pubblicato sempre su Lancet.
 
L’esperienza del paziente, l’impatto che un medicinale ha avuto sulla sua funzionalità nella vita di tutti i giorni è un fattore cruciale, argomenta Bash, per orientarne l’utilizzo. “Quando mi siedo di fronte a un paziente per discutere insieme di una nuova terapia” scrive Bash “spesso non sono in grado di poter spiegare quale sia l’esperienza dei pazienti con quel trattamento”. Informazioni che possono variare dal grado di fatigue percepito al dolore, dagli effetti indesiderati al cambiamento nella percezione dei sapori. Componenti che influenzano direttamente la qualità della vita quotidiana e che meriterebbero, per la loro importanza, di essere “fotografate” ad esempio nel corso degli studi clinici, nel corso dei quali spesso questa funzione è demandata a strumenti di scarsa affidabilità come i questionari.
 
Il ruolo delle agenzie regolatorie è di capitale importanza, secondo Bash, così come lo è il coinvolgimento delle aziende promotrici degli studi clinici in un dialogo sulla definizione degli endpoint legati ai PRO che non sia troppo legato ad aspetti burocratici o troppo prescrittivi.
 
Spetta alle agenzie regolatorie, secondo Bash, il compito di sensibilizzare tutti gli attori del sistema sulle componenti fondamentali dell’esperienza del paziente da includere nel setting pre e post marketing.
 
La comunicazione tra agenzie e sviluppatori potrebbe essere quindi la vera e propria chiave di volta per compiere la promessa, più volte lanciata, di trasformare lo sviluppo di nuovi farmaci in un’attività che vede realmente al centro il paziente, la sua esperienza quotidiana e le sue percezioni individuali.
 
La strada è tracciata e le agenzie regolatorie insieme si stanno facendo promotrici di un coinvolgimento precoce e di qualità dei pazienti esperti nel percorso di sviluppo e quindi nel processo decisionale di approvazione di nuovi trattamenti. Misure oggettive e rigorose, standard di raccolta dei dati riconosciuti internazionalmente che siano affidabili e applicabili in diversi contesti, sono il terreno comune di approfondimento per una medicina dove il paziente sia sempre e veramente al centro in ogni fase dello sviluppo delle terapie.
 
È giunto il momento di un nuovo sguardo verso il paziente: vedere il paziente come risorsa, non come un costo. È un "gioco" di squadra, ognuno con le proprie responsabilità e propri doveri a garanzia della risposta al bisogno di salute sempre più appropriata e sostenibile. 
 
Mario Melazzini
AIFA Editorial
 

15 maggio 2018
© Riproduzione riservata

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