Cervello. Eccessiva sonnolenza diurna legata a sviluppo malattia di Alzheimer
di Megan Brooks
L’eccessiva sonnolenza diurna nelle persone anziane potrebbe dipendere da un abbondante accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello. La concentrazione di questa proteina è uno dei biomarker della malattia di Alzheimer. L’evidenza emerge dal Mayo Clinic Study of Aging, condotto dalla Mayo Clinic di Rochester
19 MAR -
(Reuters Health) – Le persone anziane che soffrono di un’eccessiva sonnolenza diurna sarebbero più vulnerabili ai cambiamenti patologici a livello del cervello, correlati allo sviluppo della malattia di Alzheimer. È quanto ha evidenziato uno studio pubblicato da
Jama Neurology, coordinato da
Prashanthi Vemuri, della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota.
Il Mayo Clinic Study of Aging
Lo studio ha preso in considerazione 283 adulti non affetti da demenza, che si sono sottoposti a esami per valutare la sonnolenza e a due Pet consecutive tra il 2009 e il 2016. Sessantatré partecipanti, pari al 22,3%, soffrivano di eccessiva sonnolenza diurna valutata con il punteggio Epworth Sleepiness Scale.
Secondo quanto evidenziato da Vemuri e colleghi, un’eccessiva sonnolenza diurna sarebbe stata associata a un aumento dell’accumulo di beta-amiloide nel cingolo anteriore, nel cingolo posteriore e nelle regioni parietali.
Inoltre, i punteggi di sonnolenza basali hanno mostrato una significativa correlazione positiva con i cambiamenti osservati dalla Pet, suggerendo che proprio l’eccessiva sonnolenza durante il giorno potrebbe essere associata con l’aumento dell’accumulo di beta-amiloide nel tempo.
I commenti
“Un sonno disturbato è associato a un aumento del rischio di demenza – dice Prashanthi Vemuri – e sembra anche che il sonno sia importante per la clearance della proteina amiloide a livello cerebrale, uno dei biomarker caratteristici dell’Alzheimer. L’identificazione precoce dei pazienti con eccessiva sonnolenza diurna e il trattamento dei disturbi del sonno sottostanti potrebbero ridurre l’accumulo di beta-amiloide in questo gruppo vulnerabile di persone”.
Secondo
Joseph Winer, dell’Università della California di Berkeley, e
Bryce Mander, dell’Università della California di Irvine, che hanno scritto un editoriale di accompagnamento dell’articolo, “questo è il primo studio che dimostra la possibilità di predire, dalla misura del disturbo del sonno, il cambiamento di un
biomarker dell’Alzheimer”. Per questo, “l’autovalutazione della sonnolenza potrebbe servire come un semplice strumento clinico nella valutazione del rischio di sviluppare Alzheimer”, spiegano due esperti.
Fonte: Jama Neurology
Megan Brooks
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
19 marzo 2018
© Riproduzione riservata
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